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Quando il capitone arrivava
con la marotta
di Adriano Cisternino
Natale in lockdown. Siamo rossi, saremo gialli, libertà condizionata, vigilata... Così è il Natale ai tempi del Covid. Il vaccino è in arrivo, qualcosa cambierà col 2021? Chissà! Restiamo in fiduciosa attesa dell'ennesimo dpcm.

Ma il capitone (o l'anguilla) non è in discussione. Almeno quello non ce lo possono togliere. Sul capitone non si transige. Lo ha detto anche Renzo Arbore, foggiano d'origine ma ormai ampiamente napoletanizzato.

La storia racconta che già nel 1200 Federico II di Svevia, oltre a fondare a Napoli una delle università più antiche del mondo, fosse anche appassionato della buona cucina, con particolare attenzione - appunto - al capitone. Lo inseriva sempre nel menu delle grandi occasioni, o delle cene con ospiti importanti.

Ma come arriva il capitone nelle pescherie napoletane? Gli storici raccontano però che già nella seconda metà dell'800 anguille e capitoni arrivavano a Napoli dai celebri allevamenti delle valli di Comacchio. Arrivavano via mare con la “marotta”. E che cos'è o che cos'era la “marotta”?

Giovanni Raminelli, ferrarese, appassionato di storia del territorio, spiega nel suo blog che la “marotta” era in realtà una tipica imbarcazione comacchiese di circa tredici metri e larga quasi tre, variamente sforacchiata sulle pareti e utilizzata per il trasporto via mare delle anguille vive ai mercati anche molti distanti.

In pratica le “marotte”, trainate da grandi barche a vela, partivano dalla città lagunare emiliana sul delta del Po, famosa per la produzione di anguille, e scendevano lungo l'Adriatico, doppiavano lo stretto di Messina sfidando anche tempeste di mare, ed arrivavano nei porti della Campania cariche di anguille e capitoni che continuavano a vivere nel loro ambiente potendo fruire di un continuo ricambio di acqua di mare grazie ai fori sulle pareti delle “marotte”.

Son passati secoli, passerà (si spera) il Covid, ma niente ferma la tradizione del capitone che resta un caposaldo della cucina natalizia napoletana, immancabile la sera della vigilia, tradizione irrinunciabile, per svariati motivi. Innanzitutto per scaramanzia.

Il capitone è in effetti il serpente di mare e il serpente è simbolo del maligno, e allora mangiare il capitone significa scacciare il male e la malasorte.

E allora, mai come in questo sciagurato 2020 del Covid, nel menù di Natale non può mancare il capitone a tavola, che non arriva più con la “marotta”. Le grandi autostrade e lo sviluppo della rete ferroviaria hanno ridotto tempi e distanze.
25/12/2020
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