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Calcio
Gufare la Juve, si può
di Mimmo Carratelli
Foto Gazzetta dello Sport
Lunedì di posticipo per i bianconeri a Modena. Vincendo tornerebbero in testa, due punti avanti al Napoli. Riflessioni sulla vittoria di Trieste. Roberto Mottola, una leggenda della vela, nuovo presidente del CRV Italia.

Felice è la domenica di Antilope Nera-Edy Reja. Lo stregone incrocia le braccia, fuma la pipa della mezza pace dopo l’incazzatura passata, ringrazia la dea Manitù (Pier Paolo Marino) e si appella al ventiquattresimo emendamento della formazione azzurra, mai uguale a se stessa, multiforme e camaleontica, che a Trieste ha eseguito una nuova edizione panoramica e a colori di Bora Bora con le ghirlande di tre gol. Cannavaro segna e si tuffa nel gruppo degli azzurri festanti, Bucchi fa il surf sull’erba dopo avere toccato in gol, De Zerbi pennella il pallonetto geniale e chiama la scena di massa, tutti attorno per l’ammucchiata di gloria.

Poiché lo stregone una ne fa e cento ne inventa, non solo di formazioni, capovolge ogni detto e massima del pallone e fissa nello stadio “Nereo Rocco”, blindato come le vecchie squadre del paròn, però aperto a cinquemila abbonati, il nuovo assioma secondo cui il migliore attacco è la difesa. Infatti, lo spettacolo massimo della gara di Trieste è stata l’intera difesa azzurra nell’area giuliana in cerca di palloni aerei da scaraventare nella rete di Generoso Rossi, portiere di Qualiano di un metro e novanta. Mentre i terzini andavano all’attacco, Bogliacino difendeva fermando più di un contropiede avversario.

EUFORIA - Ora siamo tutti felici, Reja s’è tolta una bella soddisfazione e non dirà più, a destra e a manca, che mi hai portato a fare a Castelvolturno se non mi vuoi più bene. Ora gli vogliono tutti bene e gli perdonano il can-can finale contro l’Arezzo e qualche altra sventatezza perché, alla fine, è Reja humanum est.

Il popolo festante, abbia visto o meno la partita di Trieste, cancella i mugugni e le proteste, spiana il naso arricciato, neanche se lo tura più, e, dopo avere vilipeso il gioco-non-gioco, “popolo mobile che cede al minimo vento”, inneggia su tutto il fronte. L’euforia torna di moda, esprime tabelle-promozione, cede alla Juve il primo passo, come si conviene con una Signora, e piazza i suoi beniamini subito dietro lo strascico di Madama per andare in serie A.

Secondo gli aruspici più eccitati, i punti da fare sarebbero 33 nelle restanti 18 partite per raggiungere la quota-felicità di 77 punti, che però non stanno scritti in nessun vangelo, mentre pare che la quota-promozione-diretta sia meglio fissata in 80 punti.

In ogni caso, il traguardo dei 77 punti sarebbe alla portata del Napoli vincendo sette delle otto partite in casa, e pareggiandone una, mentre fuori casa (10 partite) la squadra azzurra dovrebbe raccogliere 11 punti pareggiando otto volte, vincendo una volta e perdendo a Torino contro la Juve (e, invece, là ci scapperà la sorpresa, abbiate fiducia).

PERCORSO - In casa il Napoli giocherà contro Spezia (sabato prossimo), Vicenza, Albinoleffe, Bari, Pescara, Cesena, Modena e Lecce che sembra un tappeto di rose. Fuori con Rimini, Crotone, Juve, Bologna, Frosinone, Mantova, Brescia, Verona, Genoa, più il recupero col Treviso, che sembra, invece, un tappeto di fachiri per quei cinque scontri al vertice tutti esterni che impongono al Napoli di cavarne almeno 4 punti, impresa possibilissima (quattro pareggi e la sconfitta a Torino) che potrebbe anche risultare superiore alle aspettative.

Ma poiché in trasferta il Napoli può esprimere meglio il suo gioco irritante di aspetta e spera, difesa e golletto, stoppa e rattoppa, salva e colpisci, cucinando lentamente l’avversario, paradossalmente sono le partite casalinghe le più difficili contro squadre disperate e arcigne alle quali imporre il gioco che c’è e non c’è, a parte la condizione psicologica che, fuori, c’è tutto da guadagnare e, al “San Paolo”, tutto da perdere. In casa, il Napoli ha sprecato 12 punti (sei pareggi).

Con tabelle o senza tabelle, sarà meglio vivere (bene) alla giornata. La concorrenza è agguerrita, ma sbanda spesso: 8 sconfitte il Bologna, 7 Piacenza e Genoa, 6 Rimini, 4 Mantova. Il Napoli ha perso solo due volte. E’ qui il segreto. Se dura, è fatta.

Svolta cruciale sarà forse l’intenso mese di marzo con sette impegni in calendario (si giocherà anche martedì 13 e mercoledì 21). E poiché tutti hanno ormai definito il Napoli una squadra fisica (la sua fisicità, ma anche la panchina lunga), può darsi che molti scarroccino e la squadra azzurra va via con lo spinnaker gonfio.

