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Calcio
Carlo Ancelotti
di Mimmo Carratelli (da: Roma del 04.06.2018)
A Carlo Ancelotti, nuovo allenatore del Napoli, Mimmo Carratelli ha dedicato uno dei capitoli del suo libro “E nel settimo giorno Dio creò gli allenatori” edito da Limina. 
Il Roma ne ha pubblicato un estratto con un ritratto originale del nuovo allenatore del Napoli. Il flop con la Juventus e gli otto anni al Milan - Con la squadra rossonera due Champions, col Real Madrid una - Le esperienze al Chelsea, al Paris Saint Germain e al Bayern - Dalle vigne di Reggiolo al trono europeo - Dopo 25 anni una nuova moglie, canadese con sangue spagnolo - La casa a Posillipo.


Malauguratamente, nel settimo giorno, anziché riposarsi, il Signore creò gli allenatori. Nacque lo Stadio di Babele. In ambizioso stile biblico, si legge in copertina, il libro narra vita, tattica e miracoli della discendenza nata dai patriarchi Nereo Rocco e Gipo Viani.

Il popolo si chiese: “Chi è Carlo Ancelotti?”. Salirono su una collina emiliana e trovarono una donna. Era una collina di vigne e fieno, c’erano due cavalli, una cucciola di un pastore tedesco e un cane lupo, molte galline e una grande casa con uno stemma araldico.

La donna disse: “Sono la moglie di Carlo Ancelotti, questa casa è dei miei avi, io sono contessa e piloto elicotteri”.

Il popolo rimase sorpreso e lei aggiunse: “Ho anche una barca. Io sono il nostromo e Carlo è il mozzo”. Il popolo chiese: “Dov’è Carlo Ancelotti?”. La moglie disse: “È dove lo porta il lavoro. Doveva andare a Istanbul, ora è a Torino”.

Il popolo guardò la donna e lei disse: “Mio marito è un uomo vero che non si piange mai addosso. Se non l’avesse preso il calcio, farebbe il contadino. Ama tagliare l’erba, lavorare in campagna e guida il trattore. L’animale che ama di più è il maiale. Non si è offeso quando a Torino l’hanno raffigurato così, il maiale Ancelotti. Il suo sogno segreto è una salumeria. Si appassiona ai salumi, ai prosciutti e alle mortadelle. Ma fa l’allenatore di calcio”.

Allora il popolo disse: “È un bel mestiere, si guadagnano tanti soldi ed è meglio che fare il contadino”. E la donna rispose: “Carlo Ancelotti fa quello che gli piace e mangia quello che gli piace. È di bocca buona e mangia ancora di più quando è nervoso”.

Il popolo disse: “Ha qualche chilo in più e si vede”. La donna rispose: “Non chiamatelo Faccione, non gli piace. È la televisione che gli fa il viso grosso. E in televisione non mi piace, ha proprio un viso enorme e poi gli scappa spesso di mangiarsi le unghie. Quando l’ho sposato era liscio e magro”.

Carlo Ancelotti era stato un prodigioso giocatore di calcio e a 36 anni, nell’anno del Signore 1995, s’era messo a fare l’allenatore.

Per saperne di più, il popolo si recò a Reggiolo e incontrò il padre e la madre di Carlo Ancelotti. Il padre disse: “Mio figlio è stato sempre buono e riflessivo. Non l’ho mai sentito controbattere, polemizzare, protestare. Sa essere umile. Qualche volte avrei voluto picchiarlo, ma lasciavo che lo facesse mia moglie”.

E la madre disse: “Ha le spalle grosse, ha preso da me. Gli piacciono i cappelletti in brodo e lo stracotto che gli preparavo io”.

Non tutti capirono ancora chi fosse Ancelotti e andarono a Reggio Emilia e sentirono questo racconto: “Carlo Ancelotti ha cominciato ad allenare qui. Ci ha portati in serie A. Poi volle andare a Parma dai Tanzi. Quelli di Parma sono abituati al Teatro Regio, alla lirica, hanno il palato fino. Carlo Ancelotti è un uomo concreto, un contadino. Cercò i risultati, non lo spettacolo. E poiché non lo capirono, lui disse che per lo spettacolo andassero pure al Regio”.

Carlo Ancelotti nacque col destino dell’eterno secondo. E questa fu la sua vita per un certo tempo. Col Parma arrivò secondo a due punti dalla Juve. Era un gran risultato a Parma. Non lo fu a Torino quando la Juventus di Carlo Ancelotti arrivò due volte seconda, la prima volta a un punto dalla Lazio, la seconda volta a due punti dalla Roma.

Il popolo sentì il perfido Agroppi che disse: “Ancelotti è passato dalla cantina al salotto buono. Dovrà darsi una sistematica e buttare via la gomma masticante. Non può masticare davanti alla panchina degli Agnelli. E non è bello com’era bello Lippi”.

