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Cultura
Salqa Uywa all'Ateneo Federiciano
di Antonio Tortora
Chi si trovasse a passare per l’Ateneo Federiciano, in questi giorni e fino al prossimo 31 maggio, avrebbe modo di leggere la strana didascalia “SALQA UYWA” su alcune locandine corredate da una splendida fotografia di una colorata raganella amazzonica scoperta e classificata solo nel 2008.

Ma cosa significa “SALQA UYWA”?

Non è un linguaggio esoterico bensì si tratta di lingua quechua, parlata in origine durante l’impero incaico ed oggi, in molte forme dialettali, in gran parte del Sud America dall’Ecuador alla Colombia, dall’Argentina al Cile ma soprattutto in Perù e Bolivia.

Si traduce letteralmente con “animali selvatici” e fa riferimento ad una piccola ma significativa mostra fotografica allestita presso il prestigioso e ottocentesco Salone Maggiore del Museo Zoologico dell’Università di Napoli Federico II° diretto dal prof. Gerardo Gustato.

La performance fotografica, sottotitolata appunto “Animali selvatici del Sud America”, dell’appena ventiquattrenne napoletano Valerio Giovanni Russo, frequentatore del Museo e zoologo in fieri dall’età di sei anni, laureato in Scienze Naturali e fotografo wilderness, nasce dallo studio appassionato degli animali e soprattutto degli anfibi della Foresta Amazzonica nonché da una ricerca durata quattro mesi nei dintorni di Iquitos, città situata nel nord del Perù non raggiungibile via terra ma strategica per l’attività svolta dal Project Amazonas; organizzazione non governativa che dal 1994 assiste le locali popolazioni amazzoniche e cerca di proteggere le foreste pluviali peruviane.

Tre sono le stazioni di ricerca biologica del Project operative sugli affluenti del Rio delle Amazzoni verso cui ogni anno centinaia di scienziati, studenti e numerosi turisti affascinati da quella rigogliosa e selvaggia natura convergono.

Dunque proprio nel cuore di uno dei più grandi e minacciati polmoni verdi del pianeta Valerio Giovanni Russo, grazie al progetto internazionale Erasmus Mundus patrocinato dall’Università galiziana di Santiago de Compostela, ha potuto condurre studi e ricerche dal vivo e scattare fotografie uniche di animali esotici che dal prossimo 29 febbraio saranno esposte nel Museo Zoologico; per tre mesi gli animali fotografati si armonizzeranno con i mammiferi e i grandi vertebrati delle collezioni storiche fra cui ci piace ricordare l’unico scheletro completo di balena franca boreale del Mediterraneo, il piccolo canguro Wallaby dall’unghia lunata estinto sin dalla metà degli anni ’50, un esemplare di foca monaca rinvenuto nel golfo di Napoli e un esemplare di okapia, giraffide tipico della foresta pluviale congolese, a rischio di estinzione.

La mostra, organizzata nell’ambito del Centro Musei delle Scienze Naturali diretto dalla Prof.ssa Maria Rosaria Ghiara, è stata curata da Nicola Maio e da Roberta De Stasio (curatori del Museo) con la collaborazione di Silvana Arienzo per l’allestimento, degli studenti di Scienze Naturali Andrea Senese e Luca Francesco Russo per alcune suggestive foto e Zuzana Matysiova studentessa dell’Università di Brno (Repubblica Ceca) che ha scattato foto riguardanti il commercio illegale di fauna selvatica all’interno del mercato di Belen a Iquitos.

“Non sempre è facile organizzare mostre all’interno delle sedi museali ma è necessario per far conoscere i Musei universitari partenopei e per renderli fruibili ad un pubblico più vasto – ci dice il curatore Nicola Maio - pertanto mercoledì 29 febbraio inaugureremo l’evento presso l’aula Z1 del Dipartimento delle Scienze Biologiche – Sezione Zoologia di via Mezzocannone 8, sito al primo piano, e daremo la possibilità al giovane e bravo fotografo di esporre ciò che il suo occhio ha colto durante la sua esperienza in Sud America”.

C’è da dire però che Valerio Giovanni Russo non ha soggiornato solo a Iquitos e quindi nella foresta pluviale peruviana dove è rimasto affascinato da Arequipa la Ciudad Blanca (la città bianca), da Cuzco antica capitale dell’impero Inca e da Machu Picchu sito archeologico considerato una delle sette meraviglie del mondo moderno; ma si è anche spostato lungo gli aridi e sconfinati altipiani della Cordigliera delle Ande che attraversa gran parte dei sette stati dell’America Meridionale giungendo fino al brullo arcipelago vulcanico ecuadoriano delle Galapagos dove ha avuto modo di commuoversi avendo coronato il sogno della sua vita ovvero di raggiungere il luogo dove Charles Darwin cominciò a elaborare la teoria biologica dell’evoluzione.

