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Recensioni
Paradiso Amaro
di Pasquale De Renzis
La capacità di raccontare storie unendo dramma e commedia senza risultare approssimativi è rara nella cinematografia moderna.

Uno dei più abili e apprezzati registi di “dramedy” è senza dubbio Alexander Payne che, dopo l’esordio in sordina nel ’99 con Election, ha dato vita ad un’evoluzione qualitativa realizzando tre film che rappresentano alcuni tra i migliori esempi di fusione tra genere drammatico e commedia.

A proposito di Schmidt e Sideways nel giro di due anni avevano rivelato la possibilità di narrare stati d’animo al limite della depressione con un umorismo intelligente e senza forzature comiche inutili, e Payne aveva trovato in eccellenti interpreti come il mito Jack Nicholson e Paul Giamatti due protagonisti ideali per quelle storie.

Ci sono voluti, poi, ben sette anni al regista per decidersi a trasporre sul grande schermo il romanzo a dir poco particolare di Kaui Hart Hemmings, quel Paradiso Amaro che già dal titolo preannunciava una parabola non del tutto rasserenante, e visto gli elementi narrativi portanti il sentore era giustificato: una donna entra in coma dopo un incidente facendo sci nautico e costringe il marito a prendersi cura delle figlie che fino ad allora aveva affettuosamente snobbato; l’uomo, che si sta occupando di vendere un possedimento di famiglia dalla rendita milionaria, scopre che la moglie era intenzionata a mollarlo perché innamorata di un agente immobiliare con cui lo tradiva… e dove può venir fuori la commedia in una storia del genere?

24/2/2012
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