Ma non fu questa la differenza con l’estetico Lippi che l’aveva preceduto alla Juventus e aveva vinto tre scudetti. La differenza fu che gli si ruppe qualche giocatore, e altri invecchiarono, e Carlo Ancelotti perse uno scudetto perché il Signore inventò a Perugia una domenica da diluvio universale.

Era una domenica di maggio e il diluvio parve inappropriato, ma sono infinite le vie e infiniti sono i diluvi del Signore.

Già a quel tempo si aggirava nelle stanze della Juventus un uomo preponderante con voce minacciosa, morbidamente greve, suadente, un senese di origini ferroviarie e il Signore disse: “Codesto mi garba poco benché si professi seguace di Padre Pio”.

E gli mandò il diluvio perché si mondasse dei suoi peccati. E allora l’arbitro Collina aprì l’ombrello, aspettò, annusò, valutò e, alla fine, affogò nel diluvio con tutta la Juve.

In quel giorno che non si doveva giocare, il vecchio giocatore trentaquattrenne Alessandro Calori di Arezzo, perciò detto l’aretino, cavò dall’acqua, dalle pozzanghere e dal fango il gol del Perugia che condannò la Juve e diede lo scudetto alla Lazio.

Fu una ignominia, ma quella Juve di Carlo Ancelotti e del ferroviere sospetto dimostrò al mondo incredulo che gli arbitri non aiutavano la Juve e vinse la Coppa Intertoto.

Carlo Ancelotti rimase al suo posto perché era grande e grosso, e sapeva sopportare le tempeste. E male che gli fosse andata sapeva dove andare: su una collina emiliana, nella casa con lo stemma araldico e dalla moglie contessa e pilota di elicotteri.

L’anno dopo arrivò ancora secondo e la Juve se ne liberò a tradimento richiamando l’allenatore bello. Quando Lippi tornò, Carlo Ancelotti andò al Milan.

E allora il Signore d’ogni terra, cielo, mare e di tutti gli allenatori decretò che bisognava dare soddisfazione a quel mancato contadino che la Juve aveva cacciato in malo modo.

Fu così che Carlo Ancelotti masticò vittorie e chewing-gum entrando nel Milan dove succedevano cose turche con l’allenatore turco Fatih Terim.

Discusso e platealmente osteggiato dai tifosi della Juventus nei due anni sulla panchina bianconera, Carlo Ancelotti si prese una immediata rivincita battendo la Juve di Lippi all’Old Trafford di Manchester, finale di Champions risolta ai rigori nel 2003.

Il Signore non volle che insuperbisse e, in otto anni al Milan, gli lasciò vincere un solo scudetto condannandolo alle diatribe continue col sovrano di Arcore Silvio Berlusconi dal quale fu irrimediabilmente diviso sulla lavagna tattica. Al Sire piacevano le due punte, ad Ancelotti il rombo e il branzino.

Volendogli dare un aplomb internazionale, benché non fosse aiutato dal fisico troppo emiliano e provinciale, il Signore concesse ad Ancelotti, durante il suo soggiorno milanese, due Champions e vittorie svariate in coppe e supercoppe dandogli in dono Shevchenko e Rui Costa, Pippo Inzaghi e Kakà, Seedorf e Nesta, Pirlo e Gattuso.

Dopo di che il Signore volle metterlo alla prova e gli intimò di dirigersi alla volta di Londra, terra della peccaminosa Mary Quant, che sollevò le gonne alle ragazze di Carnaby Strett, e dell’avvocato di New York Bruce Buck che aveva comprato il Chelsea per 140 milioni di sterline.

L’isola britannica trattenne il fiato e, prima di sbuffare, si accorse che Carlo Ancelotti aveva vinto la Premier con un Chelsea di assi tra cui il famoso John Terry che tradì la moglie per appropriarsi di Vanessa Perroncel, moglie di un suo compagno di squadra e suo migliore amico. Risuonarono in cielo le trombe del giudizio universale.

Il Signore si turbò ulteriormente quando scoprì le scappatelle notturne e londinesi di Carlo Ancelotti con la giornalista rumena Marina Cretu mentre, a Reggiolo, Luisa Gibellini, per 25 anni moglie di Ancelotti, faceva sempre la contessa e pilotava elicotteri.

Le fornicazioni rumene di Ancelotti furono solo il prologo dello scandalo superiore che irritò definitivamente il Signore che molti allenatori ha creato e molti tra di loro sono stati celebri fornicatori.

Il Signore vide e provvide l’esonero del peccatore Carlo Ancelotti che lasciò il Chelsea dopo due anni facendosene una ragione. L’uomo fu udito cantare: “Londra è fuggita e io non muoio disperato”.

E, in effetti, il contadino di Reggiolo, faccia grossa e cervello fino, era nell’estasi assoluta, invaghito e perdutamente catturato dalle arti amatorie canadesi con venature spagnole di Mariann Barrema McClay, donna d’affari di Vancouver, definita, ai tempi londinesi di Ancelotti, “la bionda del mistero”.

