Calcio
«Ncopp’ ‘o ccuotto acqua vullente»
di Guido Clemente di San Luca *
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Lunedì 16 ho finito di fare gli esami poco prima di mezzogiorno. Mentre completavamo la registrazione informatica del verbale, ho detto agli altri componenti della commissione: «Ma è mezzogiorno! C’è il sorteggio!».
Non m’ero accorto che tutti avevano già gli smartphone sintonizzati. E poco dopo, uscendo nei corridoi e poi per strada, ad ogni angolo, nei bar, negli uffici, nei negozi, ovunque s’avvertiva una sorta di diffuso prolungato sussurro: «E’ vist’? Amm’ pigliat’ o’ Barcellona! E che cciorta!». M’è venuto subito di pensare «ncopp’ ‘o ccuotto acqua vullente!».
Il breve racconto spiega bene cosa voglio significare quando dico che il Napoli è uno stato d’animo collettivo. La città, il suo popolo, vive le vicende della squadra come cose che la riguardano nel profondo, anche a prescindere dal coinvolgimento emotivo per il gioco del calcio. È per questo che, senza snobismo, è doveroso occuparsene.
Non credo ci possano essere più molti dubbi. Coloro i quali - tanti - sostenevano che i calciatori giocassero contro Ancelotti hanno avuto la dimostrazione che non era vero, e che, anzi, paradossalmente è vero il contrario: a sfibrare testa e gambe dei calciatori è stata la sua aspirazione utopistica al cosiddetto ‘calcio liquido’.
Con il Parma è stato palese. Dopo solo tre giorni di allenamenti guidati da Gattuso s’è visto chiaramente che - pur evidenziandosi i primi timidi cenni di cambiamento, sia nella strategia di gioco, sia nella convinzione - Ringhio ha ereditato giocatori mal preparati sotto il profilo atletico e mentalmente piuttosto scarichi, confusi, privi di certezze sul da farsi.
Dai dati resi noti risulta che il Napoli ha percorso circa 12 km in più rispetto alla media che si aveva con Ancelotti. Tuttavia, li ha corsi senza brillantezza.
Era evidente a prima vista che quasi tutti i calciatori facevano fatica a mettere in pratica il pressing aggressivo voluto da Gattuso. E nei primi dieci minuti, quel numero incredibile di errori, con tocchi e passaggi sbagliati, inspiegabili se non con l’inconsueto carico di allenamento da smaltire, possono esser stati generati soltanto da muscoli imballati.
Secondo i suoi estimatori, con il ‘calcio liquido’ di Ancelotti la squadra avrebbe dovuto avere diverse identità, ed essere capace di cambiare in corsa il sistema di gioco, proponendone uno «più dinamico e meno posizionale», contro il quale sarebbe stato più difficile giocare.
I fatti sembrano aver dimostrato che il ‘calcio liquido’ rappresenta una ontologica sciocchezza. Ma se pure non lo fosse, comunque mai potrebbe funzionare a Napoli, per ragioni - verrebbe quasi di dire - ‘antropologiche’. In ogni caso, è un fatto, ahimè non contestabile, che la squadra da Ancelotti sia stata fisicamente infiacchita e mentalmente desertificata.
Naturalmente, un conto è la insostenibilità del ‘calcio liquido’, altro è saper adattare la squadra alla partita: la capacità di vederla in corso, e la duttilità nel saper adattare la squadra con accorgimenti tattici restano indispensabili. Senza un’identità, però, ci si confonde. E confondendosi si finisce pure per perdere l’anima azzurra.
Ora, è risaputo che il gap economico con le potenti squadre del nord sia difficilmente superabile. Affinché il Napoli possa competere è indispensabile non fare errori. ADL ne ha fatto uno enorme per mera vanità: solo perché aveva oscurato la sua figura, s’è disfatto del - meschino traditore di se stesso, ma - più forte allenatore su piazza (che, con intuito e fortuna, aveva saputo individuare, e che avrebbe potuto costituire un continuo riproduttore di risorse, se solo l’avesse assecondato). Sembra che adesso si sia finalmente ravveduto.
Speriamo che non sia troppo tardi. Speriamo che, senza ulteriori illegittimità arbitrali e avendo già sopportato una non marginale dose di malasorte, una volta abbracciato un progetto tattico forte e chiaro, innervato da una riconoscibile idea di gioco, si possa ridare un senso pieno all’impegno dei giocatori, così che noi tifosi possiamo riprendere a versare su di essi l’amore unico di cui siamo capaci, risvegliando in tutta la città l’anima azzurra.
E se fosse proprio la grande doppia sfida con Messi l’occasione per rimettere in piedi la stagione? Gattuso ben potrebbe essere facilitato dal preparare questo specialissimo cimento, a prescindere da come andrà a finire: due mesi di lavoro avendo di fronte una grande sfida - facendo leva sui punti giusti, quelli del popolo di Napoli da rappresentare e dell’entusiasmo che ne deriva - potrebbero aiutare la squadra a ritrovare la sua identità.
E allora, sì, è vero, «ncopp’ ‘o ccuotto acqua vullente!»: la squadra è smarrita e la sfortuna sembra accanirsi. Ma la vita spesso è strana. E pur nella proverbiale superstizione, i tifosi, la città intera, nel fondo sentono – vogliono sentire – che vuoi vedere che stavolta «o’ cane nun s’o’ muzzeca o’ stracciato»?
* Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli