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Recensioni
Norvegian Wood di Harubi Murakami
di Luigi Alviggi
Questo quinto romanzo, un gran successo mondiale del 1987, è stato quasi interamente scritto a Roma da Murakami Harubi (Kyoto, 1949) - ricordiamo che in questa lingua il cognome precede sempre il nome - scrittore, traduttore e accademico giapponese.

Egli stesso lo definì: “bello, malinconico, delicato, e compatto”, e ancora, un “romanzo d’amore molto personale e dedicato agli amici che sono morti e a quelli che restano”.

L’idea gli nacque da una canzone dei Beatles ascoltata in sottofondo mentre sta atterrando all’aeroporto di Amburgo. Il passato si scatena, avventandosi su di lui e imprigionandolo. Lo conquista una impellente nostalgia per il complicato mondo di fine adolescenza e per le amicizie che allora imperano sovrane.

Avrebbe dovuto chiamarsi “Il giardino sotto la pioggia”, dall’omonima sonata per pianoforte di Debussy, ma l’esteso sviluppo e l’intensa forza umana che lo pervade fecero ritenere inadeguato quel primo titolo rispetto alla sonata, come ci racconta l’Autore nella sua nota del 2006 riportata nel libro. La prima pubblicazione in Italia fu del 1993 con il titolo “Tokyo blues”, adottato a motivo dell’abbondanza di riferimenti musicali presenti nel testo. Il libro è un ampio sviluppo del racconto “La lucciola (Hotaru)” scritto cinque anni prima, e da esso è stato tratto anche un omonimo film giapponese del 2010.

Il romanzo d’esordio di Murakami, nel 1979, fu “Ascolta la canzone del vento”. Il libro tratta di uno studente che passa il suo tempo al Jay’s Bar – locale effettivamente tenuto da Harubi per breve tempo – in compagnia del Sorcio, un altro studente ricco e solitario.

Il vecchio Jay, come un fratello maggiore, diviene il confidente delle loro delusioni. Poi il narratore incontra una ragazza lavorante nel negozio vicino e, attratto, la frequenta fin quando lei d’improvviso scompare e dal lavoro e dalla sua vita.

Capirà allora che è stato solo lui a confidarsi con lei nel tentativo di alleggerirsi del mistero insoluto di una sua ex, finita suicida, e in nulla ha saputo davvero impegnarsi per conquistare la fanciulla. In questo lavoro lo scrittore indaga su un piccolo gruppo di giovani colti nel passaggio dall’adolescenza al traguardo dei venti anni, di solito a direzione univoca: turbamento totale dei sentimenti, differenti valutazioni sul mutevole esterno, facilità di fiammate erotiche, instabilità di affetti.

Le simpatie, il sesso, l’amore, movimentano l’età e vengono esplorati e narrati a tutto tondo. In genere attraverso lunghi dialoghi, o incontri a tre di giovani, nel diverso contesto che si va manifestando nella vita di questi quasi adulti ai primi ingressi nella realtà con cui dovranno convivere.

Qualcuno soccomberà a fronte dei piccoli traumi ripetuti che finiscono col condizionare la vita di chi ancora non ha avuto tempo né occasioni bastevoli per consolidare fondamenta stabili.

Proprio l’arrembaggio incontenibile verso ogni cosa, aspetto base degli anni verdi, può innescare un meccanismo devastante che non lascia tempo per metabolizzare l’accaduto e, in un altrettanto breve volgere di prospettiva, innalza una barriera contro la quale è difficile averla vinta.

Straordinaria l’abilità di Murakami di approfondire il vissuto dei personaggi, partecipato in minuto dettaglio al lettore.

Anche se essi non sempre sanno esprimere quanto si agita dentro, si comportano in accordo con l’intimo giudizio su quanto stanno vivendo, pur scorrendoci dentro senza un preciso orientamento. Osserva Giorgio Amitrano, nella sua estesa e brillante prefazione:

Vi è insomma una miracolosa sintonia tra l’autore, la propria ispirazione e la capacità ricettiva del pubblico, composto in gran parte da giovani che alla fine degli anni sessanta non erano nati o erano ancora piccoli, e che ciò nonostante si rispecchiano perfettamente nei personaggi.

La trama di “Norwegian wood” è la lunga storia - raccontata in flashback dal protagonista Watanabe Tōru prossimo alla maturità dei quarant’anni (la prima per tutti, no?) - del giovane universitario di fine anni 60 del secolo scorso, studente a Tokyo, in un periodo di forti agitazioni studentesche e di conseguenti ulteriori sbandamenti, in Giappone come altrove. Acutamente osserva ancora il prefatore sul protagonista:

Come la maggioranza degli adolescenti, Tōru non è consapevole delle proprie qualità, si sente dissonante rispetto al concerto del mondo, continuamente assalito dal dubbio di avere sbagliato o poter sbagliare, ma anche guidato da un ostinato e personale senso della morale, ed è questo senso del «giusto», più istintivo che meditato, che lo fa sentire diverso dai giovani rivoluzionari, e lo spinge piuttosto verso la solitudine”.