Non ci sono misteri per il Signore che ebbe tuonanti reazioni di raccapriccio quando intervenne il Serpente demoniaco che gli sottrasse il contadino di Reggiolo consegnando ad Ancelotti la mela canadese.

Divorziato lui, divorziata lei, di dieci anni più giovane, Carlo e Mariann furono condannati al matrimonio celebrato a Vancouver nell’anno 2014 del Signore. Il Signore non amava vite irregolari.

Nel frattempo, le sopracciglia di Carlo Ancelotti si disunirono a Parigi, una più bassa, l’altra più alta, urlando dietro ai calciatori del Paris Saint Germain che condusse alla vittoria del campionato francese potendo contare sui tentacoli di Ibrahimovic, le serpentine di Lavezzi, la geometria abruzzese di Verratti, l’ascetica padronanza del gioco di Javier Pastore e l’eleganza sublime di David Beckham.

Il Signore guardò con stupore l’uomo emiliano di due mogli, due figli, otto squadre, quattro difensori, il rombo, la pretattica e le sopracciglia assolutamente ingovernabili e decisamente indipendenti l’una dall’altra.

E allora il Signore decise di metterlo ancora alla prova e lo portò a Madrid. E qui c’era un giardino di campioni irresistibili e uno si chiamava Cristiano Ronaldo, il più bello di tutti, l’ultimo angelo del Signore, sesto figlio della cristianissima Maria Dolores dos Santos Aveiro di Funchal nell’isola di Madera in mezzo all’Atlantico.

E c’erano il filiforme argentino Angel Di Maria e Gareth Bale, il più veloce gallese d’ogni tempo, e il brasiliano Kakà che a trent’anni stava sfiorendo ma era sempre un bel figliolo, e Iker Casillas che stava bene in porta e ancora meglio con l’affascinante Sara Carbonero, giornalista di Mediaset España.

E il Signore disse ad Ancelotti: “Onora Florentino Perez e sua madre, non uccidere il contadino che è in te, non pronunciare invano il nome di Messi, non commettere adulteri tattici, non desiderare la moglie di Casillas”. E il Signore aggiunse: “Vai e trionferai a Lisbona il 24 di maggio”.

E il 24 maggio 2014 Carlo Ancelotti, appena terzo nella Liga, trionfò a Lisbona sull’Atletico Madrid e vinse la Champions che fu una Champions molto particolare per i galacticos che non la vincevano da dodici anni.

E quella fu la decima Champions del Real Madrid e la festa fu grande e Carlo Ancelotti fu issato, palpeggiato, rimbalzato, strapazzato, e su e giù. E il Signore disse a Carlo Ancelotti: “Beati i poveri di spirito perché di essi sarà il regno di Castiglia e Leòn”. E il popolo di Castiglia disse: “Carlo Ancelotti è il più povero di spirito che abbiamo conosciuto”.

E, alla fine, il Signore tracciò l’ultimo tragitto di Carlo Ancelotti, dal Manzanarre al Reno come aveva provveduto per Napoleone, risparmiandogli le Piramidi.

E Carlo Ancelotti giunse a Monaco di Baviera e vinse la Bundesliga e altro non poté fare alla soglia dei sessant’anni e, poiché anche Trapattoni aveva ammonito che nel Bayern ci sono gli Strunz, come Thomas Strunz di Duisburg, centrocampista difensivo, anche Carlo Ancelotti incontrò i suoi Strunz e venne esonerato il 28 settembre 2017 con la luna al primo quarto.

Ed è stato otto mesi dopo che il Signore mandò lo Spirito Santo ad Aurelio De Laurentiis e lo Spirito Santo consegnò ad Aurelio De Laurentiis il pizzino del Signore su quale c’era scritto: “La Grande Bellezza è finita, prendi Carlo Ancelotti”.

E il 23 maggio 2018 Carlo Ancelotti cenò e si intrattenne con De Laurentiis per un giorno e mezzo e firmò per il Napoli. San Gennaro, che non dice mai di no, disse sì. Anche Andrea Chiavelli, il misterioso romano che ha delle casseforti di Aurelio ambo le chiavi, disse sì.

E disse ya Jacqueline Marie Baudit, la mamma svizzera del Napoli che ad Aurelio De Laurentiis disse ya quando lei aveva 19 anni e lui 24 e si incontrarono nel collegio di Bath nel sud-ovest dell’Inghilterra. E hanno detto si Luigi ed Edoardo, i figli di Aurelio.

E così le cose si compiono e così vuole il Signore che ha voluto Carlo Ancelotti al Napoli con casa a Posillipo e il futuro ha sempre un cuore antico e Carlo Ancelotti è un monumento dell’antichità e a Napoli ci metterà il faccione continuando a masticare i suoi inesauribili chewing-gum.



6/6/2018
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