Cronaca
Uno “strano oggetto a forma di chitarra”
Nella Reggia di Caserta
di Angelo Forgione
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Provate ad aprire il vocabolario della lingua italiana e a cercare la voce “borbonico”. Troverete la parola come sinonimo di retrogrado e retrivo. Un termine quindi dispregiativo, umiliante nei confronti della persona a cui é rivolto.
In realtà la vera storia dell’Italia pre-risorgimentale insegna che i reali di Napoli tutto erano fuorché retrogradi e arretrati, capaci con le loro idee illuminate di creare sviluppo e ricchezza in una terra meridionale oggi si veramente arretrata sotto il profilo economico e sociale. I primati sette-ottocenteschi del Regno delle Due Sicilie sono inconfutabili e incancellabili nonostante le opportunistiche strategie di denigrazione avviate con l’unità d’Italia dalla dinastia Sabauda dei Savoia e dalla politica diffamatoria avviata da Cavour, ancora oggi in atto sulla scia mai arrestata di quelle vicende storiche.
Un vocabolo riferito ad una “filosofia” di governo indiscutibilmente illuminata è entrato di prepotenza nei dizionari stampati all’epoca senza mai uscirne e senza che nessuno, ai tempi moderni, si sia mai preoccupato di ridiscuterne la liceità, anche e soprattutto in virtù del fatto che la parola nasconda un chiaro proposito denigratorio: borbonico è sinonimo di napoletano e più in generale di meridionale, e per la proprietà transitiva l’accezione attribuita alla parola appare a tutti gli effetti denigratoria, quindi eticamente diseducativa non solo dal punto di vista storico ma particolarmente in chiave sociale.
Il tempo è sempre galantuomo e gli avvenimenti del ‘900 sono riusciti a spingere fuori del territorio italiano i discendenti di Vittorio Emanuele II, dimostrando di che pasta fossero fatti i Savoia, ma non sono riusciti a spingere fuori dal dizionario la voce “borbonico” perché la dinastia sabauda è oggi innocua al contrario di una certo razzismo strisciante tra i “fratelli d’Italia”.
Un esempio apparentemente frivolo ma invece molto indicativo della modernità delle idee borboniche rapportate agli stati ottocenteschi d’Italia, quelli si davvero retrivi, è rappresentato da un oggetto visibile alla Reggia di Caserta. Si tratta del bidet nella stanza da bagno della Regina, che può lasciare quasi indifferente al giorno d’oggi se non fosse che in realtà quell’esemplare va riportato al contesto sociale di quegli anni.
Il bidet fece le sue prime apparizioni alla corte di Francia ad inizio ‘700, ed è curioso che poi sia praticamente sparito dalla stanze da bagno d’oltralpe. Il nome proviene dal vocabolo francese col quale si indicano i pony, che come l’oggetto in questione va cavalcato. I Borbone furono i primi a comprenderne l’utilità e mentre in Francia non prese mai piede, nello Stato duosiciliano fu invece diffuso in buona sostanza. Nel Regno di Sardegna e negli altri territori italiani l’oggetto rimase sconosciuto fino all’invasione piemontese del 1860, allorché ogni ricchezza fu sottratta al “retrogrado” Sud borbonico per risollevare le condizioni economiche e sociali del savoiardo nord.
I Piemontesi si impadronirono dei Siti reali borbonici e alla maestosa Reggia di Caserta, facendo l'inventario di ogni cosa esistente, si trovarono di fronte ad un grosso dilemma nel momento in cui fecero la conoscenza del bidet; non sapendo di cosa si trattasse e a cosa servisse, lo catalogarono come "oggetto per uso sconosciuto a forma di chitarra".
Nel Gennaio del 2007, durante il Consiglio dei Ministri straordinario tenutosi a Caserta, quel bidet suscitò la curiosità dei politici e la più informata si rivelò Giovanna Melandri che dileggiò gli attoniti colleghi settentrionali dicendo: «Qui i Borbone avevano già il bidet nel bagno, ma quando vennero i Savoia lo definirono oggetto sconosciuto a forma di chitarra, capito i civili "nordici"?»
Ed è significativo anche che nello stesso palazzo reale vi fossero già acqua corrente calda e fredda.
Di servizi igienici erano dotate anche le case di Ferdinandopoli, la comunità industriale delle sete di San Leucio, assegnate da Re Ferdinando IV ai coloni istruiti per diventare eccellenti artigiani in quella che fu definita la sua “utopia” ma che in realtà fu il primo esperimento concreto di città sociale basata su diritti, doveri, uguaglianza e meritocrazia.
Non è raro ascoltare oggi, nella contemporanea nazione italiana disgregata, un cittadino del nord che offende uno del sud. Allo stadio come fuori, per i Napoletani c’è spesso lo stantio invito all’uso del sapone, di cui il Regno delle Due Sicile fu peraltro grande produttore ed esportatore. Le esortazioni al Vesuvio affinché lavi col fuoco gli abitanti di Partenope suonano insensate a chi l’igiene intima la conosce da secoli, prima di tutti coloro ai quali invece è stata insegnata e diffusa.
Non è solo una questione di concetto di igiene intima avanzata; fabbriche, flotte, ricerche, scavi archeologici, innovazione, sistemi pensionistici, apparato sociale e tanto altro vedono quella Napoli e quel Sud primeggiare in Italia e in Europa. Quella voce sul dizionario è aberrante e andrebbe cancellata, e basti un dato storico incontrovertibile per mettere a tacere ogni discendente ai giorni nostri dei denigratori dei Borbone: all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1856, quattro anni prima dell’invasione piemontese, allo Stato delle Due Sicilie fu assegnato il Premio come terzo paese al mondo per sviluppo industriale, dopo Inghilterra e Francia, il primo in Italia. Alla faccia dell’arretratezza e dei vocabolari!
Guarda il video “IGIENE INTIMA INTRODOTTA IN ITALIA DAI NAPOLETANI”
http://www.youtube.com/watch?v=IqdJ4Ls7PaE