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Cultura
E ora anche Virgilio è un “terrone”
di Angelo Forgione
«Mantua me genuit, Calabri rapuere, tenet nunc Parthenope».
L’epitaffio in latino sulla tomba di Virgilio a Posillipo dice “mi ha generato Mantova, la Puglia mi ha strappato alla vita, ora Napoli mi conserva”.

Il grande poeta fu a stretto contatto coi politici dell’antica Roma ma mai avrebbe potuto immaginare che questo messaggio ai posteri avrebbe scatenato i politici di due millenni dopo avversi a “Roma ladrona”.

È proprio una questione di cultura quella della Lega, o meglio, di mancanza di cultura.
L’assessore al turismo del Comune di Mantova, il leghista Vincenzo Chizzini, si è infatti scagliato contro le celebrazioni del poeta di casa alla mostra “Virgilio, volti e immagini del Poeta” aperta a Palazzo Te.
«Virgilio se n’è andato a Roma, in Calabria, infine a Napoli, dove è sepolto. Ci ha traditi».

Doppia gaffe! Virgilio, dopo Roma, non si recò affatto in Calabria. “Calabri”, sull’epitaffio della sua tomba, indica il nome bizantino del Salento laddove morì (a Brindisi) durante il rientro da un viaggio in Grecia, mentre la Calabria si chiamava Bruzio.

È evidente che l’Assessore Chizzini ha avuto difficoltà a tradurre dal latino quanto ha letto circa la vita del poeta, interpretando peraltro il tempo perfetto latino “rapuere” come rapimento emotivo e non fisico.
“Calabri rapuere” non vuol dire “la Calabria mi rapì” ma “a Brindisi fui rapito dalla morte”.

La mostra, che espone un raro mosaico raffigurante Virgilio tra le muse Clio e Melopomene ottenuto in prestito dalla Tunisia e proveniente da una villa romana di Hadrumetum, oggi Sousse presso Hammamet, si è trasformato in uno scontro su tutti i fronti a suon di brutte figure.

Il parlamentare leghista Gianni Fava, all’inaugurazione con gli ospiti tunisini (console, ministro e sindaco di Cartagine) tra cui Afef Jnifen, ha detto: «non capisco perché Mantova debba essere ricettacolo di soubrette a fine carriera».

Ancora una dimostrazione di come la cultura e la storia siano bersaglio leghista da immolare sull’altare della demagogia e della propaganda.

Stavolta è il turno di Virgilio che non fu solo un poeta epico d’epoca romana innamorato di quella culla di cultura che è Napoli e dell’intera “Magna Grecia”, ma della città partenopea anche patrono dopo Partenope e prima di San Gennaro, nonché suggestivo mago.

Il mantovano Virgilio, timido e riservato per natura, si spostò a Napoli in seguito ad una crisi esistenziale da risolvere apprendendo la dottrina di Epicuro alla scuola filosofica di Sirone e Filodemo.

L’Epicureismo subordinava la ricerca filosofica all’esigenza della tranquillità dello spirito umano e divenne il riferimento del taciturno ragazzo del nord che trovò la cultura e il saper vivere al Sud, laddove aprì la sua mente conoscendo personaggi politici ed artistici di primario rilievo, tra cui Orazio.

Napoli accolse più tardi anche la sua famiglia in fuga da Mantova a causa della confisca dei terreni di proprietà seguita alla “battaglia di Filippi”.

E a Napoli diede sfoggio delle sue capacità letterarie componendo le Bucoliche, le Georgiche e l’Eneide, divenendo riferimento della popolazione e simbolo della libertà politica e della cultura della città che dopo la conquista romana conservò la sua estrazione ellenica.

L’uomo che onora il nome di Mantova è uomo di cultura di Neapolis, legato alle leggende di Piedigrotta, del Castell’Ovo, della Grotta di Posillipo e di tante altre testimonianze storiche della fortuna che un uomo del Nord trovò al Sud, come avveniva fino ad un certo momento della storia d’Italia in cui la cultura fu sottomessa alle armi e all’ignoranza.

Virgilio amò Posillipo, dove si fece seppellire, perchè era il luogo incantevole della “pausis lype”, ovvero il riposo dagli affanni… di un’infanzia mantovana.

Ai leghisti tutto questo non va giù e rifiutano di accettare che se non fosse sceso a Napoli, Virgilio non sarebbe diventato il Virgilio che da lustro a Mantova e non avrebbe ispirato la rivoluzione linguistica italiana di Dante.

31/10/2011
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