Dunque i pannelli fotografici esposti lungo i corridoi del Salone Maggiore illustrano, con brevi didascalie, animali tipici dell’Amazzonia, delle Ande e delle Galapagos senza trascurare aspetti del mimetismo animale e del mercato di Belen dove oltre a trovare le carni di testuggine e di scimmia urlatrice si trovano, in una strada chiamata “pasaje paquito”, anche rimedi naturali e piante medicinali ampiamente utilizzate dai curanderos locali.

Qui si trova anche un estratto vegetale allucinogeno, l’ayahuasca, utilizzato dagli sciamani antichi e moderni durante riti e cerimonie per entrare in contatto con il divino attraverso visioni extrasensoriali.

Visitando la mostra si possono ammirare immagini dei maestosi Condor des Andes ritenuto uno dei più grandi volatori e classificato dal naturalista svedese e padre della nomenclatura zoologica Carl von Linnè, noto come Linneo, nel 1758; delle Formiche tagliafoglie che nella foresta pluviale costruiscono nidi fino a otto metri di profondità disseminati da circa duemila camere sotterranee dove coltivano un fungo ricco di proteine, loro unico nutrimento, su una sorta di humus composto da foglie sminuzzate e ridotte in poltiglia (pare che possano consumarne fino a circa seimila chili in tre anni).

La stessa rarissima raganella amazzonica cui abbiamo già accennato, denominata Scinax Iquitorum, è osservabile nella sua livrea coloratissima; ne fu data notizia quattro anni fa attraverso uno studio pubblicato dal South American Journal of Herpetology dagli studiosi Jiri Moravec, Illich Arista Tuanama, Pedro E. Perez e Edgar Lehr.

Si può osservare una raganella “Ranitomeya reticolata” che vive presso la città-porto di Yurimaguas ed è protetta a livello internazionale dal momento in cui il suo habitat è stato minacciato dalla deforestazione e dal contrabbando; infatti i colori vivacissimi e la incredibile presenza scenica di questi piccoli animali, per un certo periodo, sono diventati un must presso i collezionisti di animali esotici.

Infine non possiamo non citare il Pinguino delle Galapagos, più piccolo fra quelli che appartengono al suo genere, ma considerato in pericolo di estinzione a causa dell’innalzamento delle temperature che provoca la rarefazione di pesci di cui normalmente si nutre.

La sua presenza su una delle 14 isole vulcaniche di questo piccolo arcipelago, la Bartolomé, unitamente ad un pinnacolo roccioso scolpito dai venti ne fa un simbolo distintivo di questa piccola area del Pacifico appartenente all’Ecuador.

Dall’impegno di Valerio Giovanni Russo traspare anche la sincera preoccupazione per lo sfruttamento irresponsabile delle risorse petrolifere e minerarie, per il disboscamento continuo e per tutta una serie di minacce antropiche secondarie che affliggono sia l’Amazzonia che la zona andina; ma questa è una vecchia storia cominciata secoli fa dai bandeirantes, esploratori coloniali portoghesi e brasiliani che laddove arrivavano piantavano una bandiera come a certificarne la proprietà assoluta su quel pezzo di terra; proseguita dai seringueiros che, ancora oggi e perfino nelle zone battute dal giovane zoologo, estraggono intensivamente la gomma naturale dall’albero Hevea brasiliensis per ricavarne lattice; attualizzata dai garimpeiros ovvero cercatori d’oro e diamanti che da quando ne furono scoperti ricchi giacimenti verso la metà degli anni ’70 a Sierra Pelada continuano a scavare senza posa e con uno sfruttamento sistematico di centinaia di migliaia di persone.

Certo le Galapagos rappresentano un’area naturale felice e rigorosamente protetta ma tutta la Regione Neotropicale di cui abbiamo appena parlato merita una maggiore attenzione da parte di un’umanità troppo distratta e soprattutto troppo lontana geograficamente e culturalmente.

La mostra fotografica che ci auguriamo di avere al meglio descritto ci avvicina a quel mondo misterioso e lussureggiante nonché rappresenta un’occasione straordinaria per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla drammatica situazione in cui versano gli habitat e gli ecosistemi di quella regione. Il merito va all’occhio attento dello scienziato naturalista che attraverso la conoscenza insegna a proteggere la natura e alla passione della fotografia che ritrae il vero senza nulla nascondere; una piccola mostra dai grandi contenuti capace di affascinare e smuovere chiunque.

Info:
Museo Zoologico
Via Mezzocannone 8
80134 Napoli
Tel. 081/2535164–081/2535204-081/2535212
http://www.musei.unina.it
muszool@unina.it

Orari di apertura Museo:
Lun e gio dalle 9 alle 13.30/dalle 15 alle 17
Mar, mer, ven dalle 9 alle 13.30
27/2/2012
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