SAPIENTONI – Sta diventando noiosa e di bassissimo profilo la polemica che PPM innesta contro gli opinionisti usciti dal calcio e proiettatisi nelle tv, sfoderata anche dopo la partita di Trieste dove la placida vittoria avrebbe dovuto suggerire discorsi di ben altra eleganza. Per quanto le opinion possano essere ostili, la risposta di un grande club (che ha già stabilito il record mondiale di un ridicolo silenzio stampa) deve essere di raffinata nonchalance e di stile superiore. Conta anche questo per conquistare la serie A e starci da società metropolitana e non provinciale. Per il masochismo che ci distingue, la storia del Napoli è ricca di spietate (e prevenute) battaglie. La risposta migliore la dava il petisso col suo sorriso a salvadanaio e le repliche ironiche, salvo a sbuffare fra gli amici digrignando i denti e facendo smorfie terribili. Ma Pesaola resta personaggio inimitabile, nel calcio.

BOGLIACINO – Non si sa che cosa debba fare Mariano Adriàn Bogliacino per conquistarsi le migliori delle nostre discutibili pagelle. E’ il destino che tocca ai giocatori che non fanno passerella, non gigioneggiano con i giornalisti e danno l’anima in campo. Bogliacino, con Grava e Maldonado, il più impegnato in difesa, è sempre l’azzurro che offre un rendimento elevato, coprendo buchi, correndo per tutto il campo, sacrificandosi come pochi anche a discapito della qualità che, risparmiandosi, potrebbe esprimere meglio. Scattano voti alti per solitarie prodezze, per un pallone messo in rete (mestiere obbligatorio per gli attaccanti), ma per l’uruguayano che si mette la squadra sulle spalle c’è una misura sparagnina nelle valutazioni, un’aridità di sentimenti che il giocatore non merita. A Trieste, se guardiamo la partita al di là di chi ha realizzato il risultato, è stato il migliore consentendo ad altri di rifiatare e ad altri ancora di fare la bella statuina. E se trova un partner in vena e di qualità (De Zerbi) con cui duettare, il gioco fila che è una bellezza.

ATTESA - Andiamola a vedere stasera la Juve di Nedved, Del Piero e Trezeguet, e del signor Seredova in porta, sul campo del Modena terzultimo (in casa 4 vittorie, 4 sconfitte, 3 pareggi), secondo peggiore attacco del campionato, difesa di media consistenza. All’andata 0-4 contro i bianconeri. Il pronostico sembra segnato per restituire alla Juve il comando della classifica, due punti avanti al Napoli. Sulla panchina modenese c’è Bartolo Mutti che ha debuttato, l’altra volta, facendo soffrire il Genoa a Marassi (1-0 per i rossoblu). Se la Juve assorbe il clima di battaglia che il Modena dovrebbe riservarle e non se ne dispiace, basterà il colpo di uno dei suoi assi per rapinare la vittoria.

Però c’è qualche campanellino d’allarme. In trasferta, la Signora soffre da due mesi, appena due punti nelle ultime tre gare esterne dopo il colpaccio di Bologna (vittoria e gol-fantasma di Zalayeta, viziato da un fallo di mano). A Mantova non seppe rimediare all’autogol di Kovac con 37 minuti di gioco a disposizione. A La Spezia, Nedved acciuffò il pareggio nel secondo minuto di recupero. A Vicenza, il massimo dell’orrore: rimontata di due gol in cinque minuti.

Ci vorrà il miglior Nedved, l’unico vero guerriero di Madama, per fare breccia a Modena. Stasera, guferemo un po’. Perché, no?

MOTTOLA – Era l’estate del 1975 e andò sul lago Ontario, in nord America, a fare l’indivisibile prodiere di Giuseppe Milone, detto “Picchio”, su quel tipo di barca che si chiama Tempest, badando alle vele agganciato al benedetto “trapezio” che è il cavo metallico al quale sostenersi acrobaticamente fuori dallo scafo. Aveva 21 anni, Roberto Mottola, e la rispettabile altezza di un metro e 92. Con “Picchio” Milone, alto un metro e 87, faceva una straordinaria coppia di giganti del mare. Coppia napoletanissima, ma senza putipù e mandolini, per giunta del Circolo Italia dove sono bandite esagerazioni e l’appeal è fondamentale. Si laurearono campioni del mondo, i più giovani che s’erano mai stati, vincendo tre delle sei gare della competizione. Costo mostruoso della barca tre milioni e mezzo di lire. Valore del titolo mondiale: incommensurabile. Significato dell’impresa: eccezionale. Allora, in Italia (penisola di pochi, veri marinai), si parlava poco di vela finché il torneo di bulbi, spinnaker e dollari della Coppa America l’ha resa popolare. Milone e Mottola, il timoniere e il prodiere, sono stati una leggenda mondiale, i più bei ragazzi del vento. Roberto Mottola, di cinque anni più “vecchio” di Milone, ma di cinque centimetri più alto, è stato eletto da pochi giorni presidente del Circolo del Remo e della Vela Italia, il più antico a Napoli (118 anni di vita) e, lui, il più giovane dei presidenti, 53 anni. Una svolta epocale del club rossoblu che s’era affidato sinora a signori autorevoli di lunga anagrafe. Per addolcire il cambiamento, Mottola s’è presentato con la sua bella testa argentata, però vigoroso, ancora un atleta, come quando stava sul “trapezio” del Tempest mentre “Picchio” manovrava il timone. Naturalmente, sulla barca sociale, Milone è con lui, vicepresidente con delega allo sport. Una coppia indivisibile, ragazzi a vita nei nostri racconti di sport, dall’Ontario all’eternità.
25/2/2007
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