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Recensioni
Il giardino segreto
di Luigi Alviggi
“Piccola Mary, brutti pensieri, 
come viene il tuo giardino? 
Campanule d’argento, ribes neri 
e tante siepi di biancospino.”


Questo libro per ragazzi ha tutto il merito perché se ne parli a una platea più vasta, anche se credo con scarsi rappresentanti dei lettori cui primariamente si rivolge. Balza subito evidente agli occhi l’enorme trasporto riversato nel lavoro dall’Autrice, una donna geniale e molto moderna, certo lontana dagli onori della cronaca attuale. Frances Hodgson (Manchester, 1849 – USA, 1924) si trasferisce nel ’64 negli Stati Uniti e nel ’70, morti entrambi i genitori, comincia a scrivere racconti per giornali per le forti difficoltà economiche. 

Nel ’73 sposa il dottor Burnett continuando il suo lavoro; ne divorzierà nell’89 ma manterrà il secondo cognome. Il grande successo arriva per lei nell’86 con il romanzo “Il piccolo lord”, tradotto in quasi tutte le lingue. “Il giardino segreto” è del 1911ritenuto il suo libro migliore e molto all’avanguardia per l’epoca. Scriverà molti romanzi e racconti, tra cui l’interessante autobiografia “The One I Knew the Best of All - Colei che conobbi meglio di tutto".

È un libro di formazione, i cui protagonisti sono nell’età più delicata per lo sviluppo dell’essere umano: tre ragazzi - due di dieci anni e uno di dodici - immaturi per la vita che li ha già pesantemente condizionati e per quella che conducono al momento, privi di altra possibilità. 

Sono: Mary, rimasta orfana totale in India per un’epidemia di colera, e comunque già prima per nulla curata dai genitori; Dikon, l’”anziano” con undici fratelli, che vive sempre all’aperto e la cui sorella, Martha, fa la cameriera nel castello Misselthwaite Manor nello Yorkshire, il maniero dalle cento e più stanze dove Mary dovrà trasferirsi per vivere con lo zio Archibald, fratello della madre, proprietario e suo tutore; Colin, unico figlio di questi con la madre morta nel parto, malaticcio e viziatissimo, che vive perennemente a letto con i terrori costanti che gli cresca una gobba e che morirà molto presto. 

Poco per volta i tre si apriranno al mondo esterno e alle speciali bellezze naturali del luogo, per il benefico effetto che ciascuno riuscirà a suscitare negli altri. La partecipazione della Hogdson al narrato si manifesta con un’intensità tale che ogni lettore, anche in età lontana da quella scolare, viene risucchiato nella semplicità e, al tempo stesso, nella potenza di quanto descritto con abilità davvero speciale. 

I versi in epigrafe sono il ritornello di Basil, figlio del pastore anglicano presso la cui casa Mary viene appoggiata in attesa del suo trasferimento a Londra e dove sarà chiamata da tutti “Mary brutti pensieri”.
La bimba è, e si mostra a tutti, brutta, magra, scorbutica, di colorito giallastro e molto solitaria. 

All’inizio è assente il rapporto di Mary con lo zio e difficile quello con la governante Mrs Medlock. Martha sarà anche la sua cameriera, quella che avrà il merito di iniziarla alle bellezze del luogo e si stupirà la prima mattina, andando ad accendere il camino nella stanza, che non sappia vestirsi da sola, abituata all’ayah indiana servile in tutto e per tutto. D’altra parte anche Mary in India viveva confinata nella sua stanza, tanto che la troverà, sola nella casa ormai deserta, un ufficiale inglese quando tutti i vivi sono scappati durante la notte dalle stanze infette per le diverse morti avvenute.

Little Lord Fauntleroy (1886),  A Little Princess (1905), The Secret Garden  (1911), rappresentano decisamente un trittico di “classici per l’infanzia”, perenni evergreen su scala mondiale. 

