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Calcio
Lo scugnizzo di Posillipo con Napoli nel cuore e nel gol
di Mimmo Carratelli (da: Corriere dello Sport del 03.03.2020)
E, alla fine, sotto la barba hollywoodiana batte un cuore napoletano. Papà Aurelio, papà Aurelio aleppe. Giubilo nell’intera città di Napoli per l’accordo con cui ha trattenuto Mertens per altri due anni in maglia azzurra. Il presidente vituperato, che gode nel farsi vituperare, si iscrive nel registro degli innamorati. Da pappone a papino.

Tammurriata azzurra. Aurelio chiamma a Ciro, sissignore, chiamma a Ciro. Ciro Mertens, e chi sennò ? Domenica primo marzo a Napoli, umidità al 73 per cento, temperatura attorno ai 10 gradi, venti da nord, onde tumultuose e grigie nel golfo, ecco sulla terrazza panoramica dell’Hotel Vesuvio, ‘o ssaje comme fa ‘o core, ‘o presidente a pranzo co’ ninnillo.

Mertens non raggiunge il metro e settanta, pesa sessanta chili. Ma che Cina, che Inter, che Principato di Monaco! ‘O paraviso nuosto è chistu ccà. La stretta di mano vigorosa di Aurelio, la stretta al cuore di Dries. È fatta.

Dries Mertens, napoletano acquisito per generosità d’animo, disponibilità all’allegria e furbizia vesuviana, faccia scugnizza e gol poetici, completa l’elenco dei giocatori che Napoli tiene in evidenza nella sua anagrafe sentimentale.

Il pibe su tutti (“Napoli seconda mamma mia”), Vinicio ‘o lione (“Vendetevi l’anima, non Vinicio”), Faustinho Canè il bomber di cioccolato (“Didì, Vavà, Pelè, site ‘a uàllera ‘e Canè”), il petisso Pesaola (il napoletano nato per caso a Buenos Aires), Attila Sallustro ai suoi tempi con balcone in via Filangieri per la devozione dei tifosi ogni lunedì dopo le partite.

C’è una foto di Dries con Kat Kerkhofs, la sua compagna bionda, “una signora in pubblico, eccentrica a letto”, come ama definirsi, mentre sul terrazzino di Palazzo Donn’Anna cenano a lume di candela davanti al mare delle spigole di Dudù La Capria, la sagoma di Capri all’orizzonte, più a sinistra il Vesuvio verde e viola.

Poteva mai staccarsi Mertens da quest’angolo di paradiso? E potevamo noi perdere questo ragazzo di simpatia e di gol? Kat lo definisce così: “Il bambino che ho incontrato quindici anni fa è diventato un uomo generoso, premuroso, intelligente, esilarante, un tipo d’uomo che illumina una intera stanza, e la dolcezza è cresciuta con lui”.

Quanto il bambino dei cieli grigi di Belgio e Olanda è cambiato a Napoli, città che sorprende, attrae, strega e cattura ? È cambiato molto. Ma è stato il suo cuore aperto ad andare incontro alla città, volendola conoscere nel profondo, viverla, capirla.

Già la sua dimora napoletana, Palazzo Donn’Anna, è stata una scelta significativa. Non il semplice panorama da via Petrarca, dove i calciatori prendono abitualmente casa, ma “un bigio palazzo che si erge sul mare”, come lo definì Matilde Serao, intriso di storia, leggende e fantasmi napoletani.

E quella bimba, aggredita del cancro, con cui gioca “a marito e moglie” in ospedale; e i tranci di pizza e il vestiario che porta ai senzatetto di Piazza Garibaldi; i baretti di Chiaia, le trattorie dei Quartieri Spagnoli, le pizzerie alla Sanità, frequentazioni da ragazzo semplice.

Un rapporto intenso, curioso, appassionato con la città, con i suoi angoli più intimi, spudorati e veri, che l’hanno legato a Napoli dopo quel giovedì di settembre di vent’anni fa quando, da giocatore dell’Utrecht per una partita di Europa League al San Paolo, passeggiò sul pontile di Castel dell’Ovo: “Quel giorno ho visto Napoli per la prima volta e me ne innamorai”.

Tre anni dopo l’innamoramento è venuto a giocare nella squadra costruita da Rafa Benitez, esaltandosi con Sarri, centravanti tascabile, collezionista di gol “che fa sembrare facili le palle difficili e ha una furbizia incredibile” ha appena detto Gattuso, Dries Mertens pretendente annunciato del trono azzurro del gol, il più prolifico attaccante del Napoli di tutti i tempi.

Dice: “In un gol deve esserci anche del sentimento”. I gol sentimentali poteva farli solo a Napoli e ne ha fatti di sorprendenti e straordinari come quei pallonetti maradoniani a Roma contro Lazio e Roma correndo poi verso la bandierina del corner mimando un cane che fa la pipì, una dedica alla sua bastardina Juliette. “Mi piace fare qualche stupidaggine dopo il gol” dice ammiccando da scugnizzo di Posillipo.
2/3/2020
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