Tōru divide la stanza all’università con Sturmtruppen, un ragazzo balbuziente e ossessivo per l’ordine imposto allo spazio comune, che scompare dal libro come già visto per personaggi di quest’Autore. A Tokyo Tōru incontra Naoko, vecchia amica del liceo a Kobe e fidanzata del suo amico più stretto, Kizuki. Non l’aveva più vista dopo il funerale di questi, morto suicida.

In lui nasce l’amore per la fanciulla e si frequentano molto. Quando lei lascia la città la rivedrà solo molto tempo dopo, ricoverata in un Istituto psichiatrico. Nelle parole scambiate, a una visita in quel luogo, si esplicita un grosso ostacolo dell’affacciarsi di un giovane alla realtà adulta:

- Il nostro era un legame indissolubile. Quindi, se Kizuki fosse ancora vivo, molto probabilmente noi due staremmo ancora insieme, ci ameremmo e avremmo già cominciato a poco a poco a diventare infelici.
- Perché?
Naoko si passò alcune volte la mano fra i capelli. Dato che non aveva più il fermaglio, quando guardava in basso i capelli ricadevano nascondendole il viso.
- Forse avremmo dovuto pagare il nostro debito nei confronti del mondo, - disse Naoko sollevando il viso -. La difficoltà di crescere, per esempio. Ci sarebbe arrivato il conto di quel prezzo che avremmo dovuto già pagare. Perciò Kizuki ha f:atto quella fine e io sono finita qui dentro. Noi siamo stati come due bambini nudi cresciuti su un'isola deserta, che se hanno fame mangiano una banana, se si sentono tristi si abbracciano e dormono insieme. Però non potevamo continuare così in eterno. Diventavamo grandi, ed era tempo di entrare nella società. Perciò tu sei stato molto importante per noi. Per noi tu significavi il legame che ci metteva in rapporto col mondo esterno. Noi ci sforzavamo di assorbire il mondo esterno grazie alla tua intermediazione. Purtroppo poi non ha funzionato.


Incontrerà poi Midori, compagna di corso all’università, di carattere opposto a Naoko, restando attratto anche da lei per il fascino dei contrari al quale tanti uomini sono soggetti.

Midori, ragazza pratica ed estroversa, avrà la meglio su Naoko, troppo complicata e sofferente per disturbi mentali, che non saprà rispondere a quanto Tōru si ostina a cercare, seppure in forma poco consapevole.

Nagasawa, altro studente amico, lo affascina per la spregiudicatezza degli atteggiamenti, e sarà il suo nocchiero verso molte facili avventure con ragazze compiacenti occasionali. Nagasawa è sfrontato e perverso, e anche la sua fidanzata Hatsumi, sofferente per i tanti tradimenti e infine da lui abbandonata, nonostante si sposerà poi con un altro, finirà con l’uccidersi dopo qualche anno. Lo stile di Murakami è piano e scorrevole, piacevole e rapido a leggersi, di sicuro anche questo ha contribuito al suo grande successo.

Descrive con accuratezza i tanti ricordi di Tōru di quegli anni unici. Tra i sentimenti dell’età il sesso ha sicura prevalenza e l’Autore, nella precisione del registro narrativo, sente di non dover omettere dettagli riposti dei personaggi che, di grande importanza, aiutano ad inquadrarli nel temperamento e nelle situazioni di vita incontrate.

Molteplici le narrazioni di episodi intimi tra Tōru e i suoi due veri amori ma, diciamolo subito, non sono affatto di compiacenza oscena quanto piuttosto, nella ricerca delle verità essenziali, di chi non vuol frapporre ostacoli nel descrivere anche le cose più segrete (e più comuni) che possono accadere tra due innamorati.

La malinconia, lo stato d’animo che sottolinea l’inquieto modo di sentire ogni bel ricordo, è caratteristica dei racconti in flashback, quando il ricordato, tramortito dal vortice del passato, viene avvolto da un alone di rimpianto e di perdita inevitabile.

Ed essa è ancora accentuata dalla omonima canzone dei Beatles (1965) – anch’essa storia di un fugace ricordo – che Murakami decise infine di adottare quale titolo definitivo del libro:

I once had a girl, or should I
say, she once had me...
She showed me her room,
isn’t it good, norwegian wood?
……
And when I awoke, I was
alone, this bird had flown.
So I lit a fire, isn’t it good,
norwegian wood.

0,

(Una volta avevo una ragazza, o dovrei dire che lei una volta aveva me... Mi mostrò la sua camera: non è bella, legno norvegese? ….. E quando mi svegliai, mi ritrovai solo, l’uccellino era volato via. Così accesi un fuoco, non ho fatto bene, legno norvegese.)

