Pallanuoto
Pallanuoto, ecco l'oro di Napoli
di Adriano Cisternino
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Urrah! L'Italia della pallanuoto vince il suo quarto oro mondiale a Gwangjù. Dopo Berlino 1978, Roma 1994 e Shanghai 2011, ecco servito il poker che fa storia.
Battuta la Spagna (ancora tu?!..) in finale per 10-5, punteggio che non ammette discussioni. Il Settebello di Sandro Campagna ha dominato la partita e a metà gara era già avanti per 8-3, un parziale che ha letteralmente distruttogli iberici, fisicamente e soprattutto psicologicamente perché non sono più riusciti a rientrare in partita ed alla fine più che una vittoria è stato un'autentica marcia trionfale degli azzurri che hanno scandito i secondi finale, ormai senza senso, mentre lo staff tecnico si preparava al gran tuffo in piscina.
Già, la Spagna! E il ricordo va inevitabilmente alla finale olimpica di Barcellona '92, quando nella piscina Picornell gli azzurri di Ratko Rudic piegarono i padroni di casa con l'indimenticabile gol di Nando Gandolfi a pochi secondi dalla fine dell'ottavo supplementare di una partita drammatica, con un arbitraggio da tagliare le gambe a qualsiasi squadra.
Carlo Silipo espulso dopo 5' e poco dopo, per un banale fallo di gioco, anche Mario Fiorillo che passando per il bordo vasca gliene disse quattro a quell'arbitro. Era la Spagna di Estiarte, il Maradona delle piscine, a lungo trascinatore del Pescara, e c'erano il re Juan Carlos con la regina in tribuna: nelle previsioni degli organizzatori avrebbero dovuto consegnare la medaglia d'oro ai favoritissimi spagnoli.
E invece quella medaglia cinse il collo degli azzurri fra i quali cinque napoletani: oltre a Gandolfi, Silipo e Fiorillo, c'erano anche Franco e Pino Porzio, nonché il siracusano Sandro Campagna, attuale cittì, già pupillo di Friz Dennerlein.
E la stessa Spagna fu finalista due anni dopo ai mondiali di Roma, dove gli azzurri vinsero per 10-5, stesso punteggio della finale di Gwangjù, dove pure consistente era il contributo della Campania con il tandem difensivo napoletano Renzuto Jodice e Velotto ed i gol del salernitano Dolce.
La nazionale di pallanuoto, in effetti, parla napoletano da sempre. Napoli, città di mare, ha imparato presto a giocare col pallone prima a mare, nello specchio d'acqua di Santa Lucia e del Molosiglio, e poi in piscina come testimonia il primo scudetto degli sport a squadre vinto sotto il Vesuvio nel 1939 dalla Rari Nantes.
Olimpiadi e mondiali hanno sempre avuto napoletani in squadra, a parte qualche eccezione che conferma la regola. È una presenza che risale all'oro olimpico di Londra 1948 dove il Settebello fu trascinato dai gol di Gildo Arena, che gli inglesi pronunciavano “Erina” e Gildo - bravissimo nelle beduine ma poco ferrato in inglese - scoprì dopo che ce l'avevano con lui. Al suo fianco il monumentale portiere Pasquale Buonocore ed il difensore Emilio Bulgarelli, calabrese di nascita ma napoletano di crescita.
Ed era condito di napoletani anche l'oro mondiale di Berlino 1978 dove giganteggiò Sante Marsili, grandissimo talento misto a tanta cazzimma, al fianco del baffuto portiere Mario Scotti Galletta.
Era privo di napoletani (è l'eccezione che conferma la regola...) l'oro mondiale di Shanghai 2011. Ma a Gwangjù la tradizione è subito ripresa e quest'oro ha assicurato a questa Italia anche la presenza alle olimpiadi di Tokio 2020 cui ormai manca meno di un anno.
E non è da escludere che il trio Velotto, Renzuto Jodice, Dolce non s'irrobustisca ulteriormente perché è ancora fresco l'oro azzurro alle Universiadi napoletane, con Campopiano, Esposito, Di Martire e Del Basso a rappresentare la pallanuoto di casa. Soprattutto il mancino Campopiano sembra già maturo per il gran salto nella pattuglia di Campagna.
Dalla Corea, insomma, un oro italiano che ci fa gioire e con tante prospettive ancora. Un oro che per molti osservatori ha anche cancellato il ricordo di un'altra Corea divenuta sinonimo di fallimento. Ma quello era un altro sport.