Calcio
La nuova speranza
di Guido Clemente di San Luca *
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I difensori ‘
ideologici’ di Ancelotti - molti dei quali prima, in piena coerenza, erano stati anche ‘
ideologicamente’ avversi al traditore di se stesso - sostengono una strana (giacché indimostrata e difficilmente dimostrabile) tesi.
Che il leader calmo abbia fallito soprattutto perché avrebbe avuto contro gran parte della squadra, molti giocatori avendogli remato contro, e che la vicenda del così (assai impropriamente) detto ‘
ammutinamento’ rappresenti una evidenza di questo assunto. Senonché - tenendo da parte il fatto indiscutibile che sul fallimento hanno inciso anche le inopinabili, numerose (e purtroppo ormai consuete), illegittimità arbitrali e pure una non marginale malasorte - ai ‘
sostenitori ideologici’ non vedo porre la domanda più semplice.
Visto che si tratta di una ipotesi da dimostrare, ed elementi di prova non ve ne sono, l’unico argomento a sostegno sembra essere una mera supposizione: che, però, non regge alla logica.
E infatti, la domanda cui dovrebbero rispondere per rendere condivisibile la supposizione è la seguente: ma perché i giocatori avrebbero remato contro? Sul piano umano Ancelotti pare aver avuto buoni rapporti con tutti, come sempre nella sua vita, anche considerando il carattere, lo stile e la cifra assai elevata della sua capacità empatica.
Lo attestano le testimonianze di stima e affetto ricevute, praticamente unanimi.
Del resto, questi giocatori, da tutti dipinti come giovanotti strapagati e viziati, avrebbero potuto essergli contro per una conduzione aspra dei rapporti professionali, caratterizzata da imposizione di regole ferree, allenamenti asfissianti, rigidità gerarchica, incomunicabilità. Ma nulla di tutto ciò risulta. Anzi. E allora perché?
Forse bisognerebbe riconoscere che i fatti dimostrano una diversa verità: che la crisi sia lentamente, ma inesorabilmente, montata in ragione della debolezza del progetto tattico, della sostanziale assenza di una identificabile idea di gioco.
Debolezza e/o assenza sulle quali si sono innestati, notevolmente peggiorando il quadro, goffi tentativi di rimediare, da parte del Presidente e della società (su entrambi i fronti: quello esterno, verso il ‘Palazzo’, in maniera improvvida attaccando frontalmente la capacità degli arbitri, invece che operare sul piano della riforma delle regole e del sistema; e quello interno, verso sia i giocatori, non di rado insultandoli, sia il tecnico, scavalcandolo nelle decisioni e così incrinando la sua autorevolezza).
Adesso abbiamo bisogno di ricominciare. A partire dal mettere da parte l’ingiusto e doloroso affievolimento dell’amore per giocatori che hanno scritto pagine fra le più importanti nella storia del club. E ben potrebbero ancora scriverne: altro che spremuti ed esauriti! Ce ne accorgeremmo amaramente subito dopo il loro eventuale approdo altrove. Dobbiamo ricominciare ad amarli. Mertens e Callejon su tutti.
La speranza è che Gattuso sappia ridare un senso all’impegno dei giocatori, rimettendo le loro capacità creative al servizio di un delineato e rassicurante disegno di gioco, e, soprattutto, risvegliando l’anima azzurra, che è ben presente in quasi tutti quelli della vecchia guardia, e ancora da costituire appieno in quelli sopraggiunti da poco. Ritrovare l’anima azzurra e ridare al gioco una più nitida identità. Questa è la nuova speranza!
Una speranza che viene alimentata dall’osservare l’esperienza degli anni di presidenza di ADL. I periodi migliori sono stati quelli in cui la guida tecnica era affidata ad allenatori privi di un palmares straordinario, portatori però di strategie di gioco, anche molto diverse fra loro, ma tutte accomunate da chiarezza e tenacia.
Per salvare la stagione, adesso, occorre rimettersi su quei binari. Speriamo che Ringhio sia bravo e fortunato a ridare ai giocatori una chiara e tenace identità di squadra. Sappiamo bene che è assai difficile subentrando in corso.
Ci conforta che abbia dichiarato, convinto, che il ‘materiale tecnico’ a disposizione è di alta qualità e perfettamente funzionale al suo credo calcistico.
Noi tifosi, come sempre, crediamo - ardentemente vogliamo credere!
- nel miracolo.
* Ordinario di Diritto Amministrativo, Università della Campania Luigi Vanvitelli