Calcio
Corsi e ricorsi di cadute azzurre
di Mimmo Carratelli
(da: Corriere dello Sport del 27.12.2023)
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Vince lo scudetto, incanta l’Europa, dispensa gioco di meraviglia e, un anno dopo, non c’è più niente. È caduta una stella. Il Napoli settebellezze non c’è più. Gli aquiloni azzurri volavano alto, sono atterrati.
È proprio così e il modo ancor m’offende, scriverebbe il poeta. È sopravvenuto un sortilegio, oppure è finito un incantesimo.
Giocatori issati al settimo cielo, ora praticano a fatica il primo. Sono gli stessi dell’anno scorso, della grande cavalcata azzurra, dello scudetto e non sono più loro.
Qualcosa del genere è successo in passato.
Campionato 1974-75, allenatore Vinicio al secondo anno sulla panchina del Napoli, come è avvenuto con Spalletti nella stagione passata. Ingresso furente del leone brasiliano. Sconvolta la solita preparazione precampionato. Giocatori smarriti e insofferenti. Battono la fiacca, non ce la fanno e Vinicio li inchioda al muro: se non vi sta bene così, posso andarmene, mi dimetto.
Dopo una notte agitata a Montecatini, dove il Napoli era in ritiro, Antonio Juliano capitano e leader riferisce a Vinicio che la squadra è compatta con lui, si va avanti con Vinicio.
Non deve essere stata diversa la preparazione di Spalletti dopo il rodaggio del primo anno a Napoli, sfruttando nel secondo anno la sosta invernale per il Mondiale in Qatar, esperto il tecnico toscano dello stop dopo l’esperienza in Russia dove il campionato si ferma d’inverno.
Un dettaglio importante, alla base dello scudetto.
Da Vinicio a Spalletti c’è nel Napoli una guida sicura, forte, che coinvolge, Vinicio col suo parlare gutturale, spezzato, imperioso, Spalletti col suo linguaggio rotondo, accattivante ma deciso, esoterico, incantando i giocatori con l’inflessione toscana della voce, in più uno sguardo penetrante, un po’ fulminante, un po’ invasato (ad Anguissa vengono i brividi).
Vinicio e Spalletti non hanno fuoriclasse in squadra. Hanno giocatori “
normali” disposti a tutto per due allenatori che si impossessano delle loro emozioni e le attraggono e le piegano a un destino fortemente voluto e condiviso.
Se non siamo al plagio poco ci manca. Giocatori che si esaltano, che vanno al di là delle loro possibilità, che fanno squadra e gruppo vincente con Vinicio, con Spalletti. A parte, si capisce, la maestria tecnica dei due allenatori.
Vola il Napoli di Vinicio, la squadra corre, forse continua a correre anche dopo che la partita è finita, gli avversari sono sorpresi e travolti.
È un Napoli giovane, leggero, con un paio di giocatori di esperienza, Burgnich invitato a partecipare al gioco senza starsene impalato in difesa come nell’Inter (“
non mi sono mai divertito tanto a giocare al calcio come con Vinicio”), Clerici centravanti un po’ sordo ma fedelissimo di Vinicio e goleador irriducibile, Juliano un vero condottiero, Bruscolotti ha 23 anni, il brindisino La Palma centrale di difesa al debutto in serie A, Orlandini terzino sinistro che si sgancia, Salvatore Esposito e Rampanti giocatori deliziosi per un centrocampo di fantasia, Giorgio Braglia cannoniere stralunato, Peppiniello Massa napoletano del quartiere Torretta piccolo, sgusciante e furbo all’ala destra, Gedeone Carmignani in porta.
Sono i protagonisti di un’avventura straordinaria. Il Napoli di Vinicio sfida la Juventus di Gentile, Scirea, Furino, Bettega, Capello, Causio, Anastasi e di Zoff e Altafini passati dal Napoli al club bianconero due anni prima.
A Torino, nella partita decisiva per lo scudetto, Zoff nega a Juliano il 2-1 per il Napoli (amicissimi i due ai tempi azzurri, “
Zoff ha fatto il suo dovere” dirà Juliano dolce-amaro dopo il match) e Altafini
core ‘ngrato sigla la vittoria bianconera a due minuti dalla fine entrando dalla panchina al 75’ per Damiani.
Juve campione d’Italia, il Napoli secondo a due soli punti.
L’anno dopo, Ferlaino compra Savoldi e tutti si aspettano che il Napoli darà nuovamente l’assalto al campionato. Ma non è più il Napoli dell’anno prima.
Ha esaurito la tensione della sfida-scudetto, forse è stremato dalla corsa furente della stagione precedente, l’incantesimo scompare. Il Napoli finisce quinto.
Sta succedendo la stessa cosa al Napoli di oggi, dopo lo scudetto. La squadra è la stessa. Non c’è più Spalletti che ha fiutato l’impossibilità di ripetere l’impresa. Cala la tensione, la squadra paga il grande dispendio di energie nella conquista della grande vittoria e forse non reggerebbe ancora gli allenamenti maniacali di Spalletti se il tecnico toscano fosse rimasto.
I giocatori “
normali” che Spalletti aveva esaltato tornano “
normali” col fiato corto e la fantasia smarrita.
In più, mentre Ferlaino prese Savoldi (800 milioni al Bologna più Clerici e Rosario Rampanti valutati 600 milioni) per inseguire ancora lo scudetto, De Laurentiis è rimasto a guardare ritenendo che il Napoli campione d’Italia potesse ripetersi da solo, anche senza… allenatore.
Un anno di gloria, la resa l’anno dopo. Succede ai club che non hanno una solida storia di vittorie e non hanno strutture robuste rimanendo nell’alta classifica, ma non più vincenti.
Neanche al Napoli di Maradona riuscì di bissare lo scudetto l’anno dopo, rivincendo il campionato tre anni dopo il primo successo. È così che va. La flessione è quasi fisiologica per le squadre non abituate allo stress del primato. E c’è la riscossa di avversari domati l’anno prima.
La “
rosa” del Napoli resta competitiva sulla carta, sul campo è un’altra cosa.
La partenza di Kim, la vaghezza di Garcia, le difficoltà di Mazzarri di ricreare un Napoli vincente, nulla una campagna-acquisti di rafforzamento, una società improvvisamente mancante sono fatti incontestabili.
Ma ha ragione Sacchi:
chi non è abitato a vincere, non rivince.
Il Napoli dello scudetto è stata una invenzione “
diabolica” di Spalletti con giocatori che non avevano mai vinto niente. Difficile ripetersi.
Dopo la grande cavalcata del girone d’andata (50 punti), lo stesso Napoli dello scudetto non fu più lo stesso nel ritorno (40 punti) e non perché fosse tranquillamente in testa protetto da un vantaggio cospicuo. C’era già un calo evidente.
Tutti erano andati fantasticamente oltre i loro limiti. Il “
volo” azzurro ha cominciato ad esaurirsi già nella primavera scorsa.