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Cronaca
Un morso alla Grande Mela
14 - subway girl
di Angela Vitaliano
Ci sono due cose che a New York non devono mai mancare nella tua borsa: una carta di credito e la metrocard, alias l’abbonamento ai mezzi di trasporto pubblici.

In una citta’ in cui il traffico puo’ essere davvero uguale a quello visto in tanti film, con ingorghi che durano dalla prima neve allo sbocciare delle gemme, non c’e’ niente di meglio che muoversi a piedi, in metro e con gli autobus. Dire “metropolitana” e’ alquanto riduttivo, considerato che di linee ce ne sono venti e che, a loro volta si dividono in treni locali e treni espressi; alcune vanno per numeri (dalla 1 alla 7), altre per lettere (A, B, C, D, E, F, G, L, N, Q, R, V, W) ma, appena arrivata qui, io imparai a raggrupparle per colori, facendo divertire molto il mio amico Michael che decise che io ero una “subway girl”.

Con il tempo ho imparato le fermate, se e’ meglio salire in testa o in coda al treno, quelle piu’ pulite e quelle meno pulite, quelle con i vagoni nuovi e quelle con i vagoni vecchi, quelle piu’ frequenti e quelle meno frequenti. Insomma, la metropolitana e’ diventata (quasi) senza segreti per me, sebbene ci siano ancora delle volte in cui mi ritrovo a 40 strade dopo la mia fermata per un annuncio non compreso al volo. Per molto tempo, quella degli annunci e’ stata una specie di ossessione perche’, secondo me, rivelava i progressi del mio inglese; ho scoperto poi che la pratica linguistica contava ben poco perche’ per lo piu’ si trattava di un fattore di attenzione, tant’e’ che il 90% dei viaggiatori, assorti nella lettura o nell’ascolto dell’Ipod, non sentono sistematicamente cio’ che viene annunciato. Dopo un po’ si va un po’ a caso e basta una parola per capire il senso della frase: “bag”, quando la polizia ti ricorda che devi segnalare “qualsiasi oggetto sospetto”; “harrassment”, quando ti informano che “una metropolitana affollata non e’ una scusa per atteggiamenti inappropriati”; “express” quando ti mettono al corrente che il treno locale e’ diventato espresso e che la prossima fermata, appunto, saltando la tua, e’ quasi a Brooklyn.

Sebbene sia una vera e propria fan della metro, ho imparato anche ad amare gli autobus e a guardarli sempre piu’ come una metafora della civilta’ di questa citta’. Dei bus non conosco numeri ne’ percorsi, riesco a indovinare al massimo se vanno da nord a sud o da est ad ovest. So pero’ che, per salire a bordo, ci sono le file piu’ ordinate (a volte lunghe e lente) che abbia mai visto, che i conducenti sono, nella norma, gentili e spesso fanno commenti simpatici nell’annunciare la fermata successiva; gli anziani trovano sempre qualcuno che offra loro il posto per sedersi. Cio’ che piu’ mi colpisce, pero’, e’ il rispetto per i “diversamente abili” che qui a New York girano “abbastanza” facilmente. Ci sono persone in carrozzella che prendono l’autobus da sole grazie al fatto che tutti i bus sono dotati di pedane mobili, di posti speciali e che il conducente e’ obbligato ad aiutarli ed assicurarsi che siano adeguatamente sistemati. A volte l’operazione richiede diversi minuti durante i quali i sempre “frettolosi” newyorchesi, non battono ciglio e, se necessario, danno un aiuto.

25/1/2010
  
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