Cultura
il Cilento nel mito e nella storia
di Franco Polichetti
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Alle Sirene giungerai per prima
Che affascinan chiunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca.
Chiunque i lidi incautamente afferra
Delle Sirene, n’ode il canto, a lui
Né la sposa fedel, né i cari figli
Verranno incontro su le soglie in festa
(Omero Odissea libro XII vv. 52-58)
Non a caso arcane leggende hanno in quel tratto di mare “tra punta Peloro e le isole Sirenuse” (da intendersi forse tra lo stretto di Messina e le l’isola di Capri) collocata la sede delle mitiche Sirene, ibride fanciulle dal corpo di uccello e robusti artigli con testa umana su busto femmineo dalle pronunciate mammelle.
Vaganti in questo ampio tratto di mare e seducenti per il loro canto esercitavano sugli uomini un’attrazione irresistibile quando questi, ignari, passavano nelle vicinanze delle isole da loro abitate, in modo che le navi finissero contro le rocce e li divoravano.
Ulisse invece per ascoltarle si fece legare all’albero maestro, e ordinò a tutti i suoi compagni di tapparsi le orecchie con cera. Si dice che allora le Sirene indispettite si gettarono in mare e divennero scogli. Noto è il passaggio degli Argonauti al comando di Giasone, che riuscirono a superare il loro incantesimo grazie alle melodie di Orfeo.
Anche noto è l’episodio di Palinuro timoniere di Enea che all’altezza di un promontorio poco prima di Marina di Camerota finì nelle acque in cui trovò la morte per mano violenta. In memoria di questo evento quel promontorio oggi si chiama Capo Palinuro.
Il Cilento dunque ha da sempre ispirato poeti e cantori. Da Omero a Esiodo ad Apollonio Rodio, a Virgilio tutti hanno inneggiato a questa terra dalla magica aura che è manifestazione sacra cioè ierofania di luci e di scogli tra verdeggianti frascheggi, inviluppo di fruscii di fogliami e suoni di acqua sgorgante da massi calcarei.
Contrasti di marine e montagne di una bellezza delicata e selvaggia, ancora in gran parte intatta, paesaggio frammisto di casolari sparsi e di minuscoli centri abitati, depositari di storie antichissime.
Forziero di miti, di arti, e di essenze argive trapiantate sulle coste campane. Sede di scuole di pensiero rese famose da celebri filosofi; quivi insegnarono Senofane, Parmenide, Zenone che fecero risuonare del loro sapere le splendide architetture doriche dei templi meravigliosi, vestigia dell’arte ellenica; successivamente arricchiti di rocche alto-medioevali, feudi muniti di torri costiere riparo e difesa dalle scorrerie saracene avvolte tutte in un fascino arcano.
Alito di sacralità sorgente da tutti questi monumenti insigni, brezza di un’aria leggera intrisa di profumi antichi ma sempre attuali e graditi che eccitano le narici con il solletichio degli effluvi che fuoriescono dalle cucine di campagna e si spargono d’intorno, mentre formose e poppute massaie, in creativa smaniosa attività, gareggiano nell’elaborazione delle messi che furono care a Cerere e Demetra, sotto lo sguardo vigile e raffinato della novella, autoctona Adefagea.
Col nome Cilento viene indicata quella parte dell’estremo meridione del territorio campano che a ovest ha il suo confine nel tratto di costa dei golfi di Salerno e di Policastro compreso tra i fiumi Sele e Bussento, mentre al nord è delimitata dai monti Alburni e ad Est dal Vallo di Diano.
Nell’antichità il Cilento più interno fu abitato dai Lucani, mentre sulla fascia costiera si vennero insediando coloni greci forse Trezeni (dalla città di Trezene in Argolide ma provenienti da Sibari, dove in un primo tempo si erano stabiliti), che vennero a occupare la fascia costiera che poi storicamente sarà la Magna Grecia.
Il nome Cilento deriva, come ormai è quasi concordemente accettato dagli studiosi, da cis Alento (cioè al di qua dell’Alento) quantunque questo fiume, che lambisce con il suo ultimo tratto l’antica città di Elea, non ne segni più il confine.
Il confine sud attuale infatti è segnato dall’abitato di Casaletto Spartano e dal rio Casaletto che lo costeggia con il suo corso in una successione di suggestivi scorci panoramici fino all’abitato di Sapri.
Gli antichi lucani dunque popolarono le alture del Cilento abitando in capanne e piccoli agglomerati. Gli attuali centri abitati si sono formati intorno agli insediamenti dei monasteri e delle chiese che vi eressero lungo balze e poggi prima i monaci Basiliani e poi i Benedettini “erranti” della Badia di Cava dei Tirreni.
