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Calcio
Il fantasma di Carlo sul mercato di De Laurentiis
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 31.01.2020)
Esaurito il ciclo dei giocatori importati da Benitez, esaltati da Sarri e distrutti da Ancelotti, che hanno imposto il Napoli sotto i riflettori europei, con una squadra da rifondare De Laurentiis ha le sue gatte da pelare e le gatte che non si fanno pelare sono quei media che vaneggiano ancora sul “destino internazionale” del Napoli che l’esonero di Ancelotti ha cancellato.

Peggio: con Gattuso in panchina, ci siamo consegnati a un “destino tribale”. C’è un filo di razzismo in questo ragionamento.

Con Ancelotti, il Ponzio Pilato di Castelvolturno (“non sono d’accordo con la società, ma vado in ritiro”), avremmo avuto ancora un Napoli europeo. Cioè saremmo andati in giro per l’Europa portando e mostrando Ancelotti su un trono di chiesa, tipo San Gennaro, e questo ci avrebbe assicurato l’aplomb internazionale. Deve ridersela lo stesso Ancelotti al riparo dei 60 milioni dell’Everton.

Questo mantra del sacrificio di Ancelotti ce lo porteremo dietro, peggio del mantra sulla nostalgia di Sarri. E ci romperanno le scatole, anche le firme più illustri dell’opinionismo sportivo, se, destino tribale o meno, non finiremo all’inferno in qualche modo accontentando le loro fosche previsioni da irresistibili menagramo.

Ancelotti non ha mai costruito squadre. Ha accompagnato al successo formazioni formidabili, già ampiamente vittoriose, e club di assoluto potere storico ed economico.

In quei club (Juventus, Real Madrid, Chelsea, Paris Saint Germain, Bayern) gli è bastato dispensare la sua signorilità, puntualmente riconosciuta e ripagata, in capo a due anni, da esoneri altrettanto puntuali.

Come avrebbe ricostruito il Napoli, Nostro Signore di Reggiolo? Esclusi Vavà, Didì e Pelè, quali sarebbero state le stelle filanti attratti dal suo incommensurabile prestigio?

Il progetto-Ancelotti, dal primo anno a Napoli, è stato un fallito progetto ad eliminare (Insigne, Mertens, Callejon).

Non s’è mai sentita la voce di Ancelotti su una concreta, brillante ed europeista fondazione del suo Napoli. Applaudì all’ultimo calciomercato, criticato da tutti, promettendo lo scudetto. Flop memorabile.

Girone di ritorno da sesto posto l’anno scorso, cinque pareggi e due sconfitte il suo triste finale con le sterline di Liverpool già in tasca. E quale squadra di vertice ha voluto Ancelotti dopo l’esonero napoletano? Ecco una bella domanda.

La rifondazione del Napoli si rende necessaria dopo che la squadra dei secondi posti ha esaurito la sua storia. Ed è una rifondazione profonda perché, man mano, i protagonisti di una magnifica avventura, i “titolarissimi”, sono stati ceduti e stanno per essere ceduti.

Si dice che gli acquisti fatti in questi giorni e quelli fissati per la stagione prossima hanno la statura per una squadra tribale con l’agghiacciante prospettiva che li allenerà Gattuso, un allenatore tribale come pochi.

Gli acquisti messi a segno da De Laurentiis sono tali, infatti, da far pensare a una tribale conferma di Gattuso.

Per la famosa proprietà transitiva anche De Laurentiis è diventato un presidente tribale, uno che improvvisamente vuole fare del Napoli una squadra che, al meglio delle previsioni dei tribalisti, sarà di metà classifica oggi, domani e sempre. Insomma una squadra a sopracciglio abbassato.

È un momento delicato per il Napoli, un difficile momento di svolta e di ricostruzione.

Non sempre il mercato offre le condizioni favorevoli che portarono Maradona a Napoli e, con Benitez, un’infornata di ottimi giocatori. L’Inter ha impiegato dieci anni, dopo il periodo d’oro, per tornare competitiva.

Da dieci anni, il Milan è lontano dal vertice della classifica. La Roma, fatta e rifatta, resta inchiodata alle posizioni d’onore. Solo da quattro anni la Lazio, con la guida continua di Simone Inzaghi, va costruendo una squadra di vertice.

Il Napoli, esaurita la “spinta” sino ai 91 punti di due anni fa, deve ricominciare daccapo perché tutt’insieme, anche per ragioni anagrafiche, sta venendo meno la squadra dei secondi posti.

Difficile ricominciare “alla grande”. Anche se avessimo il più grande allenatore del mondo o, ancora in panchina, il pluridecorato Ancelotti, quanti giocatori di classe il Napoli attrarrebbe per tornare al vertice?

Con molto realismo, De Laurentiis sta pensando di costruire una squadra “normale” e “solida” in attesa di un futuro migliore. Non ha altra scelta.

Ma ecco che, secondo le grandi menti calcistiche dello stivale, il presidente si macchia del peccato tribale di affidare la ricostruzione a Gattuso, un misirizzi meridionale.
30/1/2020
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