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Cronaca
Il parco marino di Punta Campanella? Protegge solo le fogne
Claudio Ripa, mondiale di pesca subacquea, è molto critico nei confronti delle aree protette
di Alessandra Giordano
Claudio Ripa sarà contattato da Folco Quilici, il giornalista scientifico presidente dell’Icram, l’Istituto nazionale per la ricerca marina e subacquea, che con il figlio Luca Tamagnini sta lavorando alla stesura di un suo prossimo volume sui parchi marini, in uscita a gennaio. Ma Claudio Ripa, detentore del titolo mondiale di pesca subacquea, grosso conoscitore dei fondali di tutto il mondo e soprattutto estimatore delle nostre coste, sa già cosa risponderà al giornalista scientifico.

“Non è impedendo ai turisti di ancorarsi o addirittura di navigare lungo i 42 km di costa sorrentina che si protegge la flora e la fauna - ci dice - è la politica dei parchi marini che è da rivedere”. E dà un consiglio: “Ormai è legge dello Stato, ma si potrebbe migliorare la situazione concedendo più spazio e riducendo le zone protette…”

Le riserve marine tendono a proteggere l’ecosistema, salvaguardando il mare dall’inquinamento industriale. Le prime furono costituite in Francia e in Spagna nel lontano 1982. In Italia, con 8.000 km di coste, ne sono operanti solo 28 e non tutte provvedono realmente a rispettare questa fondamentale risorsa. “Certo, – ammette Ripa - se vieti tutto qualcosa succede!”.

Ma ci sono alcune aree protette, come, per parlare delle zone nostre, quella costituita a Punta Campanella, che va da Capo di Sorrento, passando per il Vervece fino a Ieranto, e poi Nerano e le Mortelle fino al Germano di Positano che, secondo Ripa, sono assolutamente inutili, poiché non c’è nulla da proteggere se non… lo sbocco delle fogne! “Meglio aree più piccole e protette – consiglia - e favorire con le boe l’ancoraggio delle barche”.

“Protezione si, ma fruibile dal turista – insiste il subacqueo - E evidenziare la zona, segnalandola adeguatamente. In realtà, succede che viene vietato anche il solo passaggio ai diportisti mentre i pescatori di frodo continuano a prendere di tutto, agendo indisturbati…”

E racconta di giangiole a strascico che sollevano dal fondo quantitativi enormi di poseidonie oppure che a 24 miglia fuori Capri, i pescatori hanno sistemato delle “frasche”, grosse foglie di palma intrecciate tra di loro, a circa due metri di profondità per non intralciare il passaggio delle imbarcazioni ed è lì che migliaia di lampuche, pampani e pesci pilota si raccolgono per riprodursi e proteggersi dalla luce e dal caldo. “Ci sono altri modi per dare una mano alla natura – insiste Ripa – non certo soltanto impedendo a chiunque di vivere una zona di mare meta rinomata di turismo!”.
9/10/2005
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