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Trivellazioni ai Campi Flegrei, quale rischio?
di Angelo Forgione
Era il 28 Maggio del 2006 quando iniziò l'eruzione del vulcano di fango "Lusi" di Sidoarjo in Indonesia.
Un'eruzione ancora in corso e che non si sa quando e se avrà fine. Dighe e barriere erette per contenere l'enorme massa di fango che ha superato già abbondantemente il miliardo di metri cubici coprendo circa 6.5 km mietendo 13 vittime, sfollando 30mila persone e seppellendo 11 villaggi e una trentina di fabbriche.

La singolarità dell'evento non sta nella sua eccezionalità ma nel fatto che non è naturale ma è stato causato dall'uomo con un imprevisto durante l’attività di trivellazione per l'estrazione del gas che ha provocato un'esplosione sotterranea.

Incidenti simili, seppur meno catastrofici, si sono verificati anche in Islanda, Nuova Zelanda, Svizzera e anche in Italia, a Fiumicino, in occasione di un sondaggio superficiale del terreno durante il quale è stata trovata un'inattesa sacca di anidride carbonica nel sottosuolo che ha provocato un’esplosione, causando sette feriti e l'evacuazione di tutta la zona circostante.

Da qualche settimana è giunto il via libera del sindaco De Magistris per il "Campi Flegrei Deep Drilling Project", un progetto di perforazione dell'area di “Bagnoli Futura”, di proprietà del Comune di Napoli, affinchè si realizzi un pozzo pilota a 500 metri cui dovrebbe seguirne uno a 4 chilometri se gli scenziati dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia otterranno indicazioni circa la possibilità di raggiungere liquidi geotermici ad alta temperatura utilizzabili per produrre energia pulita e rinnovabile per elettricità e riscaldamento domestico.

Lì sotto c'è una miniera di energia geotermica che fa gola. Il problema è che quella dei Campi Flegrei è una caldera attiva dove dorme un supervulcano potenzialmente molto più pericoloso del Vesuvio e non si conoscono le reazioni vulcaniche che tali operazioni potrebbero causare.

Non è il caso di creare allarmismi superflui ma non si può neanche ignorare il rischio, che gli esperti non escludono, di micro terremoti, fughe di gas tossici, se non addirittura di incontrollate esplosioni.

Il centro di ricerca tedesco per le geoscienze, con il quale esiste una collaborazione nel progetto, ha dichiarato che al momento non vi è alcun rischio se la perforazione avviene in maniera controllata, anche se non ha escluso il rischio vulcanico. Cosa succederebbe se le perforazioni incontrassero la camera magmatica?

Il vero problema è che se per un'eventuale eruzione naturale del Vesuvio esiste un piano di evacuazione, per una non prevista eruzione artificiale del supervulcano dei Campi Flegrei, attorno al quale la densità di popolazione esposta è altissima, non c'è nessun piano preventivo. Questo fa dell'area flegrea la più rischiosa al mondo.

Il Prof. Giuseppe Mastrolorenzo dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Napoli ha spiegato nel corso di un evento pubblico di sensibilizzazione che le attività di perforazioni nascondono rischi. «Trivellare vicino a un centro densamente abitato è una scelta azzardata. Prima di andare a perforare un supervulcano sarebbe opportuno spiegare ai cittadini cosa sta per succedere, e magari spiegare alla gente cosa fare in caso di allarme improvviso», ha detto Mastrolorenzo.

Benedetto De Vivo, docente di Geochimica ambientale all’Università di Napoli Federico II, ritiene il placet del Comune di Napoli una vera follia e indica un sito alternativo in corrispondenza del centro della caldera, tra Pozzuoli e Quarto, sulla Via Campana, dove c’è un’area demaniale libera.

Il sindaco De Magistris ha più volte chiesto accertamenti sui rischi concreti prima di rilasciare l'autorizzazione e l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha garantito che questa operazione non vuole svegliare il supervulcano ma semmai ridurre il rischio vulcanico aumentando la capacità scientifica di previsione di possibili eruzioni coi dati che se ne ricaveranno.

Il progetto, che dovrebbe partire entro la fine dell'anno, si avvale dei massimi esperti di vulcanologia del mondo, e i rischi derivanti da questa operazione si riducono ad eventuali incidenti di percorso.

È proprio questo il problema, il minimo rischio in un’area massicciamente popolata.
Come se non bastasse il Vesuvio.
10/6/2012
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