Cultura
I globali del terzo millennio, dal Cilento al mondo
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Un romanzo sociale. Così potrebbe definirsi l’opera di 500 pagine che il sociologo-giornalista Giuseppe Lembo ha dato alle stampe e che ha presentato nel salotto letterario del Denaro discutendone con il Ermanno Corsi e il presidente della Mostra d’Oltremare Nando Morra.
Sono emersi rischi e opportunità di una società che sempre più si adegua alla globalizzazione, in un silenzio assordante e pericoloso.
Il nuovo appuntamento di Librinredazione, che quest’anno compie il quarto anno di incontri dedicati soprattutto a testi scritti da giornalisti, ha avuto dunque come protagonista il volume “I globali del terzo millennio”, un libro-inchiesta che partendo dall’analisi del territorio cilentano come osservatorio privilegiato di studio e di conoscenza, si allarga alle problematiche della Campania e da qui al mondo intero, affondando nel disagio della condizione umana, dal locale al globale. E ci si domandava: siamo nella società del terzo millennio, come affrontare e sopravvivere alla globalizzazione preservando identità e radici? Qual è la giusta via della dimensione globale?
Territori di forte tradizione come il Cilento, ricchi di bellezze naturali inusitate, sono stati però solo un trampolino di lancio che Lembo ha “utilizzato” per ragionare sulla condizione umana a livello universale. E forse qualcuno sarà rimasto deluso.
“Siamo nella società del terzo millennio – ha detto la moderatrice dell’evento Federica Cigala, introducendo l’argomento – e allora, qual è il modo migliore per sopravvivere alla globalizzazione? È certo un problema politico amministrativo, ma anche dei singoli cittadini e perché no? della famiglia”.
Il pensiero parmenideo evocato più volte nel corso del commento da parte di Corsi e dell’autore non spiega questo movimento continuo dell’umanità dal particolare (territorio ristretto) al globale, ovvero l’universalità di certi comportamenti che, nei nostri giorni più che mai, rendono il mondo uguale a se stesso, in ogni sua parte.
Esempio evidente, anche se minimalista, il panino di Mac Donald – ma tanti sarebbero gli esempi a livello commerciale – uguale in tutte i negozi sparpagliati nelle più svariate Nazioni…
Ma Parmenide non diceva il contrario? Che l’essere è fermo e immutabile e che invece il divenire è un non-essere? L’uomo non è stanziale, ma in continuo movimento!
“Ciò che è dannoso non sono gli uomini cattivi ma il silenzio di quelli buoni”, già diceva, infatti, Martin Luther King, frase non a caso ricordata dalla Cigala.
“Il buono che è consapevole e resta in silenzio è corresponsabile – ha sottolineato l’autore - e parlare diventa un dovere: il cittadino deve avere il coraggio di parlare e agire poichè non possiamo sopportare che altri possano decidere per noi”.
S’infiammava Lembo che ancora diceva: “Partecipazione è una parola molto seria che non permette a nessuno di derogare”. Mentre il suo discorso veniva semplificato da una battuta di Corsi: “Succede che è sempre uno solo tira la carretta e altri quattro sopra, a farsi tirare!”
Il presidente Morra ha chiarito la posizione di Napoli, punto di riferimento e di ritorno di scambi culturali, di cui la Mostra d’Oltremare è l’esempio multiculturale, multirazziale e quindi globale segno di tempi che devono andare avanti.
“C’è un’ansia mediterranea molto presente quando parte dalla necessità di difendere le caratteristiche dei nostri luoghi – ha detto Morra nel suo intervento – e il Cilento è espressione del profondo Sud, lontano, marginale e emarginato, quasi un isolamento che oggi invece potrebbe diventare ‘splendido isolamento’ e, grazie alle tecnologie, centro del mondo, modello di sviluppo da esportazione”.
La globalizzazione, sfida del terzo millennio, è comunque irreversibile, hanno concluso i relatori e la centralità dell’uomo va costruita e realizzata non perchè luogo cilentano ma italiano. E la tragedia umana degli sbarchi di questi giorni è l’evidente assenza dell’Europa nel processo della globalizzazione.
Il libro di Lembo in definitiva rappresenta una summa di problematiche legate alla Campania come atipica e complessa denuncia di riflessione e di proposte: denuncia scetticismo, ma anche speranza con grande onestà. Una lettura in positivo di un’appassionata sofferenza.