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Ancora Giorgio Bocca
di Angelo Forgione
Ancora attacchi di Giorgio Bocca alla gente del Sud, stavolta in un documentario dal titolo “La neve e il fuoco” per Feltrinelli Real Cinema in cui ha esternato diversi punti di vista decisamente intolleranti.

Omofobia per Pasolini, disprezzo per Marco Travaglio, disgusto per il Sud.

E per finire, una confessione che butta un secchio di acqua gelida su chi al Sud lo ha fin qui letto ritenendolo super partes.

Queste le parole di Bocca: «(…) paesaggi meravigliosi e questa gente orrenda (…). Insomma, la gente del Sud è orrenda (…) contrasto incredibile fra alcune cose meravigliose e un’umanità spesso repellente».

Una volta si sarebbe trovato in una viuzza vicino al palazzo di giustizia di Palermo: «C’era una puzza di marcio, con gente mostruosa che usciva dalle catapecchie».

«Vai a Napoli ed è un cimiciaio, ancora adesso».

L’intervistatrice, disperata, cerca di fargli dire qualcosa di gentile sui meridionali, gli chiede se non veda «poesia, saggezza» nel modo di vivere di quelle parti. E lui: «Poesia? Per me è il terrore, è il cancro. Sono zone urbane marce, inguaribili.

Il Sud fa talmente schifo che se vai lì ne cavi di sicuro qualche bell’articolo (…). Li vado a caccia grossa di belve. Insomma, non sei grato alle belve, fai la caccia grossa, ma non è che fraternizzi con le belve».

«Qualche parola buona sul Meridione nei miei libri si trova perchè è necessaria un po’ di ipocrisia. Sapevo sempre che dovevo tener buoni i miei lettori meridionali, quindi davo un contentino».

Dunque, nuova raffica di offese alla gente del Sud in tutta la sua totalità, nonché un colpo basso a quei lettori meridionali che hanno ascoltato le sue analisi e letto i suoi scritti pensando che fossero obiettivi e non intrisi di prevenzione.

Un pericoloso “manifesto” contro milioni di persone che contribuisce fortemente alla diffusione di luoghi comuni e di un razzismo antimeridionale rischioso e dannoso in un momento delicato e complesso come quello che l’Italia, ed in particolare l’Italia meridionale, sta vivendo tra crisi economiche, disoccupazioni crescenti, un’emigrazione soprattutto giovanile sempre più drammatica e questioni meridionali tuttora irrisolte dopo 150 anni.

Non c’è da mettere la testa sotto la sabbia: la gente del Sud è vittima certamente di altra gente del Sud così come di una certa gente del Nord, e non è certamente uno scrittore prevenuto che può indicare la via della riflessione e il confronto.

Quello che Giorgio Bocca può ottenere, forse volendolo, è uno scontro culturale.

È comprensibile che un uomo di 91 anni sia vittima delle sue convinzioni, e finisca col diventare rabbioso per non vederle affermate.

Ma Bocca dovrebbe rassegnarsi ad andare serenamente incontro al tramonto senza veder realizzati i suoi propositi intolleranti.

30/9/2011
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