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Cultura
L’ospedale dei Pellegrini
di Achille della Ragione
Tra i tesori di Napoli un posto di rilievo è occupato dall’Arciconfraternita della Trinità dei Pellegrini (fig. 1 – 2), splendido esempio di fede, carità ed arte rimasto immutato dal Cinquecento ai nostri giorni.

Situata nel cuore della Napoli antica, nella Pignasecca (fig. 3 - 4), svolge le sue funzioni con rinnovato vigore e rappresenta con le sue straordinarie opere d’arte, una meta tra le più importanti per gli appassionati di architettura, scultura e pittura.

Nel Seicento a Napoli l’emergenza della povertà era grave quanto e più di oggi, soltanto che allora mancava l’intervento dello Stato e malati e derelitti potevano sperare unicamente sull’aiuto che nobili disinteressati ed animati da pietà cristiana portavano loro attraverso sodalizi, molti dei quali giunti fino ai nostri giorni, a testimoniare tangibilmente che il problema è rimasto sostanzialmente immutato.

L’Arciconfraternita fu fondata da sei artigiani nel 1578, uno dei quali, Bernardo Giovino, fu il promotore dell'iniziativa, per assistere i tanti pellegrini che nel corso dei loro lunghi viaggi sostavano nella città  e nello statuto ci si ispirava ai nuovi principi caritatevoli promulgati da San Filippo Neri, immortalato in uno dei tanti splendidi dipinti (fig. 5) conservati nella chiesa, il quale nel 1548 aveva fondato a Roma la Confraternita dei pellegrini e dei convalescenti.

Alla missione caritatevole verso i diseredati si associava una profonda fraternitas tra i membri del sodalizio, che si completava con il rito estremo della sepoltura.

La prima sede venne aperta nel 1579 presso il convento di S. Arcangelo a Baiano, poco dopo, stante il costante aumento del numero dei pellegrini che chiedevano asilo, fu trasferita in locali più ampi posti nei dintorni di S. Pietro ad Aram, zona non lontana dalla attuale stazione centrale di Napoli ed infine ci si trasferì sui poderi alla Pignasecca di Camillo Pignatelli di Monteleone, nipote di Fabrizio Pignatelli (fig.6), immortalato da Michelangelo Naccherino, nella contigua chiesa di S. Maria di Materdomini.

Egli aveva già fondato sul suo suolo un ospedale per pellegrini con annessa una piccola chiesa. Alcuni anni addietro, all’incirca nel 1570, don Fabrizio Pignatelli, esponente dei duchi di Monteleone, aveva voluto progettare la costruzione di una casa destinata ai pellegrini di passaggio nella città partenopea su di un terreno di sua proprietà ubicato nel quartiere della Pignasecca, nei pressi di via Portamedina.

Quest’ultimo, però, poté assistere solo alla costruzione della chiesa che volle fosse dedicata alla Madonna di Materdomini, in quanto  morì nel 1577, ovvero qualche anno prima dell’inizio dei lavori per la realizzazione della casa d’accoglienza.

Don Fabrizio  lasciò, in eredità,  la chiesa, il suolo ed una cospicua somma in denaro.
Gli esecutori testamentari devolsero, pertanto, il lascito alla Confraternita dei Pellegrini che, intanto, aveva già ottenuto il titolo di Arciconfraternita in virtù della sua attività caritatevole verso il prossimo. Cosicché nel 1591, ci fu l’ultimo e definitivo trasferimento nel nuovo edificio fatto costruire in via Portamedina.

Estesa ben presto la sua assistenza anche ai convalescenti, l'Arciconfraternita rivolse, sul finire del 1700, la sua opera alla cura degli ammalati poveri, che progressivamente presero nel suo ospedale il posto dei pellegrini, il cui numero, per mutate forme di vita, andava diminuendo.

L’ospedale sanitario, succeduto a quello dei pellegrini, fu indirizzato nel 1815, al soccorso dei feriti, mentre furono istituiti gli ambulatori per cure e consultazioni mediche ed un dispensario di medicine, il convalescenziario fu esteso agli ammalati cronici.
E tutto ciò avveniva nell'assolvimento dell'istituzionale opera di carità, con spirito immutato.

Negli anni le strutture murarie hanno subito vasti ampliamenti fino alla fine del Settecento vedendo all’opera generazioni di architetti e furono ampliati anche i reparti.

Possiamo ora ammirare alcune foto di archivio che ci mostrano la prima il Pronto soccorso (fig. 7) nel 1922 e la seconda una corsia gremita di malati (fig. 8) e le possiamo paragonare con alcune scattate di recente e fare gli opportuni paragoni.

Vediamo prima come appare oggi l’ingresso al Pronto soccorso (fig. 9), una corsia munita di moderne attrezzature (fig. 10) ed un gruppo di medici (fig. 11): le dottoresse non sono proprio bellissime, ma posso assicurarvi bravissime.

Ricostruito l'ospedale di Via Portamedina dopo le distruzioni arrecategli dal conflitto 1940-43, ampliandone l'attività in tutti i settori clinici, l'Arciconfraternita si volse a costruirne un altro, che volle ubicare sulla collina di Capodichino, per andare incontro ai residenti delle zone periferiche ed extraurbane.

Ricostruito l'ospedale di Via Portamedina dopo le distruzioni arrecategli dal conflitto 1940-43, ampliandone l'attività in tutti i settori clinici, l'Arciconfraternita si volse a costruirne un altro, che volle ubicare sulla collina di Capodichino, per andare incontro ai residenti delle zone periferiche ed extraurbane.  
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22/5/2021
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