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Cultura
L’Egiziaca a Pizzofalcone
di Dante Caporali
Il complesso monastico di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone ebbe origine per l’interessamento di cinque suore agostiniane, le quali, lasciato il loro monastero di Santa Maria Egiziaca Maggiore, oggi Ospedale Ascalesi, si trasferirono in questa zona per fondarne uno più rispondente alle regole di vita claustrale.

Nel 1639 le prime religiose occuparono un palazzo con giardino edificato nel secolo precedente da Don Luigi de Toledo e lo trasformarono in monastero con annessa una piccola chiesa. Nel 1648 il complesso fu ampliato grazie alle elargizioni del viceré Don Giovanni d’Austria. Il progetto per l’edificazione della nuova chiesa fu affidato a Cosimo Fanzago ma la sua realizzazione fu piuttosto lunga ed i lavori cominciarono soltanto nel 1661, per essere però sospesi nel 1665 dopo il completamento dell’atrio, dei parlatori, di un braccio dei dormitori e di una parte della chiesa, ed essere ripresi soltanto nel 1698 sotto la direzione di Arcangelo Guglielmelli che nel 1716 condusse a termine l’opera. Le monache agostiniane vissero nel complesso fino al 1808, anno in cui l’Ordine fu soppresso, ragion per cui esse furono trasferite nel convento dell’Egiziaca a Forcella donde provenivano le cinque fondatrici.

Dal 1930 la chiesa è stata affidata ai Padri Missionari Oblati di Maria Immacolata, che ancora oggi la occupano.
Superato il portale esterno, sormontato da due Angeli che reggono un cuore fiammeggiante, simbolo dell’Ordine agostiniano, si accede ad un cortile un tempo circondato da un loggiato, posto a livello superiore, ora in parte scomparso e in parte murato quando il monastero venne adibito ad uso abitativo dopo la sua soppressione. Di questo loggiato se ne conservano la parte destra e quella frontale, che è interrotta al centro dalla facciata curva della chiesa, preceduta da una scalinata. Un portale nel braccio sinistro del portico consentiva un tempo l’accesso all’antico monastero ed è ancora sormontato da una Madonna col Bambino, in stucco, risalente ai primi anni del ‘700. Ai lati del portale due lapidi ricordano la posa della prima pietra nel 1661 e la consacrazione nel 1717. Il chiostro del convento fu ricavato dal Guglielmelli tra le case del monastero; una parte di esso è ancora visibile nel cortile del palazzo al n. 35 di via Egiziaca a Pizzofalcone.

La pianta della chiesa è una delle più originali realizzazioni del Fanzago, che inscrisse in un ottagono quattro grandi cappelle absidate, poste secondo gli assi ortogonali, e quattro cappelle minori, rettangolari, disposte secondo le diagonali a 45 gradi, che furono trasformate in seguito dal Guglielmelli, rendendole absidate. Le cappelle più ampie sono disposte in corrispondenza dell’ingresso, della zona dell’altar maggiore e delle due zone trasversali, mentre quelle minori dovevano assolvere il ruolo di cappelle secondarie. Il dipinto sull’altar maggiore, raffigurante La Madonna col Bambino ed i Santi Agostino e Maria Egiziaca (fig. 5), assegnato un tempo ad Andrea Vaccaro è invece opera seicentesca di Onofrio Palumbo, pittore attivo a Napoli nella prima metà del ‘600 e noto soprattutto per la tela della Ss. Trinità dei Pellegrini con San Gennaro che intercede per la città di Napoli. Una curiosità sul dipinto posto sull’altar maggiore ci viene riportata dall’antica guida di Napoli del Celano-Chiarini, e cioè che l’immagine della nudità di Santa Maria Egiziaca dispiacque tanto al rettore dell’epoca per cui il quadro fu sottratto alla pubblica adorazione e fu relegato nella sagrestia.

I due quadri delle cappelle principali, datati 1716, sono di Paolo De Matteis e rappresentano la Sacra Famiglia con Sant’Agostino, Santa Monica ed altri santi (fig. 6), posta a destra, e la Sacra Famiglia con i Santi Elisabetta, Zaccaria, Anna, Gioacchino e Giovanni Battista (fig. 7), sull’altare di sinistra. Di grande pregio sono le sculture lignee dello scultore settecentesco Nicola Fumo, raffiguranti l’Angelo custode (fig. 8), datato 1717, nella cappella a destra dell’ingresso, San Michele Arcangelo (fig. 9) nella cappella a sinistra dell’ingresso, l’Immacolata (fig. 10) nella cappella a destra dell’altare ed il Crocifisso (fig. 11) nel cappellone di sinistra. Particolarmente significativi sono anche il pavimento maiolicato settecentesco e le acquasantiere in bardiglio con emblemi agostiniani (fig. 12). L’altar maggiore (fig. 13), datato 1738 e realizzato da Giuseppe Bastelli, è una notevole opera di timbro rococò, prezioso nella scelta dei marmi e nell’intaglio, tutto riccioli e svirgolature (figg. 14-15). Agli stessi anni risale anche la balaustra (fig. 16) che mostra nei pilastrini gli stemmi di varie famiglie nobili, tra le quali i d’Aquino, i Caracciolo Rosso e i Capace Scondito, che dovettero finanziare l’opera. Interessante è anche la cantoria in legno verniciato e indorato, ricca di motivi ornamentali, quali i cherubini del medaglione centrale e i serafini inseriti tra le volute, ai lati (fig. 17).

4/8/2008
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