Sono amatissimi da più di un secolo, saccheggiati in ogni modo dalle diverse categorie di spettacolo mantenendo costante popolarità e diffusione nelle successive generazioni. Il particolare successo de “Il giardino segreto” nel cinema è rappresentato da ben quattro film in varie epoche. Il primo è del 1919; nel ‘49 viene realizzata la pellicola di Fred Wilcox; nel ‘93 quella di Agnieszka Holland, considerata la migliore versione del romanzo per il grande schermo; nel 2020, l’ultima, di Marc Munden. Di queste ultime due parliamo brevemente più avanti.

Ancora: nel 2000 c’è un sequel del romanzo, Return to the Secret Garden”; nel 2001 un film per la tv, Back to the Secret Garden”; due versioni televisive sono del 1975 e del 1987, e molto altro ancora. Ma tutto questo è nulla rispetto a quanto successo per “Il piccolo lord”. Tra le cento realizzazioni diverse ricordiamo solo il film del 1980 di Jack Gold con Alec Guinness nel ruolo del conte burbero e misantropo - un “parente” stretto dello zio di Mary e padre di Colin - nonno del piccolo Cedric, suo erede.

Il giardino segreto è stato quello più curato dalla madre di Colin, cioè quello che il padre, distrutto dalla morte della moglie, ha chiuso, sotterrandone la chiave e vietandone a tutti l’ingresso. Sono passati dieci anni e nessuno vi è più entrato né sa in quali condizioni si trovi. Sarà un pettirosso a far scoprire a Mary, in una delle sue prime uscite nell’enorme parco circondante il palazzo, prima la chiave sepolta e poi la porta, nascosta in uno dei tanti muri di cinta e ricoperta da un’edera molto folta. 

E le rose... oh, le rose! Spuntavano di giorno in giorno, di ora in ora, ammiccando fra l’erba, intrecciandosi intorno alla vecchia meridiana, inghirlandando i tronchi degli alberi, spiovendo giù dai rami, arrampicandosi sui muri e ricadendo in grandi cascate... Avevano belle foglie giovani, e minuscoli germogli che a poco a poco si gonfiavano come per magia, fino a svolgersi in colorate coppe di profumi delicati, traboccanti di fragranze che invadevano tutto il giardino.” 

Grande pregio di questo libro è l’aprirsi, pienamente ed estesamente, alla bellezza e al fasto intrinseci della natura, ai fiori e agli animali che vivono in un parco dello Yorkshire in Inghilterra, ma anche in un qualsiasi giardino ben curato in ogni parte temperata del mondo. La sinfonia più estesa è certamente relativa a fiori e piante, grande amore della mamma di Colin e primo interesse a conquistare i tre ragazzi, aprendoli alle dolcezze della vita e alla serenità di corpo e spirito. Sono grandi traguardi, alla portata di non molti, e che li fanno amare ancor più seguendoli nell’entusiasmo dell’incredibile crescita. E nella Magia, di cui parla nel libro la Hodgson, forse cominciamo a credere anche noi, per illuminare di luce diversa quelle piccole cose che, seppur rare, di tanto in tanto appaiono magnifiche a stupirci.

«Allora canterò io», decise Colin. E cominciò: «Il sole splende - il sole splende... Questa è Magia. I fiori crescono - le radici si muovono... Questa è Magia. Essere vivi è Magia. Essere forti è Magia. La Magia è in me - la Magia è in me. È in me - è in me - è in me. È in ciascuno di noi. È nella schiena di Ben Weatherstaff. Magia! Magia! Vieni a soccorrerci!...».
Era come se una dolce, pura fonte primaverile avesse iniziato a sgorgare in una pozza di acqua stagnante, continuando a salire sempre più, fino a spazzare via tutta l’acqua torbida.

Ben è il giardiniere del parco che diverrà amico e aiuterà i tre, condividendo con loro la lunga esperienza nel lavoro. 

“Con sua grande sorpresa, la faccia rugosa e arcigna del vecchio mutò espressione. Un leggero sorriso gli illuminò lo sguardo, e il giardiniere sembrò un altro uomo. Allora a Mary venne da pensare a quanto una persona possa sembrare più bella quando sorride. Non aveva mai riflettuto su questa cosa prima di allora”.

Importanza eccezionale dei primi passi... specie in un/una giovane.

