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Recensioni
Le responsabilità di de Magistris
di Orazio Abbamonte (da: Roma del 27 gennaio 2014)
La parabola dell’effimera Amministrazione di Luigi de Magistris sembrerebbe segnata.

Una data al termine del suo mandato potrebbe darla, sul piano formale, l’eventuale rigetto del ricorso che il Nostro ha preannunciato dopo la bocciatura da parte della Delegazione regionale della Corte dei conti dell'inattuabile piano di rientro ideato da Palazzo San Giacomo.

Ma, a parte l'esito formale, è sin troppo evidente che la sua vicenda politica sia ormai definitivamente segnata. E lo sia proprio ed esclusivamente per responsabilità che sono tutte di Luigi de Magistris.

La congerie d'errori che hanno caratterizzato la sua condotta, sono stati un misto d'incapacità gestionale, populismo, mancanza di senso della misura, velleitarismo, assenza di concretezza, megalomania, difficoltà relazionali, inettitudine alla scelta.

Insomma, al Nostro mancano tutte le qualità che sono necessarie a chi è chiamato a compiti amministrativi, che vogliono, invece, sagacia, attenzione alle piccole cose, competenza, buon senso, conoscenza di precise disposizioni, saper vedere, saper scegliere.

Ma andiamo per gradi. Luigi de Magistris è divenuto il primo cittadino di Napoli, sulla base di posizioni puramente demagogiche.

Come forse ancora si ricorderà, i suoi, come vogliamo chiamarli?, cavalli di battaglia, furono lo “scassare” e soprattutto la promessa di portare Napoli al 66 % – chissà poi perché proprio al 66 % – nel giro di pochi mesi, anzi esattamente di sei.

La cosa era improponibile e la vecchia Rosetta immediatamente v'ironizzò. Ma lui, niente.

Oggi, alla partenza da Napoli di Daniele Fortini – tra i più competenti manager del settore – la differenziata è al 22 %, secondo ottimistiche statistiche.

Ma la demagogia ambientale richiedeva, e lui non ha esitato. Si può anche ammettere che nel corso delle campagne elettorali, sopraffatti dalla foga della competizione e dalle necessità della comunicazione, si butti il cuore, per così dire, oltre l'ostacolo: nel caso di de Magistris, per la verità, quel prezioso muscolo è stato gagliardamente lanciato in un burrone, ma passi pure.

Epperò, dopo averle vinte, quelle elezioni, ed avere presumibilmente auscultato un altro cuore, quello malandatissimo del comune di Napoli, un qualsiasi sagace amministratore avrebbe misurato il perimetro delle proprie scarse possibilità e si sarebbe messo prudentemente all'opera per fare il possibile, non per fantasticare come un romanziere alle prime armi o un giovanotto in amore.

Invece no. de Magistris ha immaginato grandi progetti, ha sognato d'iscrivere Napoli nel circuito delle grandi competizioni mondiali, ha ritenuto di potere insistere nei suoi vani progetti di differenziata mettendosi di traverso sul termovalorizzatore, ha parlato di trasformazioni radicali.

E nel frattempo, nel frattempo s'è dimenticato del quotidiano: che era fatto d'un bilancio chiaramente in dissesto – e che tale avrebbe dovuto subito essere dichiarato per porre su nuove basi la città; s'è dimenticato che l'amministrazione è fatta di quotidiani e puntuali atti da improntare, almeno tendenzialmente, a scale di priorità; non ha pensato che i cittadini, quando i bagliori elettorali si spengono, avvertono la buona amministrazione nei servizi quotidiani – anzitutto trasporti, qualità delle strade, traffico, efficienza degli uffici pubblici, igiene – e che i turisti, risorsa fondamentale per la città, scelgono le proprie mete in base alla godibilità dell'ambiente ed alla sicurezza che assicura, oltre che al grado d'organizzazione delle offerte attrattive. Ma nulla.

De Magistris, di tutto ciò che fa d'una città luogo vivibile ed anche attraente non ha creduto doversi occupare o se lo ha creduto nessuno se n'è accorto: se non, ancora una volta, attraverso vuote declamazioni, del genere “beni comuni”, alle quali, a parte il soffio d'aria che è necessario emettere per pronunciarle, nulla di fisico mai ha corrisposto.

Insomma, è mancata la concretezza dell'Amministrazione e Napoli, proveniente da decenni di declino, ha continuato il suo triste scivolamento.

Non sono un fan del San Carlo, perché credo le priorità siano altre, quelle socialmente più avvertite: scuole, igiene, strade, fogne, acquedotti, traffico, contenimento del degrado.

Ma nel complesso sociale ci sono anche simboli importanti: ed il Lirico da questo punto di vista lo è.

Il commissariamento dell'ente è un altro dei gravi insuccessi di de Magistris, dopo i fallimenti in ogni settore dell'amministrazione, testimoniati sinteticamente dalla sostituzione via via di tutti gli assessori, salvo il traballante vice sindaco e lui medesimo.

Ed è un commissariamento venuto, ancora una volta, perché il Nostro non ha saputo misurarsi e scegliere: ha preferito demagogiche protezioni d'interessi corporativi, all'accesso a provvidenze legislative che avrebbero costretto a talune utili razionalizzazioni con sacrifici di singoli.

Provocando così, dapprima la fuga dei componenti del Cda del San Carlo, poi l'avvento del Commissario che – certificata ancora una volta l'incapacità gestionale del sindaco ed il suo difetto si senso di realtà – adotterà quelle misure.

È evidente che in questo contesto, anche un'apatica città come Napoli – apatica, perché rassegnata – non potrà oltre tollerare la presenza di simile amministratore.

Certo, non è facile liberarsi di chi testardamente s'abbarbica dove evidentemente è inadeguato a stare.

La nostra democrazia non prevede forme di recall, mentre il consiglio comunale è nel più meridiano dei tradimenti al proprio corpo elettorale.

Ancora una volta dovrà pensarci la magistratura (contabile): è un ulteriore, triste riscontro di quanto le nostre istituzioni democratiche soffrano d'una crisi profonda.
29/1/2014
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