Tra il 600 e 700 d.C. con la conquista longobarda il Cilento entrò a far parte del castaldato lucano, cioè di una di quelle circoscrizioni territoriali in cui i longobardi divisero il territorio conquistato per esercitarvi il controllo.
Ponevano a capo del Castaldato, un amministratore, il castaldo, che dava conto della sua gestione direttamente al Re. Il castaldato lucano fu successivamente diviso in contee tra cui quella del Cilento.
Concentro la mia descrizione del Cilento su questa parte più meridionale della regione perché la parte settentrionale è più nota e celebrata per essere stata come già descritto culla del pensiero filosofico e delle arti di cui i siti archeologici ci hanno restituito splendidi resti col tempio di Hera Argiva alla foce del Sele, con i meravigliosi templi di Paestum, con Elea (attuale Ascea), con Palinuro che con Camerota Marina ci hanno conservato nelle numerose grotte costiere testimonianze di frequentazioni umane di quattrocentomila e più anni fa.
Il basso Cilento è delimitato dai bacini idrografici dei fiumi Bussento, Lambro e Mingardo, comprende nella parte nord il massiccio del monte Bulgheria, includendo la parte del golfo di Policastro da Capo Palinuro fino a Sapri. Un interessante esempio di fenomeno carsico, con un tratto sotterraneo del suo corso al di sotto del territorio di Caselle in Pittari è dato dal Bussento le cui acque si inabissano per lunghi tratti.
Questa parte del Cilento è la meno popolata data l’impervietà del territorio. I suoi centri abitati risentono dell’influenza del rilievo e dell’idrografia; essa comprende i Comuni di Alfano, Camerota, Casaletto Spartano, Caselle in Pittari, Celle di Bulgheria, Centola, Cuccaro Vetere, Futani, Ispani, Laurito, Montano Antilia, Morigerati, Pisciotta, Roccagloriosa, Rofrano, San Giovanni a Piro, San Mauro La Bruca, Santa Marina, Sapri, Torraca, Torre Orsaia, Tortorella e Vibonati.
Tutti questi centri proprio perché poco interessati dalle grandi correnti turistiche moderne hanno conservato incontaminata la loro tradizione di costumi e di vita contadina in cui si riscontrano residui di arcaiche importazioni compiute da quei coloni greci che raggiunsero questi lidi quasi 3000 anni fa.
Esempi evidenti sono nelle numerose manifestazioni folcloristiche che si tramandano da secoli , come a Casaletto Spartano, dove il 1º maggio gruppi di giovanotti questuanti, vanno di casa in casa a chiedere legumi di ogni tipo.
Vengono cotti separatamente e poi la sera nella piazza del paese sono preparati tutti insieme, non meno di 13 tipi, in una grande caldaia e conditi con olio e sale. I paesani ne prendono una porzione come augurio di prosperità e abbondanza dei raccolti.
Questo caratteristico piatto, con qualche variante, è consumato anche a Ispani, dove si chiama "cuccìa", dal greco "kykeon" miscuglio: in questo paese viene allestita ogni anno ad agosto la Sagra della Cuccìa, con giochi per adulti e bambini, una sfilata di costumi d'epoca e al culmine della serata viene servito il tradizionale piatto.
A Cicerale questo piatto si chiama "cecciata", a Castel San Lorenzo e Stio, a Pellare, Moio e Vallo della Lucania è noto col nome di "cicci maritati”.
Un cibo rituale era la pansperma, una mescola di tutti i semi, presente nella Grecia arcaica come ci riferisce Platone nel Timeo. Un altro esempio di ricchezza di tradizioni, questa volta religiose, sono i riti della settimana santa.
È interessante anche la tradizionale festa che si svolge a Trentinara, la terrazza del Cilento. Qui all'ombra del monte Vesule, ogni anno si svolge la "Festa del Pane e delle tradizioni Contadine", che si conclude con danze e canti popolari avvolti da un'atmosfera d'altri tempi.
Un altro piatto tipico del Cilento viene preparato a Palinuro. Si tratta di gustosi rotoli di pizza, noti anche come le Viviane, imbottiti con una base di pomodoro e mozzarelle e farciti a piacere.
La "ciambotta", detta nei tempi antichi, "Ciammardola", è il piatto tipico di Marina di Camerata.
Ho voluto soffermarmi alquanto su questo aspetto della civiltà e dei costumi del basso Cilento perché ancora oggi visitatori desiderosi di gustare piatti genuini di antichi sapori ne sono frequentemente alla ricerca.
Ne è guida attenta ed esperta la “gustosissima” novella Adefagea Francesca Pellegrino.