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Recensioni
La morte di Papa Luciani di Giovanni Landi
di Luigi Alviggi
Questo lavoro presenta un’ottima e puntuale esposizione delle caratteristiche salienti dell’uomo Albino Luciani, poi esponente del clero chiamato a funzioni sempre più elevate nella gerarchia ecclesiastica. Dà così modo di conoscere in maniera estesa - utilizzando l’Autore le fonti più varie - i tratti significativi del pensiero e dei comportamenti di questo Santo Pastore che sarà beatificato il prossimo 4 settembre da Papa Francesco.

In esso si parla anche, succintamente, dei suoi più stretti collaboratori in Vaticano. Albino, figlio di operai, nasce il 17.10.1912 a Canale d’Agordo - in provincia di Belluno (Veneto) - e spirerà il 28.9.1978 a Roma, dopo soli 33 giorni dall’elezione a Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica con il nome di Giovanni Paolo I.

Sarà, forse, il primo di una serie di Papi sostenitori di una “chiesa povera” (come già due dei suoi successori) impegnata nella cura delle anime e nell’abbattimento delle troppe barriere sociali esistenti, la povertà in primis.

Albino citerà, nella sua quarta e ultima udienza generale del mercoledì, le parole dall’enciclica “Populorum progressio” (1967) di Paolo VI: “I popoli della fame interpellano in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello”.

Afferma la Biscotti nella sua prefazione: “… gli interrogativi intorno alla sua morte, a distanza di più di quarant'anni, continuino ad aleggiare. Con la conseguenza magari anche, come ha affermato monsignor Aloisio Lorscheider, cardinale brasiliano e grande amico di Giovanni Paolo I, che «il sospetto rimane nel nostro cuore» , ed è «come un'ombra amara, un interrogativo a cui non si è data piena risposta».”.

Albino verrà eletto Papa dopo solo quattro scrutini il 26.8.1978, 263° Vescovo di Roma e - per la terza volta nel corso del XX secolo - un patriarca di Venezia salirà al soglio pontificio, dopo Pio X (1903) e Giovanni XXIII (1958). La fumata “elettiva” provocherà un certo sconcerto risultando nella fase iniziale grigia.
È stato il primo papa ad adottare un doppio nome, e da ben dieci secoli non veniva scelto un nome papale inedito. Sarà anche il primo ad abolire la sedia gestatoria e a evitare di indossare la tiara.
Verrà chiamato dal popolo, con dolcezza estrema, “il Papa del sorriso”.

Dopo la benedizione, Giovanni Paolo I vorrebbe salutare la folla, ma il protocollo lo impedisce. Sarà Wojtyla il primo a rompere il cerimoniale, lanciando una nuova tradizione. Però Luciani riesce almeno a concedere il bis e dopo dieci minuti torna sul balcone per un’altra benedizione. Al mondo l’eletto piace moltissimo: dolcezza e timidezza spiccano subito sul suo viso. «Il Papa è estremamente sorridente» osserva il telecronista RAI. Da ogni parte del globo si susseguono senza sosta dichiarazioni di entusiasmo e soddisfazione.”.

E l’uomo semplice non avrà remore a raccontare, già nell’Angelus dell’indomani domenica 27 agosto, il suo stato d’animo in merito a quanto accaduto:
«Ieri mattina sono andato alla Sistina a votare tranquillamente. Mai avrei immaginato quello che stava per succedere. Appena è cominciato il pericolo per me, i due colleghi che mi erano vicini mi hanno sussurrato parole di coraggio. Uno ha detto “coraggio, se il Signore dà un peso, darà anche l’aiuto per portarlo”. E l’altro collega: “Non abbia paura, in tutto il mondo c’è tanta gente che prega per il Papa nuovo"».

Nella prima udienza generale si farà aiutare nel discorso da un chierichetto presente, con un fare da curato di campagna, sua cifra caratteriale di sempre, preludio a un enorme consenso popolare. Da quest’insieme preliminare l’impressione emergente, quale ipotesi, è che questo Pontefice sarebbe stato un innovatore di grado estremo, forse addirittura superiore all’immediato successore - Giovanni Paolo II - il polacco che regnerà sulla Chiesa di Cristo per ben 27 anni (dall’ottobre 1978 all’aprile 2005: il terzo papato più lungo della storia dopo quello di Pio IX, quasi 32 anni, e di San Pietro). E questo, per un’istituzione di oltre duemila anni di vita, non è detto avrebbe potuto essere cosa benaccetta a priori.

Il suo brillante curriculum ecclesiastico personale è presto detto. Sarà ordinato sacerdote nel ’35, nel ’58 a 46 anni viene nominato vescovo di Vittorio Veneto. Diverrà poi patriarca di Venezia nel ’70 e poco dopo vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI). Singolare l’episodio di fine ’72 avvenuto tra la gente presente in Piazza San Marco a Venezia durante una visita di Papa Montini (Paolo VI). Questi si toglierà la stola pontificia per appoggiarla sulle spalle di un Luciani incredulo che, tre mesi dopo, da lui stesso sarà nominato cardinale.

