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La favola di Maradona
La sua storia a puntate – 99
di Mimmo Carratelli
Palloni leggeri, partite che si giocavano a mezzogiorno, tre punti a vittoria. Questo fu Usa ’94. C’era il Brasile di Bebeto, Romario, Aldair, Dunga, Taffarel e, tra le riserve, Ronaldo che aveva 18 anni. C’erano i vecchietti della Germania campione del mondo: Matthaeus aveva 33 anni, Voeller 34, Klinsmann 30. C’erano la Colombia di Asprilla, la Romania di Hagi, gli Stati Uniti ovviamente, la Bolivia e la Corea del sud, il Marocco, l’Arabia Saudita, l’Olanda dei fratelli De Boer. Insomma 24 squadre. E l’Italia ossessionata da Sacchi con Roberto Baggio, Zola, Signori, Franco Baresi, Paolo Maldini, Casiraghi. Favorita al pari del Brasile.

Un ricco signore, Sacchi, che aveva firmato con la Federcalcio un contratto di quattro anni per undici miliardi e mezzo. E quanto valevi tu, Dieguito, che eri la “stella” del Mondiale a 34 anni?

Umidità micidiale e temperatura verso i 40 gradi. Una pazzia. Argentina-Grecia era fissata per le 12,30 al Foxboro Stadium di Boston, 53mila posti. Dicesti la tua: “Questa manifestazione è stata studiata in modo sbagliato. E’ assurdo che si giochi a mezzogiorno con un clima che può causare anche malori e drammi. Havelange e Blatter sono degli egoisti. Hanno pensato solo ai quattrini della tv che ha imposto orari assurdi per trasmettere le partite all’ora più favorevole per vederle in Europa”.

Attento, Diego. Il potere non perdona. Si vociferava che volevi costituire un sindacato mondiale dei calciatori. Blatter ti teneva d’occhio.

Basile tenne questo discorsetto: “Niente individualismi. Dovete aiutarvi l’un l’altro. Se teniamo la palla, se stiamo compatti può funzionare”. Era un’Argentina votata all’attacco. I greci sarebbero stati duri e orgogliosi.

Li smontò presto Batistuta. Un gol dopo due minuti. Stavi bene in campo, Diego. La squadra funzionava. Vi trovavate a meraviglia. Batistuta fece un altro gol e si chiuse il primo tempo.

Il tuo gol venne nella ripresa, Dieguito. A Napoli fu una festa. Un traversone, Redondo ti mollò la palla con eleganza e la tua sublime prodezza la spedì in rete. Il premio di tanti sacrifici e la tua esplosione di intensa felicità.

Corresti incontro alla telecamera che era a bordocampo, quasi entravi nell’obiettivo. Urlavi. Un solo, lungo, straziante urlo di rivincita e di liberazione. La felicità grande, la corsa sul campo, il viso troppo vicino all’obiettivo deformarono la tua immagine. Sembrasti un invasato, stravolto il viso. Ma era solo l’esplosione del momento che avevi sognato, trattenuto nel cuore, sofferto a lungo, la prodezza che cancellava ingiurie e agguati, squalifiche, carcere, umiliazioni. Il gol più bello del Mondiale, il gol più bello per la tua anima finalmente liberata alla gioia.

Quel tuo urlo, sul campo di Boston, ci entrò negli occhi e nel cuore, a Napoli. Tremarono gli apparecchi televisivi. Per il tuo gol e la vittoria sulla Grecia, 4-0, segnò ancora Batistuta su rigore, facemmo caroselli. Festeggiammo la tua vittoria come ai tempi degli scudetti azzurri, e ancora di più, perché mai ti avevamo dimenticato e quel giorno che tornasti grande a Boston fu il giorno che ci scuotemmo tutti dalla malinconia, dalla nostalgia, dagli affanni di cuore per la tua vita e le tue disavventure. E fummo felici, sconsideratamente felici che ci veniva da piangere. Perché eri ancora il nostro straordinario Dieguito, più forte di ogni avversità. Perché eri ancora uno di noi che, a Napoli, ben conosciamo la sofferenza e le umiliazioni, il dolore, la sconfitta, e aspettiamo da una vita di urlare la felicità di un riscatto.

“E’ un urlo che mi è uscito spontaneo” dicesti. “E’ l’urlo che ha chiuso un ciclo iniziato con la squalifica subita in Italia. Da allora non ero più riuscito a manifestare un po’ di gioia”. Sapevi il bene che ti volevamo? “Dedico il gol alla patria, alle mie figlie e a chi soffre come ho sofferto io, finalmente mi sento libero”.

Quando ti dissero dei caroselli che avevamo fatto a Napoli, dicesti: “L’affetto è ricambiato, non dimenticherò mai i tifosi napoletani. Siamo diventati fratelli a Verona, nello stadio di Verona che accolse i napoletani con frasi ingiuriose e razziste, e con quello striscione che diceva: lavatevi”.

Non ti ricordavi certo del giornalista del “Boston Globe” che aveva scritto: “Il calcio è un passatempo per scimmioni”. Dopo averti visto giocare, contro la Grecia, Dan Shaugnessy scrisse: “I take it all back. Mi rimangio tutto. Soccer is my life, thank you Diego”.

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10/6/2005
  
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