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Calcio
Va in campo il Napoli… mammamia…
di Mimmo Carratelli
(da: Guerin Sportivo del 10-11-2022)
Nel golfo dove pure li pisce nce fanno a ll'ammore siamo accartocciati in una libidine storica. E saglie 'a voglia d'allucca', canterebbe Pino Daniele.

È nato il Napoli mammamia, copyright il presidente De Laurentiis. Dal lotto emerge il numero 72: la meraviglia, lo stupore, l'incredulità, il disorientamento.

Ci aiuta Donatella Rettore: splendido, splendente, l'ha scritto anche il giornale, io ci credo ciecamente.

Il Napoli è un uragano? Il Napoli è cosmico, semplicemente cosmico, twitta Aurelio sul quale piovono altri milioni dalla Champions.

Meraviglioso, ma come non ti accorgi di quanto il Napoli sia meraviglioso. Grazie, Mimmo Modugno. L'ultimo omaggio dai Camaleonti: mamma mia, mamma mia, il mio cuore scoppierà. Stupisce anche Agata.

È un momento neuronico. Una elettricità esagerata, un dispiegamento di ugole euforiche, un innalzamento dell'eccitazione sconvolgono il golfo.

Improvvisamente il Napoli è tutto. La gloria e la baldoria. La storia, se vogliamo continuare a gonfiare il pallone.

Avevamo un dio, Diego del nostro cuore, e sembrava non ci potesse essere più niente dopo di lui. Oh mama, mama, mama non ci batterà più el corazòn.

La frusta di Mazzarri, il cuscino di Benitez, la grande bellezza di Sarri, favole sfumate.

Non avevamo fatto i conti con l'Antipatico, barba carducciana e l'eloquio di un Cicerone infastidito.

Agosto di quest'anno. Spiazzati dalle cessioni, sdegnati dai primi acquisti anonimi, confusi dal guru di Certaldo che si sarebbe incatenato se Koulibaly fosse andato via.

Non si incatenò nessuno neanche quando se ne andarono Mertens e Insigne. E lui, l'Antipatico, ritto sul vaso azzurro di Pandora. Insultato, ma incrollabile.

Perché non se ne va, perché non cede il Napoli? E l'Antipatico, trionfante: "Mi voglio divertire ancora, lasciatemi giocare". Un pazzo, un provocatore, uno Schwarzenegger di borgata, un cinepanettista?

Disse con sussieguo: "Ho rifiutato 900 milioni di dollari dall'America per il Napoli, ho rifiutato due miliardi e mezzo per il Napoli e la Filmauro insieme, il Napoli è mio, non lo cedo, non voglio andare in pensione, sono eternamente in vacanza".

Un guappo di celluloide. Il Pappone. Il presidente inesistente, il barbone rampante, il dirigente dimezzato.

Ci ha schiantati tutti in combutta con Giuntoli, il direttore sportivo che consideravamo Olivia Newton, con differente bellezza, al fianco di John Travolta: Giuntoli Olivia e Travolta il presidente, mamma che coppia.

Ci hanno sorpresi e condannati a un gaudio inimmaginabile quando poi sono arrivati Raspadori e Simeone.

Impavido di fronte alle contestazioni, sfaccimm assaje nel trionfo di questi giorni, oggi l'Antipatico si defila, twitta ma non compare, non odo parole, direbbe il poeta, un silenzio maestoso.

L'Antipatico Aurelio De Laurentiis, vincitore assoluto. Quest'anno, prima del ritiro a Dimaro, aveva detto: "Faremo di tutto per riportare a Napoli lo scudetto". Bum! Neanche fosse stato Pirgopolinice, il soldato spaccone delle commedie di Plauto, terrorizzando Spalletti che sussurrò: "Rientrare nelle prime quattro sarà difficilissimo".

L'anno scorso, dopo la sconfitta di Empoli, uova e auto rubata per Spalletti, giusto essere prudenti.

Capite allora la vertigine di oggi da come siamo partiti nel golfo mistico, scettico e contestatore. Il Napoli vola alto come il grifone di Ruppel, vola veloce come il falco pellegrino e ha l'apertura alare di un albatro, e le ali si chiamano Lozano, Politano, Kvaratskhelia.

La cavalcata delle valchirie azzurre. Un Napoli wagneriano. Tiè.

Kim Min-jae di Tongyeong, Corea del sud, 26 anni, 1,90, spalle larghe, occhi come feritoie di guerra, caschetto nero.

Fulvio Marrucco, napoletano, avvocato e procuratore di mercato, lo aveva proposto al Napoli due anni fa quando c'era Koulibaly, il totem della difesa azzurra, il gigante buono del Senegal, l'amorevole e indispensabile Kalidou.

