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Cultura
Sant’Orsola a Chiaia
di Dante Caporali
In Via Chiaia, nelle immediate adiacenze del Teatro Sannazzaro, sorge l’antica chiesa di Santa Maria della Mercede, conosciuta anche come Sant’Orsola a Chiaia. La zona di appartenenza della chiesa era stata inclusa nelle mura cittadine soltanto nel 1533 in seguito all’espansione decretata dal viceré Pedro de Toledo, che comportò l’edificazione di numerose case e palazzi, tra i quali il più prestigioso, tuttora esistente, era quello dei Carafa di Stigliano, diventato poi dei Giudice, principi di Cellamare, da cui deriva il nome attuale.
 
Verso la metà del ‘400, sotto la dominazione aragonese, presso l’ospedale dell’Annunziata fu edificata una chiesa dedicata a Santa Maria della Pace, affidata ai frati spagnoli di Santa Maria della Mercede, ordine religioso fondato in Spagna già due secoli prima da San Pietro Nolasco allo scopo di riscattare i cristiani fatti prigionieri dai Saraceni. Oltre 50000 schiavi cristiani furono liberati nei primi 130 anni dalla costituzione di quest’ordine, anche se molti Mercedari incontrarono la morte durante le loro missioni di redenzione.
Nel 1567 i religiosi si trasferirono in Santa Maria al Monte presso Porta Medina e poi nel 1570, a causa di un’alluvione che danneggiò gravemente questa sede, fu donata loro da Antonio Carafa principe di Stigliano la piccola cappella gentilizia di Sant’Orsola a Chiaia, edificata verso la metà del ‘500 dal nobile spagnolo Annibale de Troyanis y Mortella.

Successivamente negli anni tra il 1574 e il 1640 i Padri Mercedari, grazie alle donazioni di varie famiglie nobili napoletane ed a cospicui contributi economici della casa regnante spagnola, inglobarono questa struttura in una nuova chiesa intitolata a Santa Maria della Mercede, che fu affiancata da un grande convento.

Nel 1809, in seguito dell’occupazione napoleonica, l’intero complesso fu confiscato ed il grande ed importante convento, dove avevano alloggiato fino a trenta religiosi, fu destinato a scopi militari, mentre la chiesa fu provvisoriamente assegnata alla Congregazione di Santa Maria della Mercede. Soltanto nel 1829 la chiesa ed il convento furono riconsegnati ai religiosi, ma nel 1865, all’indomani dell’Unità d’Italia, il complesso fu nuovamente confiscato ed i Padri Mercedari furono costretti ad abbandonarlo definitivamente.
Nel 1875 il chiostro del convento, che ospitava il cimitero dei monaci, fu demolito ed al suo posto gli architetti Fausto Niccolini ed Antonio Francesconi vi eressero il Teatro Sannazzaro.
La facciata della chiesa termina in alto con un grande timpano triangolare sorretto da lesene scanalate ed un altro piccolo timpano è posto a coronamento della cella campanaria, mentre la zona inferiore presenta un alto basamento in parte liscio ed in parte a bugnato (fig. 1).

L’interno è a navata unica con cappelle laterali ed è affrescata da G. Gravante nella volta con l’Apparizione della Madonna della Mercede a San Pietro Nolasco, sugli archi delle cappelle laterali con le Storie della Vergine (1851) e sui soprarchi dei due cappelloni con lo Sposalizio della Vergine e la Redenzione degli schiavi compiuta dai Padri Mercedari (1852). Gli altri riquadri della volta e gli affreschi sulla controfacciata sono invece opera di G. Vollano, che li eseguì nel 1951. Nei pennacchi della cupola vi sono le raffigurazioni in stucco di quattro Santi dell’Ordine Mercedario, risalenti alla metà dell’800 (figg. 2-3).

Le cappelle laterali con altari in marmo della seconda metà del ‘600, sono racchiuse da balaustre settecentesche ed ospitano varie lastre sepolcrali di nobili spagnoli. L’altar maggiore presenta gli stemmi dei Mercedari, che si ripetono anche nei due grandi splendori lignei intagliati, ottocenteschi, che lo fiancheggiano: al di sopra dell’altare è collocata la statua di Santa Maria della Mercede con il Bambino Gesù. Sull’altare del cappellone destro si trova una tela raffigurante Il martirio di Sant’Orsola, di un ignoto manierista di inizio ‘600, la cui iconografia ricalca quella del noto dipinto del Caravaggio custodito nella Galleria di Palazzo Zevallos Stigliano; nella stessa cappella vi sono anche due dipinti su lavagna: San Girolamo che ode la tromba del giudizio (fig. 4) e la Maddalena penitente (fig. 5), di ignoto artista tardo-seicentesco.
 
Sul pilastro destro dell’arcone d’accesso alla zona presbiteriale vi è la venerata immagine di Santa Maria della Vittoria (fig. 6), risalente probabilmente alla fine del ‘500. Una lapide marmorea, datata 1719, posta sulla destra dell’immagine, ricorda che questo ritratto, appartenuto originariamente al papa San Pio V, pervenne all’arcidiacono spagnolo Lorenzo Estable de Salazar che prima lo portò in Spagna nel 1602 e poi a Napoli nel 1607 per essere infine donato a questa chiesa a venerazione dei fedeli (fig. 7).

Infine nella zona d’ingresso, su di un ampio arco ribassato, vi è la cantoria con un organo meccanico del 1853, opera di Raffaele De Feo, noto organaro dell’epoca.

19/9/2008
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Fig. 1Fig. 2Fig. 3Fig. 4
Fig. 5Fig. 6Fig. 7
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