Se la classe dirigente è debole o incapace
anche la cultura è un’occasione sprecata
di Ernesto Mazzetti
(da: il Mattino del 28.10.2019)
 |
Text Size |
 |
Tanta cultura s’è diffusa tra noi, concentrata nell’arco di pochi giorni. Ho seguito dall’esterno, ma con attenzione, quelli che sono stati denominati gli «
Stati generali», appunto della cultura.
Alla vigilia qualcuno ha storto un po’ il naso. Quando alla parola Cultura, con la maiuscola, si associa la parola politica - cui la minuscola oggi di più compete - capita che ci si metta in allarme. La storia del Novecento ci rammenta quei Poteri che imponevano a pensieri ed opere d’uniformarsi all’ideologia dominante. Orrore.
Recente è il ricordo dell’«
egemonia» che un grande partito, pur fuori dal governo, riusciva ad esercitare in vasti spazi d’attività creativa. L’essere «
organici» o contigui al comunismo attribuiva pregi intellettuali a scrittori, cineasti, artisti. Non di rado emarginazione a chi ne restasse fuori.
Se n’è parlato in un altro evento culturale appena svoltosi in città: i tre giorni di convegni e mostre dedicati al ricordo di Gustav Herling, esule polacco a Napoli, grande scrittore, a lungo tenuto a distanza da circuiti letterari ed editoriali. Sgradite le sue memorie dei gulag sovietici. Tardivamente gli si è reso merito.
Mi pare positivo che gli Stati generali fortemente voluti dal presidente della Regione De Luca abbiano coniugato nel modo appropriato i due termini: ragionando di «
politica per la cultura», e non di «
politica culturale».
Ovvero esplorando in che modo le istituzioni, su suggerimenti di addetti ai lavori, possono agevolare il funzionamento di studi universitari e strutture museali; con quali interventi sostenere attività teatrali, musicali, cinematografiche. Ed anche favorire recupero e valorizzazione di beni monumentali e paesistici.
Il ministro Franceschini ha fatto balenare investimenti governativi per i «tesori unici» vantati da Napoli e Campania. Vedremo.
È lungo l’elenco dei tesori in degrado, dentro ed oltre i confini comunali. Qualcuno ha colto in questi «
Stati generali» un soffio d’aria pre elettorale. Probabile; ma non disdicevole.
La «
democrazia è in crisi, la cultura reagisca», ha detto De Luca. Mettere più cultura in qualsivoglia azione di governo è lodevole. Esigenza prioritaria se contribuisce a restituire ossigeno ad una economia asfittica. Potrà la cultura aiutare la Campania ad uscire dal degrado civile ed economico?
La domanda si ripropone da anni, mentre le statistiche continuano a collocare Napoli e regione ai posti di coda per qualità di vita. Ma pensare al bello aiuta ad esorcizzare il brutto.
Continuiamo a vivere tra tesori d’arte in suggestivi paesaggi; in un retaggio storico ricco di momenti e figure che hanno segnato tappe importanti nelle arti, nella musica, nella letteratura, nella scienza.
Consapevoli ch’è viva tuttora una creatività che sa esprimersi in forme alte, nel mondo dei dotti, ed anche in forme capaci di coinvolgere sentimenti e sensibilità di tutti. Non è mero esercizio retorico interrogarsi se, in un presente che ci affligge, qualche prospettiva possa venir aperta dalla creatività culturale.
Con unità d’intenti tra pubblico e privato e condivisione di programmi tra i poteri locali. E se, pur agevolando fruizione anche turistica dei beni d’arte e cultura, si sappia tutelarli da devastazioni. Certo non dà conforto il passato recente. Brucia ancora l’esito del
Forum Universale delle Culture.
Si proponeva di proiettare anche all’esterno il patrimonio culturale, immateriale e fisico di Napoli e Campania. Dal Comune, titolare dell’organizzazione, nel 2013 fieramente si asseriva che l’evento avrebbe portato una “
sferzata di modernità” rilanciando la città.
Un flop! Nel novembre 2014 Il Mattino ne tracciò impietoso bilancio: “
Sedici milioni di euro. Quattrocentomila spettatori, in larga prevalenza napoletani: alla vigilia si era parlato di quattro milioni di turisti… un contenitore rimasto vuoto e riempito alla meglio… senza grandi idee… la Campania non se n’è accorta. Neanche Napoli se n’è accorta. Figurarsi l’Italia e il resto del mondo”.
Il successo delle Universiadi quest’anno ci ha un po’ ripagato della delusione del Forum.
Lo sport vince sulla cultura?
È più giusto affermare ch’è la buona organizzazione a fare la differenza. Non vi fu cinque anni fa. C’è stata stavolta.
Leggo che toccherà a Milano ospitare nel 2020 il Forum mondiale della cultura, e che il Comune e tutte le altre istituzioni che gestiscono il grande patrimonio d’arte e cultura della metropoli si stanno dando da fare affinché “
le iniziative culturali generino ricadute in tutti i settori, anche economici”.
Quattro anni fa con l’Expo Milano consolidò prestigio internazionale. Penso sappia confermarlo col Forum. Onde in me, napoletano, riemerge un sentimento riprovevole, seppur giustificato: l’invidia.
Non solo e non tanto per un passato successo milanese e per un altro ipotizzabile. Ma perché ciò ripropone sulla scena napoletana e meridionale l’annosa questione di fondo: quella della classe dirigente. In virtù della quale (e di nostre colpe) Milano si distacca da noi.