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Cultura
Lettere dal Faro
Una raccolta di racconti di Carlo Nicotera. Un’isola fatta di piccole cose, metafora esistenziale della vita.
di Alessandra Giordano
Chi diceva: “Un uomo nella vita ha tre compiti: fare un figlio, piantare un albero e scrivere un libro”? Carlo Nicotera ora può definirsi soddisfatto, pur nella confusione di una vita trascorsa col fiatone, di corsa dietro i doveri, le pagine da chiudere in redazione e i telefoni che continuano a trillare, è un uomo arrivato, pieno e soddisfatto.

Dopo aver messo al mondo due splendidi figli ed aver piantato più di un albero (anzi gli alberi li ha anche dipinti, insieme al suo mare e al sole al tramonto nei suoi quadri) ora ha anche scritto un libro. Questo” Lettere dal Faro” – Vele Bianche Editori pagg.108, € 14,00 -, presentato nello Spazio della Feltrinelli in piazza dei Martiri, circondato da amici veri quali Pietro Gargano (“Mi ha insegnato lui a fare i titoli dei giornali: mi diceva ‘guarda oltre.’”), Roberto Gianani, editore caprese tanto irrequieto quanto commosso per questa scommessa vinta e Luigi Caramiello, sociologo acuto e pratico (e non è facile trovarne uno così) che di questa raccolta di racconti dall’isola ha scritto una severa profonda prefazione.

E non basta: a leggere, molto bene, con sentimento – quel sentimento che i relatori hanno negato al volume, o gliene hanno accusato troppo? – c’era l’attrice Cristina Donadio, regista della serata, insieme ad un chitarrista emulo di Vecchioni, un bravo passionale Gino Mastrocola e due romantici mandolini, Rosario Attanasio e Paolino Coppeto. E in platea tanti altri amici – o forse soprattutto amiche – accorsi perché Carlo Nicotera, in fondo, è un bravo ragazzo, buono e generoso, grande e forte come Clark Kent, prima di vestire i panni di Superman.

“Lettere dal Faro” racconta contraddizioni e lo fa con ritmo sincopato e con metafore, lasciando anche spazio all’ironia, a una ricetta profumata di cose saporite fatte in casa, all’isola che è dentro ognuno di noi e che forse questo libro è capace di tirare fuori per smettere, una buona volta, di recitare una vita formale, rumorosa e violenta.

Molto bravo, Carlo Nicotera, incisivo e sognatore. Un poeta. Talento sprecato? Ma è bello sprecarlo, il talento. Vuol dire che c’è. E solo così si diventa Faro, luce per guidare gli altri (magari quelli che il talento non lo sprecano…).
26/11/2004
  
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