Cultura
Il matrimonio nella Grecia antica
di Franco Polichetti
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Le maggiori fonti riguardanti il matrimonio nella Grecia antica, oltre quelle letterarie, sono le raffigurazioni vascolari da cui possiamo cogliere le testimonianze più significative riguardanti il rito e i festeggiamenti nuziali.
Ma prima di addentrarmi nei particolari delle modalità di svolgimento della cerimonia immagino sia utile dare qualche informazione sui suoi aspetti giuridico-istituzionale vigenti fin dai tempi più antichi.
Il matrimonio aveva natura eterosessuale, era monogamico, era patrilocale cioè la coppia viveva nell’ambito della famiglia del marito, e la discendenza cui dava luogo era patrilineare. Il matrimonio era basato su un rapporto continuativo a tempo indeterminato, anche se era suscettibile di revoca (divorzio).
Con le procedure di ratifica che precedevano la cerimonia solenne e conclusiva avveniva un trasferimento di beni economici: la dote portata dalla sposa. Il cerimoniale, trasponendo l’unione sul piano del sacro, convalidava il trasferimento ed al tempo stesso lo rendeva un atto pubblico.
Il matrimonio aveva soprattutto lo scopo di ottenere una discendenza legittima, continuazione della stirpe, e costituiva un dovere verso lo stato, la cui esistenza si assicurava procreando cittadini.
Ho sotto gli occhi le immagini di un Lechytos (ampolla per il balsamo e i colori, simile a quelle odierne per il trucco) a figure nere opera di Amasi, un Pittore nato circa nel 540 a. C., conservato nel Metropolitan Museum di New York, esse descrivono nei dettagli un corteo nuziale.
Il vaso mostra il corteo che accompagna la sposa dalla propria casa a quella dello sposo: due carri tirati da due mule arrivano a una casa, al cui ingresso è visibile una donna con una torcia in mano, probabilmente la mamma dello sposo, che accoglie la coppia in arrivo; sul primo carro siedono la sposa, che agita una corona, e lo sposo, mentre sul secondo carro siedono quattro uomini; tutto il corteo è affiancato da figure a piedi, fra le quali forse ci sono anche i genitori della sposa.
Ma a questo punto mi sia consentita una digressione. Questo cerimoniale, con qualche variante, si è, sostanzialmente tramandato fino ai giorni nostri perché ancora a metà degli anni cinquanta era in uso a Sarno il noleggio della carrozza per il matrimonio con cui la sposa arrivava in Chiesa e con la stessa, dopo la cerimonia, insieme allo sposo effettuava, in corteo, il rientro a casa dopo aver compiuto un giro per le principali strade, soprattutto del proprio rione.
Rientrata a casa, quivi aveva luogo il banchetto nuziale. Mi piace aggiungere questo particolare tutto sarnese.
Noleggiatori, tra loro in competizione a Sarno erano le due famiglie proprietarie di carrozze e cavalli per le cerimonie nuziali e per quelle funebri.
Gli Orrigo che avevano le stalle nel proprio palazzo al corso G. Amendola, ed i Correali che le possedevano a via Fabbricatore. Gli Orrigo erano solitamente preferiti per le cerimonie funebri mentre i Correali lo erano per quelle nuziali, infatti possedevano le carrozze più belle per queste circostanze.
Tra l’altro possedevano una carrozza storica che era sotto vincolo della Soprintendenza alle Belle Arti. Penso che questa carrozza oggi sia patrimonio dello Stato e faccia parte del gruppo di carrozze esposte nelle sale di Castel S. Elmo a Napoli.
Dopo questa divagazione sulle tradizioni indigene ritorniamo in Grecia. Il matrimonio come istituzione era la ratifica di una relazione legittima e di una unione (in greco gàmos=nozze) allo scopo di costituire un nuovo nucleo familiare (oìcos=abitazione) prestabilito dalle famiglie di origine e riconosciuto dalla collettività.
Perciò era preceduto dal fidanzamento, ed era concepito come un contratto tra il padre della sposa e il futuro sposo, e culminava con un cerimoniale che prevedeva una lunga preparazione che aveva termine con una festa vera e propria, che si svolgeva principalmente in tre giorni chiamati in greco “proaulìa” che significa il giorno prima delle nozze, il gamos cioè il giorno delle nozze e l’epaulìa il giorno dopo la notte di nozze.
La preparazione al matrimonio consisteva innanzitutto in sacrifici in particolare ad Afrodite, Artemide ed Era, dee a cui erano stati dedicati i giocattoli, intorno ai dodici anni, come segno di passaggio dalla fanciullezza alla condizione di donna; a tale scopo venivano offerti animali ed altri prodotti della natura: fiori, frutta, sementi tutti simboli beneauguranti.
Queste offerte erano accompagnate da danze e canti; esaurita questa fase, la fanciulla veniva preparata per la cerimonia del bagno nuziale, per effettuare il quale veniva portata acqua di una fonte sacra dalla lautrophoros=portatrice di acqua, una ragazza, nei lebetes gamoi=bacini nuziali. La stessa funzione del bagno la svolgeva anche lo sposo nell’abitazione paterna.
Seguiva poi la vestizione della sposa alla quale sovraintendeva una donna detta nynpheutria (paraninfa, cioè colei che accompagnava la sposa a casa dello sposo).
La cerimonia prevedeva poi la peplophoria, cioè il corteo guidato da una sacerdotessa con il quale veniva donato, in segno di ringraziamento, il peplo della ragazza alla divinità. Questo atto era accompagnato da sacrifici di dolci, frutta o animali seguiva poi il banchetto nella casa della sposa durante il quale si consumavano i pasti appositamente preparati.
La sposa vi partecipava velata e attorniata da amiche Era questa cerimonia una delle rare occasioni in cui le donne potevano pranzare in società assieme agli uomini, anche se in settori separati della stessa stanza.
C’era infine la processione con la quale la sposa, nel secondo giorno deponeva il velo e compiva gli anakalyptèria, cioè lo scoprimento dei doni con l’identificazione, si trasferiva dopo nella casa dello sposo con un carro sul quale era posto un seggio (cathedra), preceduto da un nunzio; il corteo era accompagnato da canti di imenei (canti nuziali), musiche e danze, e gli sposi erano circondati da persone che portavano doni, offerte e la dote della sposa.
Nella nuova casa la sposa era accolta dai suoceri e dalla pronuba (la matrona che assisteva alla novella sposa). Tipico delle celebrazioni del matrimonio nell’antichità era la simulazione del ratto ed è per questo che la sposa doveva fingere una certa resistenza nel momento dell’ingresso nel Thalamos, la camera nuziale, dove la coppia passava la notte prima del terzo giorno di festeggiamenti.
Alla porta del thalamos faceva la guardia un amico. Era consuetudine mentre gli sposi si riunivano per la prima volta, di fare chiasso all’esterno della casa, a scopo apotropaico per allontanare i malocchi, e propiziare l’unione.
Il giorno successivo era dedicato alla consegna di doni, da parte dei genitori dello sposo, alla novella sposa e allo sposo, della dote pattuita, da parte dei genitori della sposa.
Mi sembra in chiusura quasi superfluo evidenziare che lo svolgimento della cerimonia nuziale dei nostri tempi molto abbia conservato delle modalità di svolgimento della cerimonia antica.