Contatta napoli.com con skype

Calcio
Ora è tutta colpa di Callejon e Mertens
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 13.01.2020 )
Rino Gattuso, carattere forte e sincerità a volte dannosa per lui, dicendo sempre quel che pensa ha messo un bel macigno sulla gestione del Napoli da parte di Ancelotti. Ha detto: “Il Napoli ha giocato per anni il miglior calcio d’Italia, pensante. Poi per tanti mesi qui si è fatto un calcio diverso e si è toccato il fondo da cui stiamo cercando di ripartire”.

Le parole del tecnico sono state annotate scrupolosamente da Marco Azzi sulle pagine napoletane de “La Repubblica”.

È la realtà del Napoli tratteggiata con franchezza e non per “coprire” le tre sconfitte in quattro partite della sua gestione. Gattuso sa certamente che pagherà sui media questa sua chiarissima sintesi perché Ancelotti gode della stima generale, ed è senz’altro uomo garbato, umano, sorridente, di solide relazioni amichevoli. A Gattuso non sarà perdonato nulla, curto e niro com’è, nuje simmo d’’o sudd.

Già è stato scritto che solo una “città di lazzari” poteva mandar via Ancelotti (su “La Repubblica” Ciccio Merlo con l’articolo: “La Napoli dei lazzari e quella raffinata di Ancelotti”), il tecnico emiliano indicato come bandiera di una rinascita e di un futuro splendido splendente nella città “della pernacchia scomposta, di corni rossi e Pulcinella, di cacicchi e Masanielli”.

Peccato, poi, che sullo stesso giornale, un cronista di calcio attento come Maurizio Crosetti scrivesse di un Ancelotti stizzito per certe domande dei giornalisti, “i nervi di Ancelotti e il gioco triste del Napoli” e “Ancelotti con gli angoli della bocca disegnati all’ingiù che pare Charlie Brown vessato da Lucy”, perfetta raffigurazione di un fallimento.

Senza alcuna nostalgia per gli anni sarriani, conclusi con i 91 punti e non più riproponibili, la confusione in cui è caduto il Napoli è figlia legittima e illegittima della conduzione di Carlo Ancelotti che per un anno, quattro mesi e 73 partite ha voltato e rivoltato la squadra azzurra fino a toglierle ogni identità e certezza, finendo con l’inchiodarla al settimo posto, a 17 punti dalla vetta e a 8 dalla zona Champions, il peggior piazzamento degli ultimi anni.

Si sentono in giro panzane colossali nel “tentativo amichevole” di difendere il percorso napoletano di Ancelotti, l’allenatore più vincente del mondo che col Napoli non ne vinceva più una da sette partite (cinque pareggi e due sconfitte), magnificandone, per evitare di riconoscerne il fallimento, la qualificazione agli ottavi di Champions, impresa però già riuscita a Mazzarri (2011-12) e Sarri (2016-17), e tacendo le eliminazioni ancelottiane ai quarti di Coppa Italia ed Europa League.

L’ultima panzana, sul quotidiano sportivo di importanza capitale, è che “se De Laurentiis avesse seguito in estate le indicazioni di Ancelotti su Callejon e Mertens da mandare via, così come Marotta ha allontanato Icardi e Nainggolan dall’Inter sulle indicazioni di Conte, il Napoli non sarebbe dov’è”.

Peccato però che Ancelotti, in questa stagione, abbia fatto giocare 18 partite su 20 a Callejon e 19 su 20 a Mertens che è stato decisivo contro la Samp (doppietta del 2-0), due volte decisivo contro il Liverpool (rigore al San Paolo e gol dell’1-1 in Inghilterra), decisivo contro il Salisburgo (doppietta nel 3-2 in Austria).

E peccato che Ancelotti non abbia la “voce forte” di Conte e che abbia giudicato da 10 il calciomercato del Napoli di questa estate, e peccato che sia giunto a Napoli affermando “è ora che lo scudetto venga al sud” e che, in agosto, si sia dichiarato in corsa per lo scudetto perché “gli altri hanno cambiato, noi no”, cioè gli altri (Juventus, Inter, Roma) avevano cambiato allenatore, in ogni caso “il Napoli è una squadra bellissima”.

Perché fare tanta confusione sul Napoli? Solo perché il medesimo quotidiano sportivo di importanza capitale, mentre il Napoli di Ancelotti sbandava al secondo anno di esperimenti e formazioni voltate e rivoltate, e giocatori fuori ruolo, inalberava titoli indimenticabili, uno su tutti: “Meno male che Carlo c’è”. E, mentre si fiutavano lo scontento e lo sconcerto della squadra che hanno condotto al famoso ammutinamento, lo stesso giornale sparava “Ancelotti ha il Napoli in pugno”.

Persa la battaglia per l’inconfutabile fallimento dei risultati sotto la guida di Ancelotti, e con i risultati spariva anche ogni sembianza di squadra, dallo stesso pulpito è stato messo alla gogna De Laurentiis, l’origine di tutti i mali salvo che, per tutto il tempo precedente, dal medesimo pulpito Aurelio era stato salutato, valutato e pompato come il miglior presidente della storia del Napoli.

Percorso positivo e inconfutabile sino al giorno in cui Aurelio esonera Carlo e, allora, De Laurentiis viene vivisezionato da una illustre penna politica, assisasi su un trono romano, e declassato.

Con mente aperta, polpastrelli addottorati picchiano sui computer il dolore colto e la meraviglia filosofica per la “restaurazione” di De Laurentiis, il suo invaghimento del 4-3-3 e forse la nostalgia di Sarri, quando, invece, la realtà è un’altra.

C’è un Napoli da rifare, consumato da Sarri e dissolto da Ancelotti, e non si potrà certo ricominciare alla grande, perché non ci sarà più nessun Benitez a costruire una “squadra internazionale”.

Poteva farlo Ancelotti. Non c’è riuscito, vagheggiando appena James Rodriguez, ed è stato esonerato.

I trattati filosofici scritti sull’esonero di Ancelotti a inizio della seconda stagione nel Napoli, esonero che ha scandalizzato i benpensanti, hanno sorvolato sugli altri licenziamenti puntuali del tecnico emiliano.

Anche dove ha vinto, Ancelotti non è durato più di due anni: due stagioni al Chelsea, una stagione e mezza al Paris Saint Germain, due anni al Real Madrid, un anno e mezzo al Bayern licenziato in settembre al secondo campionato in corso.

C’è il sospetto che, a Napoli, non ci sia stato nessun esonero. Ancelotti stesso, con i 60 milioni dell’Everton già in banca, avrebbe chiesto a De Laurentiis di liberarlo dalla confusione del Napoli di cui non riusciva a venire a capo. Una intesa amichevole messa a punto tra tecnico e presidente, amici per sempre, confermata dalla simultanea e repentina soluzione, Carlo all’Everton e Gattuso al Napoli (suggerito dallo stesso Ancelotti?).

La verità, come ha scritto il professore Guido Trombetti, tifoso matematico e illustre, è che Ancelotti e Napoli “non si sono mai presi” dopo quella patetica forzatura a Dimaro quando Carlo cantò ‘o surdato ‘nnammurato apparentemente in estasi, in realtà sorpreso dalla sua stessa performance.

Oggi il Napoli non ha bisogno di nostalgie, rimpianti e falsi miti. Deve ricominciare un percorso che si annuncia difficile. Gattuso merita la fiducia che si deve a chi si è preso l’impegno a fare da generoso traghettatore.

12/1/2020
RICERCA ARTICOLI