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L’Amatriciana? Salsa del Regno di Napoli
di Angelo Forgione
Pensavate che l’amatriciana fosse un condimento romano per la pasta? E invece non è così. Questa salsa non ha alcuna radice storica con la città di Roma ma conserva invece un’identità abruzzese con una forte influenza napoletana.


Amatrice, il comune della provincia di Rieti dove è nato questo piatto, è stato assegnato al Lazio solo nel 1927. Prima di ancora prima, fino al 1860, era cittadina del distretto di Città Ducale nella provincia dell’Abruzzo Ulteriore II del Regno delle Due Sicilie.

Lì, anticamente, i pastori abruzzesi di Amatrice preparavano la gricia, un condimento fatto usando i pezzi di pecorino, le sacchette di pepe nero, il guanciale e lo strutto che si portavano dietro nei loro zaini; e questo era il guazzetto principe di quelle zone, almeno fin quando il pomodoro non giunse a Napoli dall’America latina.

La gricia non era altro che amatriciana in bianco e si può preparare ancora oggi, facendo sostanzialmente un’amatriciana senza pomodoro, ossia utilizzando guanciale, pecorino romano e pepe.


Come e quando la gricia è divenuta amatriciana? A fine Settecento.

Intorno al 1770, il pomodoro giunse in dono al Regno di Napoli di Ferdinando IV dal Vicereame del Perù, in quegli anni territorio borbonico dominato dalla Spagna di Carlo III, padre dello stesso Ferdinando e precedente sovrano napoletano.

Ferdinando diede in quel periodo forte impulso all’impiego innovativo del grano duro nella lavorazione della pasta, risolvendo brillantemente i problemi di approvvigionamento alimentare derivanti dalla forte espansione demografica del Regno.

Già nel 1773, Vincenzo Corrado, un ex frate celestino del Convento di San Pietro a Majella divenuto cuoco, accennò a una salsa di pomodoro nel suo celebre Il Cuoco galante, il primo trattato scritto di cucina mediterranea.

Furono proprio gli anni a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento a segnare l’affermazione del pomodoro come condimento, in luogo del solo formaggio grattugiato che aveva insaporito la pasta fino a quel momento.

E così, con i nuovi fermenti napoletani, anche ad Amatrice fu introdotto il pomodoro nella gricia, dando vita all’amatriciana, che venne considerata un classico della cucina romana dopo l’Unità, quando la nuova capitale d’Italia la importò dai pastori di Amatrice, i quali transumavano nella campagna romana durante il periodo invernale, recandosi nella vicina città per vendere i loro prodotti caseari e le carni ovine e bovine.

Dunque, anche se l’amatriciana è molto apprezzata a Roma e sembra avere radici nella cucina romana, ha invece origini napolitane di ramo abruzzese, e lo dimostra il fatto che nell’Amatrice di allora era cucinata con gli spaghetti, così come da cultura pastaiola napoletana, e non con i bucatini come da variazione romana postuma.

E con gli spaghetti, rigorosamente, si cucina ancora oggi nell’Amatrice di oggi, italiana e laziale.

Persino il cartello comunale all’ingresso della città indica “Amatrice, città degli spaghetti all’amatriciana”.
17/1/2014
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