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Cronaca
Un morso alla Grande Mela
18 - Muoviti muoviti
di Angela Vitaliano
Ci sono molti modi, a New York come altrove, di vivere in una citta’ diversa da quella in cui siamo nati e cresciuti: ci si puo’ limitare a vivere dietro le quinte, ancorati alle proprie abitudini, oppure ci si puo’ lasciare attraversare da ogni impulso proveniente dall’esterno e rispondere come in una danza, muovendosi all’unisono con la citta’, lasciandosene contaminare e contaminandola a nostra volta.

Tutto cio’, ovviamente, in una citta’ cosmopolita come la grande mela, vale molto di piu’ e per essere un newyorker bisogna assolutamente fare un po’ di spazio dentro di se’ per cose che non avremmo mai pensato di amare e di cui poi non riusciamo a fare a meno. Come il cappuccino dopo il pranzo o la cena quando sei al ristorante: un’abitudine che non ho nessuna intenzione di perdere. O la palestra. Per chi, come me, aveva “bazzicato” le palestre sempre con il distaccato disgusto di chi, sotto sotto, non ha nessun interesse per quegli strani attrezzi, ne’ per l’osservarsi in uno specchio mentre si suda senza ritegno, la palestra e’ stata pensata prima di tutto come un luogo dove fare amicizia. Sbagliato. In palestra, a New York, non si fa amicizia: si suda e si lavora come se ci si stesse allenando per le Olimpiadi e quando si sceglie di rilassarsi, si legge un giornale o un libro.

Insomma, in palestra ci si allena, si mangiano barrette e frutta e, al massimo, si consulta la posta in internet (nelle palestre migliori ci sono computer disponibili) ma parlare no, quello proprio no. La palestra, in effetti, riflette molto della filosofia di vita di questa citta’: efficiente, salutista e fissata con le ultime mode. C’e’ in particolare una “catena” di palestre famosissima in tutti gli Stati Uniti,  che solo in citta’ ha 22 centri sparsi da nord a sud e da ovest ad est: ciascuno con la propria specialissima identita’ che diventa l’immagine del quartiere. A Wall Street, ad esempio, l’ora di maggiore afflusso e’ quella della pausa pranzo, con qualche coda dopo l’orario dell’ufficio.

Qui ci si viene “anche” se si e’ alla ricerca di giovanotti rampanti, muscolosi e non travolti dalla crisi, quindi in grado di offrire una cena. Se con qualche manovra indovinata, li si riesce a distrarre dal loro Financial Times, c’e’ qualche buona speranza di rimediare un invito. Per sapere, invece, se l’Ipad e’ davvero cool bisogna andare al Village, dove chi corre sul tappeto non ha un Ipod con cuffietta ma delle cose tecnologiche alla Star Treck. Al centro del Village, fra corsi in grado di far sudare anche le magliette di ricambio nello spogliatoio e meditazioni in stile orientale, persino gli elastici per i capelli sono all’ultima moda, magari con dentro qualcosa per massaggiarti il cuoio capelluto. Se, invece si sceglie l’Upper East Side, ci si convince che lo sport, fatto con la giusta precauzione, mantiene giovani.

Qui si riesce anche, quindi, a fare una conversazione (tanto per riprendere il fiato) e una delle mie compagne di “corso di danza” preferite ha 82 anni e lo spirito di una 25enne. Nella struttura eco compatibile dell’Upper West Side, invece, ci sono giornalisti, scrittori, moltissimi studenti universitari e qualche mamma a cui non va di correre spingendo il passeggino nel parco (scena tipica come vedere qualcuno camminare e mangiare un hot dog) e che puo’ avvantaggiarsi della presenza di una sala giochi con tanto di baby sitter (abbastanza lontana dal resto cosi’ da preservare chi invece non ha nessuna voglia di sorbirsi pianti e stridolini di bambini).
12/4/2010
  
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