Kim Min-jae, diplomato in economia aziendale all'università Yonsei di Seul, giunto dal Fenerbahce per 19,5 milioni, ha abbattuto il totem.

Se Kalidou aveva l'eleganza di un baobab semovente, Kim ha la fissità di una staccionata contro cui vanno irrimediabilmente a sbattere gli attaccanti.

Kalidou si concedeva rischiose variazioni stilistiche, Kim non rischia, è un respingente naturale con l'inesorabile impassibilità dell'uomo orientale. La difesa azzurra è aumentata di spessore.

Al contrario, Zizì Kvaratskhelia è il moto perpetuo, il pendolo di Faucault, dribblatore triplice, gambe che si incrociano, caviglie che saettano.

Il suo calcio è come un rock che ti morde col suo swing. Kvara è Adriano Celentano che va in gol, è un Maneskin scatenato, portatore di una arteteca georgiana, pizzica e taranta caucasiche, un figlio di George Best e Garrincha.

Su quella corsia mancina dove Lorenzo Insigne danzava, Kvara esplode per soli dieci milioni di euro.

Giacomino Raspadori è un diavoletto dalla faccia pulita preso per 30 milioni, cinque subito, 25 domani, uno scugnizzo della pianura bolognese, sbocciato al calcio dalla strada e dall'oratorio di Castel Maggiore.

È Aladino con la lampada magica dalla quale trae il genio delle giocate, i tocchetti fatati, destro, sinistro, il tiro dritto come un colpo di spada, un maradonino essenziale, un produttore di tracchi scoppiettanti, un cerbiatto che esce da campo di quadrifogli, nella poetica di Spalletti un po' alla Boskov, con la cattiveria di Aguero e la padronanza della palla di Tevez, ha aggiunto Lele Adani, il Diogene di Correggio che cerca e vede quello che noi non vediamo nel calcio.

Non è Mertens, ma a ventidue anni Raspadori è più di Mertens che è arrivato ai trentacinque. E Giovannino Simeone, 27 anni, preso per 19 milioni, 3,5 subito, poi il riscatto, figlio del Cholo e del realismo magico di Borges, viene dopo Petagna (e ho detto tutto, ripeterebbe Peppino De Filippo), centravanti di scatto e di sorpresa, colpitore di testa ad alta quota, qui giunto felicemente dopo Genova, Firenze, Cagliari e Verona, qui nello stadio di Maradona suggestione eterna degli argentini, cholito lindo e felice sull'erba delle rabone di Diego.

Sciorino gli acquisti che hanno trasformato il Napoli, anche l'uruguayano Mathias Olivera dal Getafe, il norvegese di stazza norvegese Leo Ostigard, Salvatore Sirigu di sostegno a Meret, sardo tranquillo (un Nuoro solo ti vorrei), e Tanguy Ndombele, 26 anni, nato in Francia, origini congolesi, preso in prestito dal Tottenham con un riscatto fissato a 30 milioni, un avatar d'Africa, una delle dieci incarnazioni di Pogba di cui era l'alter ego nella nazionale transalpina, non ancora al cento per cento della forma, ma ha già piazzato un gol a Glasgow.

Eccolo Tanguy Ndombele alle prime mosse, centrocampista polivalente di futuro fulgente. Correndo si piega sulla palla per parlarle, incoraggiarla e destinarla, a volte non si capiscono, a volte Tanguy la caccia via con una pedata frettolosa, ma Tanguy non è un pensiero triste che balla, è rumba nascosta, è il nero che muove e vince, così sarà prossimamente.

Ora che ho detto dei nuovi azzurri più forti dei vecchi, inseriti in una squadra già forte l'anno scorso, avrete un'idea del nuovo Napoli anema e gol, di questa macchina fantastica.

I nuovi hanno portato sfrontatezza, voglia di fare e di affermarsi, talento giovane in uno spogliatoio molto democratico, nessuna gerarchia, nessuna sopraffazione, tutti per uno e uno per tutti, e Spalletti alla fine batte le mani.

Non so spiegare altrimenti questa miscela azzurra che sta sorprendendo l'Italia e l'Europa, sbocciata nella piana di Castelvolturno fra spiagge infinite e pinete.

Solo Spalletti può spiegarla, non il vecchio cronista di Didì, Vavà, Pelè site 'a guallera 'e Canè. Allora era tutto più chiaro.

Diceva Brera che il calcio è un mistero senza fine, bello. Il Napoli del diciottesimo anno di Aurelio De Laurentiis è il nuovo mistero senza fine, bellissimo.

Foto: Iam Naples.com
11/11/2022
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