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COMMENTI ALL'ARTICOLO:
Beni culturali da salvare
L’antica Stazione della Napoli-Portici e la Flotta borbonica sommersa
Mi complimento con Armando Caròla
Mi sono imbattuto solo per caso in questo forum, non essendo uso frequentarne.
Stavo cercando riferimenti su ADSIC (www.adsic.it), che ho l'onore di presiedere, ed eccomi in mezzo a due bei fuochi di artificio relativi all'opportunità o meno di scandagliare i fondali antistanti l'ex Capitale delle Due Sicilie.
Io ho il destino di vivere come "deportato" a Milano dall'età di sedici mesi e credo di parlare a ragion veduta.
Qui, nella "paludania", quando trovano un reperto, ma che dico un reperto, un'impronta, un ombra... insomma un segno che possa dimostrare la grandezza delle popolazioni che furono (specie quelle celtiche), fanno subito "quadrato" attorno all'"idea"... la materializzano, se del caso la arricchiscono con un po' di fantasia e viaaa...alla stampa!
E giù con i rotocalchi e con la pubblicità (che resta l'anima del commercio).
Il Caròla ha perfettamente ragione.
Qui non è questione di disarmi, di sverni, di cannoni esistenti o meno, usati come bitte o rimasti come resti di armamento delle navi affondate avanti Napoli o poco più distante.
Qui si tratta di recupero delle verità storiche, di scienza dell'archeologia che non ha niente a che vedere con i postulati storici fatti a tavolino da chi ritiene che "siccome è scritto nel regolamento marittimo che le navi durante lo sverno etc. etc. etc.".
La Storia infatti è piena di eccezioni ai regolamenti (per fortuna!).
Non me ne vogliate per l'intrusione... ma spero che si vada avanti con le ricerche subacquee e che Napoli torni ad essere quel centro di Cultura che era e che merita di ritornare ad essere.
Per il bene di tutti.
Domenico Iannantuoni
2005-11-12 22:33:43 - Domenico Iannantuoni

