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Il malaffare che dilaga dove regna l’inefficienza
di Vittorio Del Tufo (da: il Mattino del 22.02.2019)
Degno coronamento di una storia orribile, nata male, e continuata peggio, alla fine sono arrivate le ordinanze di custodia cautelare.

Via Marina è davvero l’apoteosi, l’icona feroce di una città che fa fatica a stare al mondo, e forse per questo si nutre di eccessi.

La storia di via Marina è piena di eccessi: è iperbolico il numero di imprese coinvolte: una dozzina, escluse le ditte in subappalto.

Sono eccessivi i costi già sostenuti per lavori mai realizzati. È eccessiva, imbarazzante, la quantità di giorni, mesi, anni impiegati per (non) completare il restyling: dopo tre anni e tre mesi di sacrifici e ingorghi, i napoletani dovranno pazientare ancora, almeno fino alla fine dell’anno.

È eccessiva, infine, la catena di errori, di false partenze, di brusche frenate, di rinvii e di fatturazioni gonfiate sulle quali la magistratura ha deciso alla fine di puntare i riflettori, al punto da firmare, è notizia di ieri, sette arresti domiciliari a carico di altrettanti manager e imprenditori impegnati nella realizzazione del cosiddetto asse costiero.

Lo scandalo delle false fatturazioni è figlio di questo disastro.

L’intervento della magistratura - al di là degli esiti di un’inchiesta che dovrà accertare, e separare, le diverse responsabilità, e questa è una storia ancora da scrivere - è già una sconfitta.

Lo è per il sistema-città, dove tutti i grandi progetti restano al palo, oppure si perdono nelle sabbie mobili della malaburocrazia.

Lo testimonia la lunga agonia di Bagnoli, luogo di riconversioni fallite e promesse rimaste a marcire nei cassetti.

In via Marina lo scandalo dei lavori eterni è ancora più evidente, perché è sotto gli occhi di tutti: irrompe ed impatta quotidianamente con la qualità della vita dei cittadini, abituati a convivere con un’opera tormentata, costata anni di attese e non ancora ultimata.

I costi per gli interventi di riqualificazione della strada (tra cui la tanto attesa pista ciclabile e la strada delle palme stile californiano) sarebbero via via lievitati attraverso un sistema di fatturazione montato e costruito ad arte.

Quali che siano le conclusioni dell’inchiesta, va detto che corruzione e malaffare sono sempre più spesso il frutto avvelenato dell’inefficienza.

Crescono, e dilagano, non appena trovano spazi lasciati liberi da chi avrebbe dovuto amministrare, governare i processi e controllare, e non lo ha fatto.

La magistratura interviene quando il fallimento è già conclamato, quando le crepe si sono già aperte, quando la trasparenza è già diventata opacità e la gestione dell’opera pubblica è fallita. Il malaffare è l’altra faccia dell’inefficienza, e se ne nutre.

In via Marina da anni si naviga a vista. Ancora oggi nessuno è in grado di dire una parola precisa sulla fine dei lavori: di date certe il Comune non intende più fornirne, mentre resta altissimo il rischio di dire addio ai fondi europei.

È difficile rintracciare, nella storia recente della città, interventi di restyling altrettanto incerti.

A dispetto degli annunci, via Marina continua a mostrare il volto sfigurato di una strada in frantumi: una cicatrice nel cuore della città.

Intendiamoci: si tratta di lavori complessi, e necessari per la riqualificazione della zona est della città.

Quando tutto sarà finito, via Marina potrebbe recuperare la funzione cui è destinata, ovvero uno spazio urbano di prim’ordine, fruibile anche dai pedoni e dai ciclisti, e non più quella sorta di malandata autostrada urbana ridotta da troppi anni a campo di battaglia.

Ma proprio per questi motivi i lavori di restyling di un’arteria così. importante per la mobilità cittadina dovrebbero correre su tre binari: certezza dei tempi, autorevolezza del committente, credibilità delle imprese.

È proprio dove questi tre binari mostrano crepe che si annida il malaffare. L’incertezza dei tempi di realizzazione dell’opera, sui quali il committente dovrebbe vigilare, è diventata invece ormai una voce non scritta nei capitolati d’appalto, quasi un elemento costitutivo delle gare: il vulnus che fa esplodere il malaffare, trasformandolo in un ingombrante compagno di viaggio.

Fino all’intervento della magistratura, sigillo finale su un fallimento che parte da lontano.

22/2/2019
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