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Calcio
Napoli-Inter a porte chiuse
come al Bernabeu col Real
di Mimmo Carratelli
(da: Corriere dello Sport del 09.06.2020)
Questa semifinale di Coppa Italia con l’Inter al San Paolo a porte chiuse, eredità del Covid-19, non è una novità per noi vecchi cronisti delle maglie azzurre. Il ricordo va al match col Real Madrid del 1987. Era settembre.

Conquistato il primo scudetto, la partecipazione alla Coppa dei campioni ne fu la nobile conseguenza. Il Napoli di Maradona entrò nel regno delle squadre leggendarie. E perché l’ingresso nell’olimpo europeo fosse adeguatamente celebrato, il sorteggio del primo turno assegnò al Napoli la squadra delle leggende, il Real Madrid.

Non era più il Real degli anni Cinquanta, con Puskas, Di Stefano e Gento, ma la formazione regina di Spagna conservava ancora l’aplomb dello squadrone e il fascino del passato aveva il suo peso sul campo. In ogni caso, allenato dal celebre Beenhakker, il Real disponeva di autentici assi come l’elegante Michel e l’avvoltoio Butragueno più un banda di irriducibili, dai difensori Sanchis e Chendo ai centrocampisti Gallego, Martin Vazquez e Gordillo.

Il Napoli non fu confuso dall’avversario d’alto rango, ma dalla strana atmosfera della prima gara al “Bernabeu” senza pubblico per la sanzione dell’Uefa dopo gli incidenti dell’anno prima nel corso della partita dei madrileni contro il Bayern. Il Real ebbe la grazia della gara a porte chiuse scansando il campo neutro.

Il match iniziò a un orario tutto spagnolo, le 21,45, e Giordano disse: “Vuol dire che prima andremo al night”. Mancavano, nel Napoli, Carnevale per incomprensioni con Bianchi, Francini e Careca infortunati. In queste condizioni, bisognava badare a limitare i danni. Luciano Sola, una vita da operaio di centrocampo, fu innalzato alla gloria della Coppa dei campioni.

Nel silenzio irreale del “Bernabeu” si udirono perfettamente gli insulti dei madrileni agli azzurri, “mafiosi, mafiosi”, e quelli dei presenti in tribuna con i giornalisti spagnoli che insultarono in continuazione Maradona. Su Bagni le maggiori attenzioni in campo, picchiato in continuazione.

Ciro Ferrara marcava Butragueno e Bruscolotti, coraggioso guerriero a 36 anni, un premio alla sua carriera quella presenza a Madrid, se la vide col tosto Santillana. L’arbitro era il romeno Igna, ospite ad aragoste e champagne, la sera prima, del ristorante “La Trainera” dove il Real rifocillava i direttori di gara.

Renica, scivolando sul prato umido, agganciò Sanchis in area e il rigore fu immediato. Dal dischetto, Michel fece gol a Garella. Giordano ebbe la palla del pareggio su una uscita a vuoto del portiere Buyo, ma la fallì a porta vuota. E, a inizio di ripresa, un colpo di testa in tuffo di Renica, su una punizione magica di Diego, mandò il pallone sul palo con Buyo immobile.

Pagammo caro i due errori perché, a un quarto d’ora dalla fine, il Real raddoppiò rendendo consistente il vantaggio per il ritorno. Tendilo sparò una palla nel mucchio della difesa azzurra con Butragueno in fuorigioco. Ci fu una deviazione di De Napoli e fu 0-2. Battuti da un rigore e da un autogol.

Giocò gli ultimi due minuti di quella partita Ciccio Baiano, ragazzo napoletano di 19 anni. Era figlio di un barbiere la cui bottega affacciava davanti allo stadio “San Paolo”. Ciccio esibiva giocate definite brasiliane e perciò s’era preso il nomignolo di “Baianito”.

Bagni uscì dal campo facendo il gesto dell’ombrello a Beenhakker. Ferlaino urlò tutta la sua rabbia: “L’arbitraggio è stato scandaloso”. Finì tutto a spintoni e maledizioni.

10/6/2020
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