Ancora caratteristica saliente del testo è il “panismo” spinto, forzato dalla descrizione ripetuta e dettagliata di piante, fiori, profumi, e del loro sviluppo, il primo passo in avanti dei giovani, e, maggiormente, dai contatti fiduciosi che si stabiliscono all’aperto fra i tre e piccoli animali. In particolare per quanto riguarda Dickon che, fischiettando, comunica con il pettirosso ed è accompagnato nelle scorribande in brughiera dal corvo Fuliggine e dal volpacchiotto Capitano. Questi elementi – oltre all’aiuto primario di Dickon, che è partito molto prima degli altri due nella confidenza con quel mondo particolare – costituiscono l’elemento base dell’iniziale schiudersi dei ragazzi verso il mondo esterno e, a seguire, verso gli altri conviventi, con progressi straordinari che si ripercuotono favorevolmente nel fisico molto deficitario di Mary e Colin.

Il volpacchiotto e il corvo erano altrettanto felici e indaffarati di loro; il pettirosso e la sua compagna volavano avanti e indietro come sottili strisce di luce. Ogni tanto il corvo sbatteva le ali nere e si alzava in volo oltre le cime degli alberi del parco: quando tornava, atterrava accanto a Dickon e gracchiava ripetutamente, come se gli stesse raccontando le sue avventure. Dickon parlava con lui proprio come con il pettirosso, e una volta che non gli rispose a tono perché era troppo preso dal lavoro, Fuliggine gli volò sopra la spalla beccandogli delicatamente l’orecchio. Quando Mary decise di riposarsi un po’, Dickon si sedette vicino a lei sotto un albero, tirò fuori di tasca lo zufolo e intonò una delle sue strane, dolci melodie... Allora due scoiattoli apparvero sulla sommità del muro e rimasero lì, immobili, ad ascoltare.”

Nel libro non ci sono fate, la narrazione si mantiene in un ambito sempre realistico ma la mamma di dodici figli – tra cui Dikon e Martha, Susan Sowerby – ne è una precisa personificazione. Compare alla fine dell’avventura, penultimo attore anche se molto citata nelle pagine precedenti, lasciando giustamente l’ultima posizione a Mr. Craven padre - esempio dell’esistenza e della consistenza dell’autorità sociale. La comparsa della donna in effetti viene a rappresentare anche la madre di Colin, la bellissima donna deceduta, perché il mondo tanto minuziosamente descritto si ricomponga in ogni sua parte e possa assumere le caratteristiche di compiuta perfezione per la gioia dei protagonisti e dei lettori. La bacchetta magica della Hodgson, a mezzo di Susan, compie il primo e ultimo potente miracolo concretizzando l’aspirazione presente ormai nel cuore di tutti. È lei a scrivere al padre-zio per esortarlo al ritorno dall’ultimo lungo viaggio - un continuo esilio obbligato per contrastare le tante memorie dolorose evocate nel palazzo - e venire a constatare quante magie si sono verificate nei suoi congiunti durante la lunga assenza dal castello. 

Una nota semiseria alla speciale bravura di Frances - ma anche questa ulteriore attestato dell’amore viscerale verso la vicenda narrata - è la quasi totale assenza del male in questo romanzo. Non c’è alcun personaggio che lo rappresenti a dovere, come nella gran parte delle fiabe. L’unico che lo sfiori, ma da lontano, è l’ambigua figura del dottor Craven che tiene in cura il piccolo Colin, afflitto da nevrosi paranoica che, nel terrore dello sviluppo della gobba allo stato inesistente, vive nella certezza di una morte vicina. Il dottore è il parente prossimo che erediterebbe tutto il patrimonio se il piccolo morisse, e gli ha inculcato idee di condizioni personali gravi che peggiorano di molto la situazione oggettiva di salute, per nulla critica.

