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Mameli e 17 Marzo nelle scuole. Che pastrocchio storico!
di Angelo Forgione
L’Inno di Mameli, conosciuto anche come “Fratelli d’Italia” dal suo verso introduttivo, dovrà esser studiato e cantato nelle scuole italiane.

Il Senato ha approvato in via definitiva il DDL che impone nei programmi scolastici il canto risorgimentale scritto da Goffredo Mameli (?) e musicato da Michele Novaro.
Istituito anche il festeggiamento della data del 17 Marzo, in continuità con il festeggiamento dei 150 anni che sarà il “Giorno dell’unità nazionale, della Costituzione, dell’inno e della bandiera”.
Che pastrocchio!

Partiamo dal presupposto che l’inno di Mameli si chiama “Canto degli Italiani” e non “Fratelli d’Italia”.
Ma questo è niente a confronto della totale confusione che i senatori della Repubblica stanno generando nelle teste degli italiani.

L’inno nazionale non può essere accoppiato al 17 Marzo perché quella è la data dell’auto-incoronazione di Vittorio Emanuele II di Savoia quale “Roi d’Italie” cioè re d’Italia in rigorosa lingua francese, non italiana, con la quale il sovrano piemontese estese la sua sovranità.

“Victor Emmanuel II assume, pour lui et pour ses successeurs, le titre de Roi d’Italie”, così si legge nell’atto di incoronazione del parlamento di Torino.

L’unità d’Italia, al 17 Marzo, non esisteva perchè mancavano il Veneto, la Venezia Giulia, il Friuli, il Trentino Alto Adige e Roma con i territori pontifici che, completando una certa unificazione, fu conquistata con la breccia di Porta Pia il 20 Settembre 1870.

È quella semmai la data da celebrare per dare risalto all’unità territoriale se proprio non vogliamo tardare fino al 2 Giugno 1946, ricorrenza dell’istituzione della Repubblica.

Mai il 17 Marzo 1861 che equivale alla celebrazione dell’auto-proclamazione della monarchia sabauda, antitetica rispetto alla Repubblica.

Chissà se i senatori tutto questo lo sanno visto che l’ignoranza circa le vicende storiche della storia d’Italia è stata smascherata dalla trasmissione “Le Iene” nel giorno delle celebrazioni del “150esimo”, quando all’esterno di Montecitorio i politici, italiani, andarono nel panico per le domande di storia italiana (clicca e guarda il video da Mediaset). http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/215691/nobile-i-politici-e-lunita-ditalia.html

Ma non è tutto.
L’inno di Mameli è un canto risorgimentale che celebra i valori repubblicani, non quelli monarchici.
E infatti non era l’inno nazionale del Regno d’Italia nato il 17 Marzo a Torino che invece, estendendo i possedimenti sabaudi, applicò la “Marcia Reale del Regno di Sardegna” al nuovo Regno d’Italia”. Tant’è che nel periodo bellico di transizione tra la monarchia e la repubblica fu istituita come inno nazionale “La canzone del Piave” scritta dal napoletano E. A. Mario.

Il “Canto degli italiani” di Mameli e Novaro è divenuto inno nazionale italiano nel 1946, ben 85 anni dopo il 17 Marzo da celebrare.

Continua dunque la confusione forzata da parte delle istituzioni, sulla falsa riga delle celebrazioni dei 150 anni dell’unità, non ancora compiuti di fatto (succederà solo nel 2020, ndr) condotte in maniera antirepubblicana dal Presidente della Repubblica che ha festeggiato il giorno della monarchia e non quello della Repubblica (2 Giugno) rendendo persino omaggio alla tomba del re Vittorio Emanuele II.

La retorica mischiata alla disinformazione finirà ora sui banchi di scuola affinché anche i bambini sappiano a memoria un inno che nutre sentimenti bellici antistranieri, in contraddizione con la fratellanza della civiltà europea e senza valorizzare quella italiana, dal Sud di Federico II alla “Serenissima” di Venezia.

Un inno per giunta settentrionalista che promuove a simbolo di unità nazionale la battaglia di Legnano.
“Dall’alpi a Sicilia ovunque è Legnano” esalta infatti le gesta della “Lega Lombarda” che mise insieme il conflittuale Nord contro Federico Barbarossa, scacciando i germanici nel 1176.

Ma La “Lega Lombarda” non è il primo esempio di identità nazionale perché è al Sud che ciò si verificò intorno all’850 quando Cesario Console, ammiraglio del ducato di Napoli, coalizzò le repubbliche marinare di Napoli, Sorrento, Amalfi e Gaeta formando la “Lega Campana” per respingere, vittoriosamente, i Saraceni che volevano invadere Roma per poi impossessarsi dei territori del Sud.

Ultimo particolare da non tralasciare: da come si legge da un articolo del Corriere della Sera del 24 Dicembre 2002 firmato da Ottavio Rossani, pare che le parole dell’inno italiano non siano state scritte da Goffredo Mameli bensì da Atanasio Canata, un padre scolopio di cui proprio Mameli fu allievo.

Padre Canata lo avrebbe inviato nel Novembre del 1847 a Michele Novaro per farlo musicare e quando l’allievo divenne un eroe risorgimentale avrebbe taciuto sulla paternità del testo per non offuscarne l’immagine.
Ma prima di morire rivendicò indirettamente, ma con precisa volontà, la paternità di quel testo che gli sarebbe stato «sottratto».

Nella poesia “Il vate” scrisse: “A destar quell’alme imbelli meditò robusto un canto; ma venali menestrelli si rapina dell’arpe un vanto: sulla sorte dei fratelli non profuse allor che pianto, e, aspettando, nel suo core si rinchiuse il pio Cantore”.
E anche sulla pubblicazione “Gazzetta letterata” lanciò un’altra freccia: “E scrittore sei tu? Ciò non ti quadra… Una gazza sei tu garrula e ladra”.

Mameli “menestrello” ladro? In perfetto “Italian style”. Detto da un italiano.

Guarda il video da Radio Marte
http://www.youtube.com/watch?v=wVqGlvAVDIQ
10/11/2012
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