Il Patrimonio culturale sommerso del porto di Napoli
Egregio prof. Antonio Pisanti
Mi riferisco al commento del sig Claudio Romano, il quale ha dedotto, in base allo studio di decenni di documenti dell'epoca che le navi affondate nel porto di Napoli nel 1799 non avevano a bordo alcunché e tantomeno cannoni, ragione per la quale afferma che non vale la pena di recuperarle.
Desidero puntualizzare che l'obiettivo per il quale mi sto battendo da molti anni, con il Centro Studi Subacquei, del quale sono il presidente, non è la ricerca di tesori contenuti nei relitti, o di cannoni, in particolare delle navi del 1799, come può sembrare dalle affermazioni del sig. Romano, ma è la tutela e la valorizzazione di un inestimabile patrimonio culturale sommerso, costituito da decine e decine di relitti di navi affondate negli oltre 2500 anni dalla fondazione della città, e da migliaia di reperti di tutte le epoche, che costituiscono una inestimabile fonte di notizie, di essenziale importanza per la storia della città e per le civiltà che si sono sviluppate nel Mediterraneo, dove Napoli ha costituito uno dei poli.
Cosicchè, liquidare la nostra iniziativa in base al fatto che le navi del 1799 avevano alcunché a bordo mi sembra un po' eccessivo, tenuto conto che le stesse rappresentano solo un episodio, anche se particolarmente affascinante, tra le centinaia che hanno contribuito con i propri resti a formare il macroscopico contenitore di cultura e di storia, conservato dal limaccioso fondale del porto.
Augurandomi che quanto sopra sia esaustivo per chiarire il fine della nostra iniziativa, in merito allo specifico problema dei relitti del 1799 mi lascio trascinare dalla polemica, anche se ritengo che la parola definitiva, la potrà dire solo l'indagine archeologica:
Claudio Romano parte da una considerazione, che io contesto, che le navi si trovavano in fase di "sverno" per cui le stesse erano state svuotate di armi e attrezzature.
Effettivamente esisteva in tutte le marine, la prassi dello svernamento, però era una prassi che veniva disattesa in occasione di particolari eventi come potevano essere quelli bellici.
Pertanto dati gli avvenimenti in corso, la maggior parte della flotta borbonica si trovava in attività, come dimostrano i documenti esistenti, ne cito qualcuno: "2 vascelli, 4 fregate, 4 corvette e 6 galeotte seguirono i reali a Palermo"; la significativa lettera di Acton al Marchese di Circello a gennaio del 1799: “…La seduzione della capitale produsse immantinente negli equipaggi di uno dei vascelli di 74 che trovavasi in rada, l’effetto più doloroso; ricusarono questi il servizio e vedendosi costretti abbandonarono con la fuga il vascello. L’altro vascello giunto in rada successivamente, sperimentò lo stesso disordine; le fregate fortunatamente trovavansi al corso ed al blocco di Malta, non sappiamo fin qui che abbiano sofferto uguale inconveniente”...
E ancora l’Acton: “Gli equipaggi sono fuggiti ed hanno abbandonato legni, attrezzi, armi e lancie cannoniere che volevansi trasportare in Sicilia”.
A questo si aggiunge l'unica testimonianza dal vivo, quella dei giornali di Diomede Marinelli: “9 gennaio 1799. Mercoledì. Ierrisera verso due ore di notte incirca l’Ammiraglio Inglese partendo da Napoli per Palermo, nelle vicinanze di Capri, mise fuoco a sei bastimenti napoletani, incendiandoli. Era uno spettacolo lacrimevole a vederli, nel mentre si toglieva forza alla Nazione e si consumavano tante lacrime, sostanze e avere dei cittadini. Tutta la notte sono seguitati a bruciare, tenendo acceso il cratere tutto. Si vuole che poco se gli era tolto da dentro di detti bastimenti”.
A me non risultano documenti contrastanti, però sono pronto a ricredermi se mi verranno mostrati.
Per "ultima cosa", riporto le conclusioni del sig. Romano: "se per assurdo nella rada di Napoli ci fossero effettivamente dei cannoni (delle navi affondate nel 1799 o in altre epoche/circostanze) perchè impegnare risorse economiche uomini e mezzi per cercarli e recuperarli quando basterebbe andare lungo i moli San Vincenzo (porto di Napoli) di Castellammare di Stabia, di Procida e di decine di altre località rivierasche per riesumare le innumerevoli canne di cannone che sono attualmente utilizzate come bitte ???!!!???"
Perchè i cannoni sono la testimonianza, quasi indistruttibile, come le anfore dei relitti di epoca classica, per tentare di classificare un relitto. Pertanto il cannone recuperato (all'interno e non fuori del porto partenopeo), che dato il calibro apparteneva quasi sicuramente a una nave da guerra e non mercantile, ci metterà sulla strada attraverso l'indagine archeologica, di ricostruire l’episodio storico, attualmente sconosciuto, del quale è stato protagonista, al contrario di quelli, ben noti, strappati dal loro contesto e selvaggiamente annegati nel cemento, come bitte,che ci metteranno invece sulla strada di raccontare solo la brutta fine che hanno fatto, grazie all’ignoranza di coloro che non sono stati in grado di percepire in che cosa consisteva il loro vero valore.
E "Per assurdo" nello specchio di mare tra la Stazione Marittima e l'Immacolatella sono stati individuati altri tre cannoni, non ancora documentati e recuperati.
Per concludere, si sta a discutere su di un dettaglio: se le navi erano state svuotate o no, e sull'appartenenza di un cannone, quando nel frattempo, l'inestimabile patrimonio culturale sommerso nel porto di Napoli sta per essere distrutto e potrà essere salvato, solo attraverso una mobilitazione della cultura, con lettera maiuscola, per cui sarebbe molto bello, se non ci fosse chi, per pura polemica, o per protagonismo, invece di remare in direzione contraria, desse il suo contributo al movimento di opinione, in modo da non aggiungere ai tanti nei della nostra città anche quello della distruzione di un così inestimabile patrimonio dell’umanità.
Cordialità
Armando Caròla
2005-11-01 19:21:29 - Armando Caròla

Navi borboniche
È con molta gioia che leggo questo articolo che rimette in luce una parte della Napoli borbonica che da troppo tempo è stata dimenticata.
Il mio più che un commento è un invito nei riguardi delle persone che un domani saranno deputate su tali questioni, a far luce su tutte le meraviglie che la nostra Napoli capitale possedeva e che non vengono manifestate.
Oltre alle navi incendiate dall'ammiraglio Nelson volevo ricordare l'intera flotta militare e commerciale affondata dai piemontesi dal 1860 in poi, atto svolto solo per nascondere agli occhi dei figli di Napoli che verranno la potenza e la superiorità che era Napoli in quei tempi.
Inoltre per dare uno schiaffo morale ai più scettici volevo ricordare l'Amerigo Vespucci, l'attuale nave scuola della Marina militare italiana, la quale viene spacciata per produzione padana quando essa è stata progettata e varata nei cantieri di Castellamare di Stabia, su copia del vascello Monarco del 1852.
Grazie
Giovanni De Crescenzo partito per il Sud.
Per info su navi delle Due Sicilie vi segnalo con piacere il sito www.adsic.it
2005-10-29 00:12:03 - giovanni de crescenzo