Certo, quando un bambino passa la vita in un letto senza mai uscire dalla camera chiusa e, oltre l’infermiera, in compagnia solo di bellissimi libri illustrati, è chiaro che i pensieri di morte imminente diventino presto un’ossessione. Una situazione davvero nefasta ma, per fortuna, limitata alle visite periodiche del medico che la presenza di Mary finisce con il far diradare man mano fino a renderle superflue. Nel libro sono anche assenti le grandi calamità sociali che pur affliggevano la società inglese, come tutte, in quel periodo. Anche la famiglia di Dickon, 14 persone in tutto, pur se con qualche accenno, pare essere indenne dai problemi di fame e malattie nonostante gli scarsi stipendi del padre e di Martha, questi certo ingigantiti dall’intelligenza e accortezza di mamma Susan. Insomma, tra magia e omissioni, ci troviamo davvero a vivere in un mondo perfetto dove l’indiana “Mary brutti pensieri” rappresenta una parentesi limitata e ininfluente, scomparsa alla fine anche dal pensiero dell’interessata.

Ultima sorpresa stupefacente è la straordinaria modernità del linguaggio. I dialoghi dei ragazzi potrebbero svolgersi oggi e in nulla sarebbero da meno - anzi, in verità, tutt’altro! - rispetto a quelli di qualificati coetanei odierni. Un registro di lettura davvero piacevole e coinvolgente che rende questa fiaba un sempre verde, un libro che tiene custodito il segreto per valicare i decenni, se non i secoli, indenne. Partecipiamo con sorpresa alle scoperte dei giovani attori quando finalmente si aprono alla vita, reduci, per motivi diversi, da giorni per nulla generosi nei loro confronti. 

“Sembrava che parlasse. Il suo panciotto rosso era come di seta, e lui gonfiava con grazia il petto minuto, ed era così maestoso e grazioso, quasi a mostrarle come un pettirosso potesse essere uguale a una persona umana, e altrettanto importante. Quando lui le permise di accostarsi un po’ di più, di chinarsi e di parlargli cercando di emettere dei suoni simili a quelli dei pettirossi, Mary dimenticò del tutto di avere mai avuto un brutto pensiero in vita sua. Oh, le concedeva di avvicinarsi così tanto!... Dunque capiva che per nulla al mondo lei avrebbe allungato una mano o fatto qualcosa per spaventarlo!... E lo capiva proprio perché era come una persona, ma al tempo stesso più grazioso di qualsiasi persona al mondo. Mary si sentiva così felice che a malapena osava respirare.”

Il giardino segreto”, film del 2020, forse, con i suoi 110 anni di ritardo rispetto al capolavoro originale, non ha saputo (o voluto) cogliere appieno i punti più impressivi trasparenti dalle pagine del libro. La vicenda è spostata alla fine degli anni ’40 del secolo scorso e presenta enormi derive rispetto al contenuto originale: un esempio eminente la comparsa frequente dello spirito delle mamme, di Colin e di Mary. È un film moderno con diversi effetti speciali che può certo piacere - Colin Firth nella parte dello zio Archibald - ma che ha davvero poco in comune col lavoro della Hodgson. Il film della Holland del ’93 è molto più coerente con l’impostazione generale del romanzo e, a parte la mancanza di un paio di personaggi non minori, accentua assai il ruolo della magia nella parte finale. Ma è da condividere decisamente l’opinione sul suo essere la migliore trasformazione filmica del testo.

Protagonista ne è l’attrice inglese Kate Maberly - perfetta decenne all’epoca delle riprese, anche se troppo bella per personificare Mary Lennox - e soggetto di non grande successo negli anni a seguire.  

E Mary dice a un Colin poco convinto:  
«Te lo dico io chi potrebbe darti la voglia di vivere», disse Mary dopo averci pensato un po’, perché sentiva che le sarebbe piaciuto risolvere quella faccenda in un modo o nell’altro. «Dickon credo che ce la farebbe. Parla sempre di cose vive. Non parla mai di cose morte o malate. Guarda sempre in alto per vedere gli uccelli che volano nel cielo, o guarda in basso per vedere cosa sta spuntando dalla terra. Credo che i suoi occhi azzurri siano diventati così grandi e tondi a furia di guardarsi intorno.» 


E la gioia regnò intorno a loro.” 


 


Luigi Alviggi


Frances HODGSON BURNETT: Il giardino segreto

















traduzione e prefazioni di Riccardo Reim


Newton Compton, 2012 – pp. 224 - € 6,00



















7/4/2021
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