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Cultura
Mozart a Napoli, 250 anni fa
di Adriano Cisternino (da: Roma del 14.05.2020)

Conferenze, rievocazioni, concerti ed altro ancora avrebbero potuto e dovuto celebrare i 250 anni di Mozart a Napoli. Pioggia e fresco accolsero il 14 maggio 1770 Leopold e Wolfgang Mozart, padre e figlio, provenienti da Roma, con una lettera di presentazione per il ministro plenipotenziario Bernardo Tanucci, toscano di Arezzo, portato a corte da Carlo di Borbone, padre del futuro re Ferdinando. 





Un clima fresco che non dispiacque agli ospiti austriaci, abituati alle più rigide primavere mitteleuropee. Ma poi il giovanotto apprezzerà il sole mediterraneo: “Tu sai che il Wolfg ha sempre desiderato di essere abbronzato”, scriverà Leopold alla moglie.





In tempi di coronavirus però, ancorché in fase-2, scordiamoci concerti e qualsivoglia occasione di assembramento (possiamo sperare solo in qualche spolverata televisiva). Ma nulla ci impedisce di spendere almeno qualche parola per ricordare e un po' celebrare questo anniversario che fa parte della storia della musica e del ruolo di questa città nella storia della musica.





14 Maggio - 25 giugno, 42 giorni, un soggiorno cospicuo, sufficiente per conoscere e farsi conoscere in un mondo di musica e musicisti già rinomato in Italia ed in Europa per lo sviluppo e le competenze presenti. Al di là di un San Carlo in piena attività e di altri teatri minori, c'erano tre conservatori in città (il quarto era stato appena assorbito) dove arrivavano giovani da mezza Italia per studiare, diplomarsi, e poi svolgere attività concertistica o di composizione. Perché qui c'era mercato e sete di musica.





Nel suo “Viaggio musicale in Italia”, pochi mesi dopo, il musicologo Charles Burney (aveva già incontrato Mozart a Bologna) scriveva: “Arrivando in questa città ero preparato all'idea di trovarvi la musica al più alto grado della perfezione”. E poi: “Qualche persona amante della musica potrebbe giungere nella città dei due Scarlatti, di Vinci, Leo, Pergolesi, Porpora, Farinelli, Jomelli, Piccini, Traetta, Sacchini e tanti altri compositori ed interpreti di primo piano, sia vocali che strumentali, senza provare la più viva attesa?...”.





I 42 giorni dei Mozart a Napoli hanno lasciato rare tracce negli scritti dell'epoca (e vedremo anche perché), ma hanno indotto numerosi musicologi moderni ad indagare e raccontare. Numerose sono infatti le pubblicazioni sul tema. 





Ma le notizie di quel soggiorno sono emerse soprattutto dalla corrispondenza epistolare fra i Mozart e le loro donne, Anne Marie e Nannerl, madre e sorella di Wolfgang, rimaste a Salisburgo. 





Un dipinto di Pietro Fabris, pittore napoletano, ritrae i Mozart (a sinistra nel quadro) a casa di lord Fortrose ed è custodito presso la National Gallery di Edimburgo.





Pasquale Scialò, musicista e musicologo napoletano, ha dedicato all'argomento un libro, “Mozart a Napoli”, Guida Editore, 1991, 64 pagine, nel quale riferisce tra l'altro - da una lettera di Leopold a sua moglie da Roma, datata 4 luglio 1770 - “Wolfg è visibilmente cresciuto a Napoli”. Citazione sufficiente per dimensionare lo spessore della permanenza napoletana dell'appena quattordicenne Wolfgang, che tuttavia era già un fenomeno: si era esibito con successo davanti alle corti di mezza Europa. Pochi giorni prima, a Roma, aveva trascritto a memoria il Miserere di Allegri, dopo averlo ascoltato una sola volta, con pochissimi ed irrilevanti errori.





Novelle K666 – Fra Mozart e Napoli” (Einaudi, 2007) , è un libriccino ormai introvabile di Roberto De Simone che sottolinea palesi tracce napoletane scavando fra le note del genio salisburghese.





Musica, ma anche archeologia, mineralogia, moda ed altro ancora negli interessi dei due austriaci a Napoli. In “Mozart – Scene dai viaggi in Italia”, pagg.350, Il Saggiatore, ancora fresco di stampa, il giornalista e musicologo Sandro Cappelletto racconta anche il loro apprezzamento per l'eleganza napoletana: “Il sarto sta lavorando a due vestiti che ho scelto in compagnia di Mr. Meuricoffre - scrive Leopold alla moglie - . Il mio è quasi Pampadour, ma di una sfumatura più tendente al rosso ciliegia scuro, in amoerro marezzato, foderato di taffettà azzurro cielo e con bottoni d'argento. Quello di Wolfg è in amoerro marezzato color verde mela, con bottoni d'argento e foderato di taffettà rosa”.





E poi, tanto turismo, da Pompei a Cuma, sostenuto anche da sir William Hamilton, ambasciatore inglese, conosciuto qualche anno prima a Londra, archeologo e vulcanologo, che alla fine del soggiorno omaggia la coppia di una collezione di minerali rari del Vesuvio.





Anche la superstizione popolare lascia il segno. Durante un concerto alla Pietà dei Turchini il pubblico è convinto che la straordinaria abilità del giovane Wolfg sia merito soprattutto del flusso magico di un anello che egli porta al dito. Ma anche senza l'anello la qualità del suono resta immutata. E il popolo si convince.





Numerosi i concerti, che allora si chiamavano “accademie”, in ville private o teatri: unico modo per raggranellare un po' di soldi e ammortizzare le spese di viaggio. Non mancano gli inviti a corte, ma Ferdinando, il re lazzarone, non ha grande passione la musica, e la regina Carolina, austriaca, è gentile. Non di più. 





La coppia reale non sentirà mai suonare il giovane Mozart che ha fama soprattutto di “enfant prodige”, piuttosto che come musicista completo e geniale, quale in realtà già è.





Una scrittura a Napoli vale più di cento concerti in Germania”, scriverà Wolfgang qualche anno dopo. Ma lui non comporrà per Napoli e non perché non gliene capiti l'occasione. Racconta Cappelletto: “Giovanni Tedeschi, detto Amadori, ex-contraltista, ora impresario del San Carlo, offre a Wolfgang di comporre un'opera per il suo teatro, ma non se ne farà niente: c'è un contratto già firmato con Milano”.





Napoli riapparirà sullo sfondo di “Così fan tutte”, ambientata proprio sul Golfo. Ennesima testimonianza che questa “città del Vesuvio fumante” (come amava definirla) gli è rimasta nel cuore.







14/5/2020
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