Diversi i gialli “pseudostorici”, pubblicati nei vari anni a seguire, che adombrano, nella finzione letteraria, la possibilità di un omicidio di Sua Santità per coprire la possibile scoperta del marcio esistente in speculazioni fasulle e frodi finanziarie coperte dalle bianche vesti vaticane.

Non sono però mancate anche tante voci di senso opposto. Nell’84 farà scalpore - e avrà grandissimo successo di vendite e traduzioni nel mondo - la voluminosa indagine dell’inglese David Yallop “In God’s Name (In nome di Dio)”.

Il saggista dichiara sin dall’introduzione di essere certo dell’assassinio di Papa Luciani, facendo addirittura il nome dei sospettati. Il movente originerebbe da tutti gli scompensi collegati alle vicende dello IOR (Istituto per le Opere Religiose) e all’operato dei suoi tre temerari e loschi banchieri.

La linea di difesa del Vaticano si attesterà sul fatto che il Papa era un uomo fragile di salute delicata, e nessun concreto sospetto è mai nato in alcuno dei familiari o degli stretti collaboratori. I due segretari particolari - Lorenzi e Magee - parleranno poi tardivamente di due malesseri cardiaci di modesto rilievo accusati dal Luciani nello stesso giorno della fine. 

La controinchiesta dell’inglese John Cornwell - svolta nell’87 su mandato del Vaticano e per incarico dell’arcivescovo John Foley (per confutare Yallop e gli altri) - nell’ammasso di deposizioni raccolte dai vari religiosi coinvolti nelle prime ore dopo la fine di Giovanni Paolo I, e con qualche loro decesso intercorso nel frattempo, non approderà a una tesi certa. Del resto, per dirne una, lo stesso archiatra pontificio - il dottor Buzzonetti - nel breve mese del papato non aveva mai visitato il Pontefice.

Ci si orienterà verso un embolo (già sofferto a un occhio da Luciani nel ’75) più che su un infarto, essendo bassa la pressione cardiaca del soggetto. Cornwell riporta tutto - anche il colloquio con Marcinkus - nel suo libro dell’89: “A thief in the night. The mysterious death of Pope John Paul I (Un ladro nella notte. La morte di Giovanni Paolo I)”. Poi scrive la sua versione sul come possono essersi svolti i fatti, probabilmente la più prossima alla realtà ma certo non dirimente (impossibile, d’altronde!).

E termina, in barba al mandante (!): «Lo scrittore lamenta che, nel passaggio di consegne tra medici, il Papa rimase «scoperto» in un periodo di pericolo e disagio. La conclusione della sua indagine, ritiene, è persino «più vergognosa e tragica di qualsiasi teoria del complotto».

Paul Marcinkus (Chicago, 1922 – 2006), vescovo statunitense, Michele Sindona e Roberto Calvi, direttore generale (e poi Presidente) del Banco Ambrosiano, costituiscono la triade dei “banchieri di Dio”.

Questa si romperà nell’estate del ’74. Gli ultimi due compariranno nella lista degli appartenenti alla P2 di Licio Gelli, e Calvi nell’82 sarà trovato impiccato sotto il ponte dei “Frati Neri” a Londra. Il giorno prima il Banco era stato dichiarato in bancarotta. Sindona sarà avvelenato da un caffè al cianuro servitogli nel supercarcere di Voghera nell’86 e morirà, incosciente, due giorni dopo.

Da notare che Marcinkus sarà presidente dello IOR - nominato nel ’68 da Paolo VI - per vent’anni fino all’88. Destinatario di un mandato di cattura nell’87 per il crac del Banco Ambrosiano, evitò il seguito per l’immunità diplomatica.
Landi ci riporta la sua frase più famosa: “La Chiesa non si governa con le Ave Maria”. Le cronache riferiscono - anche se smentite dall’interessato - che trattò molto male Luciani in un colloquio del ’72, forse mettendolo addirittura alla porta.

In sostanza, con un’ipotesi molto probabile, è evidente che: il duro mese di sollecitazioni dovute al lavoro molto oneroso di un Sommo Pontefice, l’enorme mole di impegni di rappresentanza legati al ruolo, una tempra già sollecitata dall’intenso lavoro degli anni precedenti il sommo incarico, potrebbero facilmente aver avuto la meglio su una tempra fisica di non robusta fibra.

Ad avvalorare la tesi potrebbe giovare un importante fattore banale. Lo stesso Papa, in condizione di stress perché oppresso dalle troppe richieste esterne, potrebbe aver finito col dimenticare se stesso trascurandosi, e non sottoponendosi ai controlli medici usuali che sarebbero stati necessari, o meglio, indispensabili per un uomo già in non perfette condizioni fisiche di partenza.

Dunque: “Ha avuto giusto il tempo di farsi amare”.

Luigi Alviggi
Giovanni Landi: La morte di Papa Luciani
prefazione di Barbara Biscotti
RCS Mediagroup, 2022 - pp. 160 – € 6,00


22/7/2022
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