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Pensieri in corso
Il Mediterraneo e il mondo Arabo
Incontro con Madioury Tandia
di Arturo Capasso
Madioury Tandia - che conversa con Arturo Capasso - è nato a Gory in Mauritania, ma da diversi anni vive e lavora in Italia; giovane avvocato (laureato all’Università di Napoli), è esperto di diritto internazionale (è anche consulente giuridico presso l’ambasciata Mauritana).

Quando hanno iniziato gli Arabi a muoversi nel Mediterraneo?

La presenza araba sulle coste mediterranee inizia a realizzarsi dopo la morte del profeta Mohamed (632) una volta realizzata l’unificazione religiosa della penisola arabica sotto l’islam. Gli arabi iniziarono a muoversi nel mediterraneo all’inizio del XII secolo a.c.. Infatti, nello stesso periodo venivano occupati l’Iran persiano, l’Egitto bizantino e l’impero musulmano si estendeva dalle rive dell’Indo fino al deserto libico. Dobbiamo evidenziare che dopo il 632 a.c., la penisola arabica fu centro di una prosperosa civiltà, già dal IV – VII a.c. i popoli che abitavano, perlopiù nomadi avevano scambi commerciali e culturali con altre civiltà del M.O.. L’influenza araba si propagò attraverso il M.O. sotto la dinastia khalifale degli Omayyadi in Europa in particolare in Spagna.

Quale sarebbe stato il loro sviluppo senza Maometto?

Senza il profeta Mohamed, sicuramente l’Islam non avrebbe la dimensione che ha conquistato nel mondo. I successori hanno creduto fortemente ai suoi messaggi e li hanno diffusi oltre la penisola arabica.

Quali uomini hanno inciso maggiormente nella crescita della potenza musulmana

Gli uomini che hanno inciso nella crescita della potenza musulmana sono stati: Abu Bakr (632-634) successore del Profeta Mohamed col titolo di Khalifa che significa sostituto del profeta. E poi ci sono stati altri come Omar Ibn Kattab (634-644). Con loro furono conquistare la Siria, la Celestina, la Mesopotamia e l’Egitto. Di certo non si può dimenticare un altro uomo che ha svolto un ruolo importante nell’espansione dell’Islam, Ottoman, il quale conquistò il resto dell’Africa settentrionale.

Il Mediterraneo: ha unito o separato?

Secondo me il Mediterraneo ha certamente unito. Già all’alba del VII secolo a.c. il Mediterraneo era diventato il protagonista della storia, acquistando a livello geopolitica un ruolo strategico sia militare che commerciale, diventando un intreccio multietnico della “civilizzazione” mediterranea, fatta di intensi traffici commerciali tra le due sponde, di guerre corsare, di continue contaminazioni linguistiche e culturali, dal XIII al XVI secolo. Il Mediterraneo è stato anche un punto d’incontro tra le tre religioni rivelate e le sue campagne che erano popolate da tante divinità. Ma la predicazione cristiana e quella islamica hanno radicalmente cambiato la mentalità e l’atteggiamento religioso dei popoli che vi abitavano. In ogni caso le due religioni si sono riconosciute come portatrici di missione universale.

La guerra fra le due sponde: quali erano le giustificazioni per attaccare, per invadere, per uccidere. Cosa è santa: la guerra o la pace?

Certamente, in nessun modo si dovrebbe accettare come giustificato l’uso della forza qualora esso dovesse servire all’espansione di una cultura o una religione di un determinato popolo o comunità religiosa. Con riferimento alla domanda cosa è santa: guerra o pace? Ho la ferma convinzione che le guerre nel senso autentico della parola non sono mai e non saranno mai sante per nessuna ragione che si voglia far valere. Capisco che la domanda allude alla guerra santa di cui si parla nella cultura arabo-musulmana. In primis una considerazione va fatta sul concetto di guerra santa.

La parola Jihad nella quale non solo la cultura occidentale, ma anche qualche settore dello stesso integralismo islamico, tende a cogliere la definizione della guerra santa come dottrina essenziale dell’Islam, nel corano ha una definizione più ampia. Jihad sta per sforzo, considerato come sforzo maggiore sulla via di Allah, l’impegno del fedele a vincere le proprie tentazioni per divenire un uomo musulmano. Infatti, il corano presenta la Jihad contro gli infedeli soltanto come dovere minore da conseguirsi in circostanze ben precise sulla base di una rigorosa definizione giuridica.

