Calcio
Ho visto Kvara che bacia Walter che bacia Osimhen
di Mimmo Carratelli
(da: Guerin Sportivo del dicembre 2023)
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Un bacio è stato il segnale della riscossa del Napoli dopo Garcia.
Kvaratskhelia l’ha stampato sulla guancia sinistra di Mazzarri alla fine della partita vinta a Bergamo. Un bacio a schiocco. Un bacio di liberazione. Il bacio di un titolarissimo che non sarà più sostituito a capriccio.
Nel Napoli son tornate a fiorire le rose, gli azzurri si inseguon festosi.
Non c’entra Fiorello, ma è tornato il buonumore.
Viva Mazzarri 2. Annalisa potrebbe cantare ho visto Kvara che bacia Walter che bacia Osimhen. La famosa “
corresponsione di amorosi sensi” di Vittorio Pozzo quando in una squadra tutti si vogliono bene e si va avanti così.
Scene cinematografiche nel golfo. Tirate sul pianista francese, come suggerisce François Truffaut dallo schermo. E comincia un’altra storia. Da Casablanca a Casazzurra. Provaci ancora, Walter.
Si defila l’Amleto di Francia, essere o non essere. Non è stato, punto. Esonerato dopo dodici partite e l’ignobile sconfitta con l’Empoli al Maradona.
Garcia, una presenza-assenza. Svilita la squadra campione d’Italia.
Il piano di Garcia resta un mistero. A bordo-campo ha scritto un romanzo, il taccuino traboccante di appunti partita dopo partita, un carteggio con destinatario anonimo.
Il Napoli giocava senza una guida. Garcia scriveva, fedele al detto fesso chi legge ma non chi scrive.
Disapprovato per i ripetuti fallimenti (fischi per fiaschi). E le anonime conferenze-stampa degne d’essere trasmesse su Banale 5.
Però un gentiluomo, un’anima candida con una eterna camicia bianca. E quel tic di cercare con la mano sinistra qualcosa nel taschino interno della giacca senza trovare mai nulla.
Garcia ha lasciato Napoli senza un saluto, ignorando De Laurentiis dopo avere cantato Aurelio, Aurelio di questo core.
Ma s’era capito subito alla presentazione nella Reggia di Capodimonte come sarebbero andate le cose. Rudi veniva dall’Arabia, molto esaurita dopo le liti con Cristiano Ronaldo, e disse che del Napoli di Spalletti non sapeva nulla.
Una dichiarazione un po’ snob, ma era l’annuncio del disfacimento della squadra campione d’Italia puntualmente eseguito detronizzando Lobotka, cancellando il palleggio della Grande Bellezza, sostituendo Kvaratskhelia con Zerbin, escludendo Osimhen perché “
questo sono io e si fa come dico io” e, infine, selezionando i giornalisti al seguito del Napoli in amici e nemici.
I peggiori danni della nostra vita.
Aurelio, abbandonato da Spalletti e Giuntoli, non ha capito più nulla. Ha resistito quattro mesi sostenendo Garcia da commissario del popolo, allenatore-ombra sui campi di Castelvolturno, piombando negli spogliatoi fra un tempo e l’altro delle partite.
Alla fine s’è arreso. Garcia non era più difendibile, calava l’apprezzamento di mercato della squadra (altro che duecento milioni per un piede solo di Osimhen), a rischio la zona Champions.
A sorpresa, si proponeva Mazzarri con un’intervista strappacuore, “
tutti vorrebbero tornare al Napoli”, “
con De Laurentiis sono stato l’allenatore che c’è stato più a lungo”, “
a Napoli ho fatto la storia”, “
il Napoli di Spalletti è il più vicino alla mia idea di calcio, me lo sono studiato a memoria”, “
non sono più antipatico, ho fatto lezioni di empatia”.
Aurelio gradisce. E richiama Mazzarri.
Walter ha 62 anni, ne aveva 48 quando arrivò al Napoli la prima volta, ambizioso e ruspante, orgoglioso e duro, portando in Champions la squadra di Cavani, Lavezzi e Hamsik e lottando per lo scudetto contro Milan e Inter.
Torna e, alla prima conferenza-stampa, si è detto emozionato. Era robusto, s’è appesantito. Il faccione grande, l’imponente capigliatura. Girocollo nero e giacca blu scuro.
“
Napoli è casa mia”. Ha rivendicato i quattro anni sulla panchina azzurra: “
La scalata del Napoli nel firmamento calcistico è partita da me”.
Il programma: “
Sono venuto per portare la mia esperienza e per far capire ai giocatori i pericoli”. Il rapporto con De Laurentiis: “
Ci siamo chiariti dell’equivoco durato un paio d’anni quando me ne sono andato, ma posso dire che ora ci diamo del tu”.
Cancellerà le vibranti proteste contro l’erba troppo alta, la pioggia, i tempi del recupero e i falli laterali non concessi: “
Ora non mi lamento più”.
Si è fatto ammonire alla prima partita protestando per un fallo su Lobotka non sanzionato dall’arbitro. Poca cosa. Sorride per nascondere la tensione.
Abiterà ancora a Pozzuoli, il suo eremo di periferia, e frequenterà lo stesso bar e lo stesso ristorante della prima volta.
Dovrà mettere a punto soprattutto la fase difensiva dopo il vuoto lasciato da Kim Min-jae e il reparto arretrato è in ristrettezze dopo l’infortunio di Olivera.
Sarà necessario non spremere troppo i titolari e ci sono giocatori senza valide alternative (Lobotka, Politano, Kvaratskhelia). Lascerà ampia libertà a Kvaratskelia e Osimhen, al georgiano ha già suggerito di entrare più spesso nel campo quasi a fare da doppio centravanti con Osi.
Riporterà alla ribalta i panchinari delusi, in testa il Cholito Simeone, gli è andata subito bene con Elmas. Dovrà impiegare Raspadori nel ruolo migliore ora che è tornato Osimhen.
Ha già dimostrato di fare i cambi giusti e a tempo debito. Intanto, ha riportato entusiasmo. Non sarà furioso come nei tempi andati, sarà più saggio. Non farà gesti spettacolari dalla panchina, ma farà sentire la sua voce dopo i memorabili silenzi di Garcia.
Lavorerà duramente negli allenamenti che Rudi dirigeva con una certa nonchalance parlando in francese, parbleu!
Che sarà, sarà. Obiettivi concreti, richiesti da De Laurentiis, sono la qualificazione agli ottavi della Champions e il piazzamento nei primi quattro posti in campionato.
Mazzarri può farcela. “
Ho la squadra più forte che abbia mai allenato”. Ma dovrà porre rimedio ai cali nei secondi tempi. Il rilancio di una adeguata preparazione atletica è indispensabile.
L’ultima domenica di novembre è riapparso a Napoli Garcia. Si è fatto cresimare nella Chiesa del Redentore, passo indispensabile per sposare Francesca.
Un uomo religioso che aveva ridotto a poveri diavoli gli azzurri.