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Lotto e Tombola, tradizione ebraica e fantasia napoletana
di Angelo Forgione
È il gioco della sorte legata ai numeri inventato a Napoli nel 1734, adottato all’estero e rigirato a noi sotto altro nome (Bingo).
Si tratta della Tombola la cui genesi si lega all’esoterismo e più precisamente alla cabala, detta anche càbbala o più esattamente Kabbalah, dall'ebraico qabbàlàh che significa ricezione, con la quale si indicano le dottrine mistico-esoteriche ebraiche, riferite a Dio e all'universo, rivelate ad una cerchia ristretta di persone e poi tramandate di generazione in generazione.

Secondo la qabbàlàh, nella Bibbia non esiste parola, lettera o numero privo di un significato celato, nel solco del simbolismo sul quale si basa il mondo stesso.
Su questa base i cabalisti formarono una dottrina interpretativa che formulò una concezione secondo la quale, utilizzando la correlazione numerologica tra lettere e numeri, era possibile calcolare il numero preciso corrispondente ad ogni parola.

A tutto ciò si unì la convinzione che i sogni fossero lo sfogo comunicativo delle forze extra umane, capaci però di manifestarsi anche tramite accadimenti naturali che venivano considerati segni del destino, e subito tradotti in numeri.

Si maturò così la codificazione e la numerazione dei simboli onirici e fisici che divennero elemento per tentare la fortuna nella Napoli del ‘700, città esoterica per antonomasia, dove il Lotto nacque come gioco popolare benché clandestino.

Resa indipendente Napoli nel 1734, il re Carlo di Borbone, nel suo illuminato progetto di sviluppo sociale e di accrescimento culturale, volle ufficializzare il gioco del Lotto nel Regno per strapparlo alla clandestinità che sottraeva entrate alle casse dello Stato.

Trovò però l’opposizione del frate domenicano Gregorio Maria Rocco, uomo di grande carisma e potere, noto in tutta la città perchè capace di ispirare numerose iniziative grazie alle quali la delinquenza fu decisamente arginata.

Il frate riteneva eticamente sbagliato introdurre un simile gioco in un regno in cui gli insegnamenti cattolici erano alla base del fondamento educativo. Si arrese al Re quando questi lo convinse che il Lotto, se giocato clandestinamente, avrebbe potuto arrecare danno alle tasche dei sudditi.

I due contendenti strinsero un patto secondo il quale il gioco del Lotto sarebbe stato sospeso nella settimana delle festività natalizie per evitare distrazione al popolo in preghiera. Ma ormai quel gioco era entrato nel costume dei cittadini che a quel punto, per non doverne fare a meno, si organizzarono per conto proprio.

Fu così che la fantasia popolare fece in modo che i novanta numeri del lotto fossero infilati nei cosiddetti “panarielli” di vimini e ognuno si disegnasse delle cartelle improvvisate con dei numeri scritti a caso. Il gioco pubblico del lotto divenne gioco familiare della tombola, figlio quindi del matrimonio tra il Lotto stesso e la fantasia dei Napoletani. La parola “tombola” deriverebbe da tombolare, ovvero roteare e far capitombolare i numeri nel “panariello”.

Gioco natalizio per eccellenza, proprio perché nato nel Natale del 1734, ma la Tombola è giocata a Napoli durante tutto l’anno nei quartieri popolari dove per tradizione possono partecipare esclusivamente donne che seguono la chiassosa chiamata dei numeri effettuata dai “femminielli”, mentre agli uomini è consentito solo assistere fermi sulla porta o alla finestra.

24/2/2011
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