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Cronaca
Precari pensionati ecc… cittadini semplici
di Vincenzo Cicala
Il federalismo fiscale è un concetto semplice e giusto. Tutte le spese per il funzionamento della macchina statale – dalla sanità alla pubblica istruzione ai vigili urbani alla nettezza urbana ecc… – sono prelevate dalle entrate dello stato, principalmente dalle tasse dirette ed indirette.

Il cittadino le versa con l’IRPEF e le paga con l’Iva quando compra un chilo di mele, paga contributi enormi sul proprio lavoro, bianco e palese, millesimale sulle grosse transazioni finanziarie. La Lombardia versa dieci miliardi di entrate e riceve 600 milioni di spese, come ho letto da una dichiarazione della Moratti. La Campania, viceversa, spende molto più delle sue entrate. I soldi vengono presi da quelli di milanesi, bergamaschi ecc….

Si pensi ai 14 miliardi di euro per i rifiuti. La stessa cosa capita per la sanità. Il pagamento dei consulenti e degli amici esperti, le trasferte, le rappresentanze, gli stipendi della vasta corte di dirigenti e tutte le altre spese non direttamente connesse alla cura dei degenti esauriscono presto le entrate della Regione Campania. Si crea una serie di affari derivati, come la cartolarizzazione o le intermediazioni, sulle quali chiaramente chi opera deve guadagnare. Aumenta il debito che, in tutto od in parte, viene pagato dallo Stato, cioè dai soldi versati da quelle regioni le cui entrate superano di gran lunga le uscite. Le loro entrate rappresentano il loro prodotto interno lordo effettivo. Non è che non ci sia lavoro in nero oppure altri brogli, ma la somma di essi è trattenuta in una percentuale che consente una lettura abbastanza veritiera del bilancio, del tenore e della qualità di vita del territorio.

Non così per la Campania. Quando il ministro Maroni dice che la tale spesa sarà coperta con un miliardo di euro preso dai soldi sequestrati ai malavitosi, sa due cose: la prima che è difficile e complicato muovere i soldi della malavita e per questo inclina il suo dire ad un accento di ironia, la seconda che sta parlando di una piccola parte dei proventi della stessa. L’osservatorio regionale calcola ad una quota considerevole, diciamo un terzo del PIL, la ricchezza prodotta in un anno dalle associazioni malavitose.

Devono aggiungersi altre voci, per esempio il lavoro in nero, le operazioni ed i traffici svolti illegittimamente da funzionari di amministrazioni pubbliche, l’evasione fiscale di commercianti, artigiani, liberi professionisti ecc… Le cifre del PIL pubblicate sono una chiacchiera rispetto alla ricchezza prodotta. Se non fosse così, con tanta miseria, non si spiegherebbe tanto sfoggio di lusso e di simboli di vita gaia. Le entrate, però, sono connesse alla chiacchiera, non alla verità della ricchezza prodotta. Quello che manca per finanziare servizi appena appena decenti è preso dai soldi delle regioni ricche. Con il federalismo fiscale ci saranno due grandissime novità: la prima è che il calcolo delle prestazioni avverrà in base al costo standard, la seconda che i soldi in più che occorrono per rendere le prestazioni essenziali comparabili su tutto il territorio nazionale - la perequazione - sarà sostenuta solo in parte dallo Stato. Ciascun cittadino ha assistito al protrarsi decennale di opere iniziate, semicompiute, da rifinire. Ciascuna sosta aumenta il costo dell’opera.

Per esempio il costo delle opere dell’autostrada Salerno Reggio Calabria non è paragonabile con il computo metrico iniziale. Così per esempio per gli ospedali semicostruiti semirifiniti, ma anche per un semplice laboratorio di analisi od una sala operatoria ecc… Si comprende bene come il finanziamento statale, perdurando speculazioni e ritardi, non coprirà il costo del pubblico servizio perché si riferisce al costo standard iniziale e non permette deroghe. Per consentire la perequazione, cioè per assicurare anche in Campania i servizi essenziali, a causa della scarsa ricchezza prodotta, vi è necessità di un finanziamento aggiuntivo o con finanziamenti UE o con contributi speciali dal bilancio dello Stato oppure con tasse regionali oppure aumentando il costo dei servizi. Dato che l’integrazione dal bilancio statale incontrerebbe l’ostilità delle regioni ricche, mentre i finanziamenti UE sono una strada di lungo ed accidentato percorso, la via più breve è quella di aumentare le tasse regionali ed il costo dei servizi.

Con questo, tenuto conto della quantità e qualità delle persone che ci speculano, è chiaro che si arriva al blocco periodico, parziale o totale, delle erogazioni. Nel campo sanitario ciò significherà la privatizzazione forzata come già in parte avviene: la prevalenza dell’extra moenia e l’uso degli ospedali come strutture private, il pagamento dei presidi per gli invalidi, il diniego delle medicine più costose. Nell’istruzione universitaria la spinta verso la privatizzazione chiuderà le porte ai meritevoli e capaci ma poveri. Questo, insieme al reclutamento regionale del personale docente, porterà la chiusura completa a chi non è figlio del dio danaro o non discende da magnanimi lombi. Ma non è già così? Non è già vergognosamente così? Il ragionamento sulle implementazioni del federalismo potrebbe continuare.

Esso palesa da una parte il diritto giusto delle regioni ricche, dall’altra che, alle regioni povere, prima del federalismo ed ammesso che non si voglia sfasciare l’Italia – il che, a questo stato dell’arte, non gioverebbe a nessuno – bisogna assicurare il rispetto della legge, la funzionalità e la correttezza della pubblica amministrazione. Se si garantisce l’accesso alle facoltà e alle carriere ai capaci e meritevoli; se si stabilisce che ciascuna istituzione deve servire lo scopo per il quale è fondata e non fini diversi, per esempio la sanità serve per curare i malati e la scuola per istruire gli ignoranti; se si impone un arresto effettivo e generale alle nuove costruzioni; se si impongono piani di recupero e di ristrutturazione dei litorali, delle città, dei paesi, delle campagne; se si esilia per sempre dal contesto sociale chi è sicuramente e con prova sicura colpevole di una pur minima malversazione del danaro pubblico; se le scienze politiche non sono oggetto di uno studio astratto ma divengono una disciplina ardua e difficile e sperimentata sul corpo della società; se viene imposto il rispetto del diritto di lavorare, di intraprendere, di commerciare, di por mano ad iniziative senza pagare il pizzo e subire vessazioni; se si abbassa la tassazione del lavoro ad un costo che escluda la necessità di lavorare in nero; se tutto questo avviene l’Italia federata si può fare senza danno di alcuno e neanche della sua unità. Bisogna prima fare le altre riforme. Cambiare maniera di vivere.

9/9/2008
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