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Al seggio non c’è mai fine
di Mimmo Carratelli (da: la Repubblica del 31 gennaio)
In via Toledo scatta l’ora legale. Arriva furioso l’Orlando Andrea del Pd centrale per dipanare, sbrogliare, districare e risolvere i rovi e gli uccelli del Pd napoletano, covo di vipere primarie, tana di volpi e serpenti, vasca di delfini e sogliole, ombre cinesi sulle pareti, maggioranze bulgare e filippine nelle urne dei torti.

Arriva quest’altro commissario nel Pd partenopeo dei relitti e delle pene, il partito di rissa o di raffa (se non è zuffa è pan bagnato), di sapessi come è strano votare a Miano.
Troppa folla in via Ianfolla (al seggio non c’è mai fine).

Quarantacinquemila votanti alle primarie (domenica, maledetta domenica) sono stati un successone e il popolo del Pd è andato in broglio di giuggiole.
Aperte le schede, contati i voti, comunicati i risultati, è cominciato il fango delle capinere.

Seggi anomali. Contestazioni e schifezze. Corsi e ricorsi (c’è chi va per i vichi). Il vincitore non vince. Gli sconfitti non perdono perché rifiutano di perdere (è la nuova crisi dei rifiuti).

Si registrano pareri differenziati. Il danno è tratto, la segreteria è Tremante, è necessaria una badante.
Ed ecco il commissario Orlando (Orlando dopo Morando e via cantando) che, di fronte alle anime molte del Pd napoletano, dovrà azzerare e congedare, affrontare le faide (faidatè, gli ha detto Bersani, gratta il barile e vinci), combattere le ombre (ombra su ombra, che notte buia che c’è, povero me, povero me), smussare e rimuovere.

Contatterà i contendenti per venire al dunque (duello al sodo). L’ordine è: non spingete, fate un passo indietro (roba da passi), scomparite.

Io resto dice uno, no tu no. Il resto di niente. E io non voglio una vittoria a tavolino dice l’altro. Farsa che sì farsa che no.
Basta, ci vuole un nome unico, un candidato comune (mezzo gaudio), un magistrato (dura lex sed lex), un Cantone non quattro. Chi cerca, toga.
31/1/2011
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