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Cultura
Omaggio a Giovanni Brancaccio
di Alessandra Giordano
Giovanni Brancaccio è un artista “preistoricamente” meridionale e per lui è stata organizzato un “omaggio”, una mostra, nei suggestivi spazi della Sala della Loggia del Maschio Angioino, con poco meno di cinquanta opere, raccolte poi nel bel catalogo della Paparo Edizioni. La mostra, a cura di Vitaliano Corbi, ha avuto il patrocinio e il contributo del Comune di Napoli, è stata interamente organizzata dal Lions Club Vesuvio e resterà aperta fino al 4 maggio (eccezion fatta per i giorni 23 e 25 aprile e 1° maggio).

Nato a Pozzuoli nel 1903, Giovanni Brancaccio è stato interprete di una pittura sensuale, calda, dagli scenari prettamente “sudisti”.

Entrato a far parte nel 1927 del Gruppo Flegreo, assieme ad artisti giovani come Mercadante, Ciardo e De Val, il pittore si dedica fin da ragazzo alle diverse tecniche grafiche e incisorie. Conseguito nel 1923 il diploma in Arti Grafiche e Decorazione presso l’Istituto d’Arte di Napoli, in questo stesso istituto insegna Incisione dal 1925 al 1935 e un anno dopo viene incaricato dell’insegnamento dell’Incisione nell’Accademia di Belle Arti. La sua scuola ideale, però, è il museo: attraverso la copia di quadri del Museo Nazionale egli acquisisce una ferma conoscenza della tecnica pittorica, ma soprattutto entra in contatto con la tradizione artistica napoletana senza intermediari. Ispirato ad un seicentismo riletto in maniera originalissima, l’artista, vicino alla corrente a cui appartenevano Carena, Romagnoli e Terrazzi, espone i primi quadri significativi della sua produzione intorno al 1932, anno in cui partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nei primi anni Trenta Brancaccio si dedica anche alla scultura, risentendo palesemente della lezione di Arturo Martini (Studio, Bozzetto, Piccolo nudo, 1930). Successivamente la sua ispirazione, attraverso le influenze di Manet, Giorgione e Velàzquez, approda a nuove soluzioni figurative: agli anni Trenta risalgono i bozzetti e le opere di grandi dimensioni dove vengono raffigurati rigogliosi nudi femminili immersi in paesaggi ricchi di acque, rigogliosi di verde boscaglia e di pioppi argentei.

Di questo periodo sono da ricordare Scena campestre (1939), Ragazza allo specchio (1939), Nudo (1940), Giovinetta che suona il mandolino (1940), Bozzetto (1940) e Figure ( 1941). Il tema delle 'bagnanti', dal 1940 in poi, diviene una sorta di leit motiv anche se nel periodo della guerra in Brancaccio si registra un'evoluzione drammatica. Le stesse figure di prima si trovano in un'atmosfera di tempesta. Il mito della serenità è squassato da visioni di violenza, le linee dei corpi assumono slanci espressionistici, si deformano; pare che lo spavento interiore per le grandi presenze invisibili non dia tregua al pittore: improvvise bufere si addensano intorno alle bagnanti che raccolgono in fretta i loro indumenti e fuggono prese dal panico.

L’inaugurazione dell’interessante mostra avrà luogo il giorno 12 alle ore 11.

Hanno scritto di lui:
“Il mondo di Brancaccio è quello meridionale; d'accordo, ma viene da molto lontano, dalla preistoria o dalla razza del costume italico, con i volti dei personaggi statuari e vivi; i gesti lenti, pazienti, fissi in una mimica allusiva e misteriosa in cui le maschere e i lumi, gli oggetti e i frutti sono quanto di più congeniale e familiare artista possa inventare con luce nova che non rifugga da un sentimento romantico di sobrio e sicuro riporto” R. M. de Angelis, Giovanni Brancaccio, “La Fiera Letteraria”, Roma, 29 Ottobre 1969.
5/4/2006
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