Quanti tipi d’Islam s’affacciano al sud del Mediterraneo?

Tipi d’Islam? Penso che se ne può parlare soltanto di due in via generale: quello Sunnita e quello Shiita. Tale considerazione vale anche per il sud del mediterraneo. Se poi ci saranno altri tipi, sicuramente non conducono all’Islam vero che gli Ulema e i giuristi del mondo arabo e musulmano conoscono.

Quale ruolo per i Paesi del sud mediterraneo?

I Paesi del sud del mediterraneo hanno certamente svolto un ruolo importante nella storia d’Europa. In primis, l’incontro tra la cultura araba ed europea ha contribuito ad una presa di coscienza dell’identità religiosa e culturale dei due mondi.

Hanno le istituzioni internazionali la possibilità di contribuire a creare un equilibrio mondiale nuovo, migliore per tutti?

Non ho assolutamente dubbi che le istituzioni internazionali hanno la possibilità di favorire la creazione di un mondo migliore. Soprattutto quelle che sono state create appositamente per garantire la Pace e la Sicurezza nel mondo. Ma per arrivare a ciò non basta l’uso delle armi per reprimere gli Stati dittatoriali. È assolutamente necessario che in seno a queste istituzioni siedano degli uomini integri, consapevoli dei loro doveri nei confronti dell’umanità e soprattutto dotati di grande levatura morale, che ci sia un rifiuto fermo e assoluto della guerra in nome del rispetto dovuto alla libertà di ciascun popolo e, dunque alla persona come valore supremo da tutelare, ma occorre anche che tutti i protagonisti della comunità internazionale siano trattati su un piano di assoluta parità di valori. Occorre il richiamo alla pace ed alla giustizia come obiettivo e valori fondanti delle relazioni fra le nazioni. Senza questi valori la pace, la sicurezza e la giustizia nel mondo sono destinate a restare parole vuote. Solo un grande senso di equità negli uomini possono contribuire a costruire una realtà migliore per tutti.

Ci vuole, quindi, una cultura di equità nelle istituzioni internazionali per arrivare a costruire un equilibrio più giusto. Sono scettico però se basta la sola cultura di giustizia per rendere concreto quel mondo che sogniamo tutti. Le istituzioni internazionali devono favorire l’apprezzamento reciproco di un passato comune e di valori condivisi tra gli uomini. Solo così potranno offrire solido fondamento alla cooperazione ed alla pace fra i popoli.

Qual'è la via migliore per eliminare le cose che ci separano e trovare quelle ci uniscono?

Dal medioevo, i primi mezzi di approccio tra diverse civiltà e culture si è sempre concretizzato tramite scambi commerciali, scambi a volte regolati da accordi, trattati o da semplice gentelamen’s agreement. Considerando che gli scambi commerciali sono quelli che nel nuovo ordine mondiale favoriscono il riavvicinamento degli Stati e dei governi democratici, occorre associare a questo modo di approccio gli scambi culturali tra scuole e università, rendendo partecipe tutte le diverse categorie sociali. Ciò aiuterà sicuramente a diminuire col passare del tempo i grandi divari culturali e religiosi tra i popoli. Ma per arrivare all’eliminazione totale delle cose che ci separano è necessario avere il coraggio di autocritica o almeno essere convinto che esiste il principio del relativismo culturale coniato da J.P.Sartre nel secolo scorso. Le cose che ci uniscono sono tante, ma per trovarle è necessario superare l’etnocentrismo che è ancora presente nella vita sociale di tutte le culture umane. La curiosità culturale rimane il grand atout di noi tutti per superare le barriere culturali e conoscersi meglio. Ma fin quando la cultura ed i mezzi di comunicazione di massa rimangono in mano ai governi corrotti tali prospettiva rimarrà di difficile realizzazione.

Il futuro: ha un cuore antico?

Se per cuore antico intendiamo il trauma e tutti i problemi che hanno afflitto l’umanità nei secoli scorsi, la risposta è no. L’auspicio è quello di vivere in un futuro all’insegna del dialogo internazionale e dell’interazione tra le diverse culture, civiltà e religioni. Quindi, il cuore del futuro non deve essere antico (che secondo me sarebbe un’ipotesi negativa), ma generoso e filantropico.
2/2/2006
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