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Cronaca
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di Fabrizio Cattaneo
Il Principe di San Severo don Francesco di Sangro, donò la sua residenza di campagna a Chiaja a Don Giuseppe Carafa nel 1667. Nel 1717 il Palazzo venne ceduto con relativi giardini e terreni per diecimila ducati ad Ippolita Cantelmo Stuart, moglie di Vincenzo Maria Carafa, V principe di Roccella da cui il nome attuale Palazzo Roccella.
La nobildonna diede incarico a Luca Vecchioni, stretto collaboratore di Luigi Vanvitelli, di ristrutturare l’edificio e le sue dipendenze.
I lavori di trasformazione ed ampliamento si protrassero per un decennio, dal 1755 al 1765, anno in cui l’edificio fu trasformato in un vero e proprio palazzo residenziale, reso economicamente produttivo grazie alla costruzione, lungo il viale di accesso principale, di numerosi locali da destinare all’affitto.

Tra il 1765 e il 1829 venne completato il secondo piano e s’iniziò la costruzione del terzo.
Nel 1885 l’apertura della nuova arteria di via dei Mille tagliò in due l’edificio, distruggendone l’atrio coperto e isolando oltre la strada le fabbriche destinate ad affitto.
Tra il 1950 e il 1959 quanto rimasto dell’originario “giardino delle delizie” annesso al palazzo venne definitivamente distrutto. Successivamente il palazzo viene acquistato dal costruttore Ottieri al quale la proprietà non portò fortuna fallendo clamorosamente con un ultraventennale strascico giudiziario.
Nel 1984 ne acquista la proprietà il Comune di Napoli che, detto in parole povere ci mette oltre 30 anni per restaurarlo. Nel 1998 il Comune prima di completare il restauro stabilisce la destinazione d’uso di Palazzo Roccella a Centro di Documentazione per le Arti Contemporanee.

Finalmente nel 2005 nella sua nuova veste, il Palazzo ospita con i suoi 6.000 mq distribuiti su tre piani alcune esposizioni temporanee, laboratori culturali, un centro di documentazione, una biblioteca e una mediateca visitate quotidianamente da una quindicina di persone.
I dipendenti fissi sono circa 50, fra alti dirigenti, quelli di livello medio, impiegati, guardiania ed accoglienza, oltre a molti consulenti esterni che fra società di marketing e promozione di immagine hanno comportano la spesa di circa 5 milioni di euro in un anno.

Chi percorre la Via dei Mille, può ogni giorno ammirare diversi impiegati e dipendenti che sostano fuori al palazzo in attesa di turisti e visitatori che a dir il vero scarseggiano.
Forse è per questo che per arrotondare gli incassi, l’androne del principesco palazzo viene destinato anche a parcheggio, ed a far bene i conti, si incassa di più a 2 euro l’ora per auto che con i biglietti d’ingresso al museo.
O forse le auto sono opere d’arte?
Più semplicemente sono le auto dei soliti privilegiati che così risparmiano di pagare l’ esosissima Napolipark.
7/2/2007
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