Scompaiono, dunque, non solo i personaggi di Murakami. Nel libro però il significato è quello di “Foresta norvegese”, ma anche la canzone dei Beatles è abbastanza ambigua nei due versi finali su cosa davvero accada nella camera ad opera del ragazzo!

Oltre i tantissimi richiami musicali, numerosi nel testo anche i richiami alla letteratura di lingua inglese: Scott Fitzgerald, Salinger e Dickens prevalenti, maestri dichiarati di quest’Autore. E Tōru è stato tantissimo confrontato con il giovane Holden, protagonista del romanzo del 1951 di Salinger.

Un libro, dunque, di intensa e profonda malinconia a comporre la quale si fondono – a mio giudizio - tre filoni inoppugnabili:

Il primo è quello della giovinezza alle spalle, irripetibile: risuona un sottofondo di “ricerca del tempo perduto” che a tratti appare la nota principale dello scritto. Per quanto sia arduo il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, esso è il periodo più bello della vita per i grandi cambiamenti personali che devono essere affrontati e assorbiti di continuo, e poi per l’appagamento di quell’incoercibile desiderio di novità che, mai come in quegli anni, sembra davvero fiorire giorno dopo giorno. Aspetto negativo è l’ansia perenne che possiede e si alimenta nel giovane, perso di fronte alle tante incertezze che avvolgono ogni decisione che la vita lo costringe a prendere.

Il secondo è che, per quanto Tōru sia introverso e riflessivo, la quantità di cose che gli capitano non è certo comune e, non ricco di famiglia, non pare mai passarsela male. Merito certo della disponibilità a trovarsi un lavoro per mantenersi agli studi, ma anche di un acume innato che lo porta a scegliere la via migliore per il proprio beneficio, e questo aspetto certo mai può durare per tutta la vita.

Il terzo è che le vicende narrate sono molto altalenanti. Passano da momenti di estrema felicità per affetti ritenuti corrisposti, o presunti tali, a lutti irreversibili che caricano di ombre pesanti il futuro che seguirà. Le morti precoci scavano ancor più il tormentato cammino di una giovane vita e, quando con esse tramontano affetti di forte spessore, fatalmente in chi resta si scava un fossato dal quale è davvero difficile l’animo umano riesca a venir fuori. Resta fissato per sempre solo il passato comune, monco di chi non è più con noi. Poi, osservando la vita intorno proseguire, poco alla volta si è spinti a rientrare nell’acqua del proprio fiume e la corrente trascinante ha un palese effetto benefico permettendo di riconoscersi, e QUASI tornare ad essere come prima.

Nelle pagine non c’è traccia di magismo o, peggio, di surrealismo qualunquista, credo che si possa piuttosto definire il tutto come la rappresentazione di un “sogno lucido”, alla stregua del miglior Fellini regista.

La lettura, quando finita, lascia in una condizione singolare. Fuor di dubbio l’opera è molto bella, e lascia traccia di un che di estraneo all’usuale impronta di vita. Veniamo esposti a una raffica di tempeste emotive non facili a estinguersi, e lo stimolo a meditare ci accompagna per un po’ prima di lasciarci, ma non senza eredità: siamo cresciuti “dentro”. Un risultato questo sempre e assolutamente vantaggioso.

D’altro canto non dobbiamo dimenticare che, mentre stiamo a tormentarci di fronte una decisione difficile da cui dipende gran parte del nostro futuro, il destino può inalberarsi, improvviso e violento, e cava lui per noi in un istante il ragno annidato nel buco!

E ora, per concludere, possiamo chiederci quale può essere il significato del titolo scelto? Nessuno vieta di farlo.

Un’interpretazione potrebbe essere che la vita, per tutti, rappresenta un percorso accidentato in un bosco gelido e solitario qual è quello di un freddo paese scandinavo. È difficile trovare lungo questo cammino un conforto che si offra allo sperduto viandante nel luogo sconosciuto e ostile.

E l’amore, la salvezza universale, in questo libro non è mai piano e scorrevole. Motivi vari – ricordi, rimpianti, errori – rendono ancora più complicato il procedere. Una metafora, dunque, dell’umano cammino? Possibile, è solo un’opinione...

Di sicuro per Tōru e la compagna la vita non sarà una facile passeggiata…

questo libro è dedicato a tutti i miei amici che sono morti e a quelli che restano

La morte non è l’opposto della vita ma una sua parte integrante.”

Luigi Alviggi



Murakami Haruki: Norwegian wood (Tokyo blues)
Traduzione e introduzione di Giorgio Amitrano
nota dell’Autore del 31.03.2006 x
postscriptum dell’Autore del giugno 1987
RCS MediaGroup, 2020 – p. 396 - € 8,90 








20/6/2020
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