Con o senza cannoni? Non è questo il problema.
Accogliamo con piacere l'intervento del coautore di "Una flotta in fumo", Claudio Romano che, tra l'altro, è anche consulente dell'Ufficio Storico della nostra Marina Militare.
La sua disputa con Armando Caròla non è di questi giorni e tende a far valere la tesi dell'inutilità dell'opera di ricerca e di recupero di reperti che egli definisce di scarso valore se non improbabili.
Sarebbe interessante per i lettori, che non avessero seguìto la lunga diatriba, conoscere le ragioni e le motivazioni di Caròla a sostegno della tesi opposta.
Per quanto ci riguarda, è chiaro che la posizione di quanti sono favorevoli alla ricerca, al recupero e alla rivalutazione di testimonianze del passato prescinde dal valore prettamente economico di eventuali singoli reperti, essendo tesa alla conoscenza e alla valorizzazione di tutto quanto possa aiutare alla comprensione degli eventi che tanta parte hanno avuto nella costruzione del nostro presente.

a. p.
2005-10-28 15:22:04 - Antonio Pisanti

Recupero reperti navi affondate nel 1799
Egr. Prof. Antonio Pisanti,
sono Claudio Romano, uno dei due autori del lavoro da Lei pubblicamente apprezzato dal titolo "Una Flotta in fumo" e per questo non posso fare altro che ringraziarLa.
Mi permetta, però, di dissentire circa l'opportunità di procedere al recupero dei resti di quelle navi che furono affondate la notte tra l'8 ed il 9 gennaio del 1799.
Le motivazioni del mio pensiero sono il frutto di decenni di studio di documenti d'epoca.
Infatti, come peraltro specificato anche nel mio lavoro sopracitato, le navi che furono "bruciate" non avevano a bordo alcunché.
Tutto ciò che era asportabile, fu levato e portato in Sicilia, compresi i cannoni che erano la cosa più preziosa ed importante che, all'epoca, poteva avere una nave da guerra.
So benissimo che l'esimio Armando Caròla continua ad affermare che il cannone da lui ritrovato poco fuori il porto di Napoli apparteneva ad una di quelle navi affondate nel 1799. Ma non vi è alcuna prova documentale che suffraghi tale affermazione mentre, presso l'archivio di Stato di Napoli, ci sono documenti che attestano la messa in disarmo di quelle unità.
Cosa significa ciò ?!?
All'epoca era in vigore a Napoli, ma anche in tutti i porti europei, una norma che imponeva alle navi che attraccavano in banchina, di scaricare in rada la polvere da sparo che avevano a bordo, che veniva poi custodita nel "magazzino delle polveri" (che ogni scalo aveva) e poi reimbarcata quando il bastimento ripartiva.
Per le navi militari, oltre a ciò, allorquando attraccavano in banchina, a meno che non fosse prevista una partenza entro poche ore, si provvedeva a sbarcare tutti i cannoni e le munizioni che si riportavano a bordo nell'imminenza della partenza.
Si attuava questa procedura perché, in caso d'incedio, si sarebbero sottratti alle fiamme le cose più preziose: i cannoni!.
Inoltre, le navi che furono incendiate nel 1799, come ampiamente dimostrato nel mio lavoro con le coordinate archivistiche, erano state poste "allo sverno", cioè in momentaneo disarmo (come accadeva ad ogni inizio inverno)!
Pertanto, se i cannoni venivano sbarcati per soste di pochi giorni, secondo Lei è verosimile che li lascessero a bordo sapendo che quella nave (almeno nelle intenzioni) non si sarebbe mossa da quel porto per almeno 3/4 mesi ?!?
Veda, Prof. Pisanti, la nostra mente di uomini del 3° millennio, ci porta a pensare come se due secoli fa, le cose avvenissero su per giù allo stesso modo di oggi.
Infatti, chi penserebbe mai che una nave militare di due o trecento anni fa, sbarcasse ad ogni sosta le sue artiglierie ???
Mai in un film o in un documentario si è mostrato ciò !!!
Eppure i documenti sono chiarissimi ed inoppugnabili.
Mi obbietterà, a questo punto: a chi apparterrà quel cannone che il Prof. Armando Caròla ha ritrovato fuori il porto partenopeo ?!?
Altra semplice e "logica" spiegazione. Le navi mercantili, per proteggersi dagli attacchi dei pirati barbareschi, spesso chiesero ed ottennero dal Borbone il prestito di artiglierie e del relativo munizionamento.
Se a tale circostanza si somma quella che le cronache dell'epoca (ed i documenti) ci hanno tramandato circa i numerosi naufragi di bastimenti da carico accaduti nei pressi dell'approdo napoletano... lascio al Suo acume tirare le dovute conclusioni.
Un'ultima cosa. Se per assurdo, nella rada di Napoli ci fossero effettivamente dei cannoni (delle navi affondate nel 1799 o in altre epoche/circostanze), perchè impegnare risorse economiche, uomini e mezzi per cercarli e recuperarli quando basterebbe andare lungo i moli San Vincenzo (porto di Napoli), di Castellammare di Stabia, di Procida e di decine di altre località rivierasche per "riesumare" le innumerevoli canne di cannone che sono attualmente utilizzate come bitte ???!!!???
Mi faccia sapere.
Cordialità
Claudio ROMANO
2005-10-26 23:54:27 - Claudio ROMANO

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