Contatta napoli.com con skype

Cultura
L’Immacolata di Sarno
di Franco Polichetti
Immaginiamo di trovarci nel XV sec. cioè tra il 1400 e 1500 e partiamo dal quartiere Mercato, oggi piazza Garibaldi, per incamminarci lungo la via De Liguori.

Procedendo verso est; incontriamo subito l’importante complesso del Convento e della Chiesa di S. Francesco che, secondo quanto riportato dal prof. S. D’Angelo nel suo interessante saggio su “Il Francescanesimo a Sarno”, fu edificato tra il 1230 e il 1240.

Dallo slargo antistante il Convento di S. Francesco, procedendo sempre verso est, tra il XIV e il XV sec., continuò l’espansione urbanistica della città con l’edificazione di nobili dimore e modeste casupole su tutto quell’ampio quadrilatero di terreni, compreso tra la salita S. Pietro, oggi via Squitieri, via Mazzini, all’epoca via Campanile, l’attuale via Fabbricatore, e la salita S. Martino.

Questo quadrilatero, oggi terminante a monte, col palazzo d’angolo Montoro affacciava ancora nel XVI sec, su un’estesa campagna, leggermente in pendio, priva di costruzioni, coltivata ad orto, chiamata Capodorto, cioè luogo da cui aveva inizio la parte pianeggiante di quegli orti attraversati dal Sarno storicamente noti come Valle del Sarno.

Nell'estrema fascia pedemontana di questi orti sorgeva un antico cimitero, su cui, intorno al 1650, fu edificata, la Chiesa che per tale ragione fu chiamata dei Morti, attualmente Chiesa della Madonna delle Tre Corone. (Tutta la zona, ancora oggi, è dal popolo chiamata 'ncopp' 'i muorti).

Separato dalla Chiesa da un piccolo vicolo cieco, fu edificato intorno al 1700 il palazzo Ungaro oggi Capua. Antistante a questi edifici c’era un discreto invaso (uno slargo) di cui oggi resta la sola parte conservata a piazza che a quel tempo fu chiamata piazza Purgatorio, e poi successivamente (fine 1800) piazza Michelangelo Capua.

Le due importanti strade “lett ’e coppa” e “lett ‘e sotto”, (oggi via Cavour e via Laudisio) allora non erano ancora ben definite con la successione di palazzi che vi si allineano ancora oggi, nonostante la parziale distruzione bellica, e che arrivano a piazza Croce, da dove le due strade si dipartono.

Antistante la Chiesa dei Morti c’era quindi un discreto slargo più ampio rispetto all’attuale piazza, quando intorno al 1750 la Confraternita devota all’Immacolata che aveva fino ad allora sede nel Cappellone omonimo nella Chiesa di S. Francesco, avendo deciso di erigere una Chiesa interamente dedicata alla Madonna dell’Immacolata, da essi venerata e assunta come simbolo di protezione e carità, ne acquistarono una parte, e vi edificarono la Chiesa che ancora oggi è in attività di culto.

L’edificio di cui si ignora il progettista, essendo posizionato in un’area accliva, si eleva e si incunea, parzialmente tra dei corpi di fabbrica, forse preesistenti, con una sorta di alto stilobate simile a quello dei templi greci, costituendo il basamento della Chiesa.

L’ingresso alla Chiesa si trova su piazza Michelangelo Capua, mentre l’ingresso al Campanile sta lateralmente a quota inferiore (quella dello stilobate) lungo la via ex S. Martino.

La sua architettura è ispirata allo stile in voga dell’epoca. Si tratta infatti, di un significativo esempio di arte barocca, in un modesto centro di provincia, caratteristica che si percepisce subito dall’armonica facciata arricchita da un notevole portale in pietra di tufo grigio, accortamente scolpito, simile a quello che impreziosisce il Palazzo Capua, che come già detto, si trova quasi di fronte.

Ma il carattere più significativamente barocco della piccola Chiesa si coglie al suo interno; si tratta di una navata unica adorna di marmi e di opere d’arte che la impreziosiscono e attraggono da sempre l’ammirazione dei visitatori.

L’altare, in marmo opaco, dono di due evergeti cittadini: Biagio Squillante e Giuseppe Celentano, realizzato da abili marmorari sarnesi, è una vera opera d’arte.

Fu Giuseppe Monaco, priore pro tempore della Confraternita, che incaricò, intorno al 1830, l’insigne pittore sarnese Paolo Falciani, di arricchire le pareti della Chiesa con opere di sua fattura.

Il Falciani dipinse su tela i cinque episodi notevoli della vita della Madonna: La Natività - L’Annunciazione - La visita a S. Elisabetta - La purificazione - L’assunzione, che oggi adornano la parete destra della navata, sovrastante il sedile ligneo.

Interessante è anche il dipinto sotto la volta opera del pittore napoletano Nicola Desiderio rappresentante Maria Assunta in Cielo dagli Angeli.

L’artistico sedile in legno di noce massello, per fortuna tutt’ora esistente, fu fatto costruire, da bravi maestri ebanisti locali tra il 1780 e 1790, sempre a spesa della Confraternita.

Da quanto fin qui descritto dovrebbe essere apparso chiaro che la Chiesa dell’Immacolata, pur nelle sue modeste dimensioni architettoniche, sia un notevole scrigno di opere d’arte il cui più prezioso gioiello è certamente la statua dell’Immacolata, di cui ci accingiamo a parlare.

Si tratta di una scultura lignea dipinta, datata 1696 e firmata dallo scultore ischitano Gaetano Patalano. Ma chi era questo scultore che tutti i testi qualificano, erroneamente, sorrentino?

In realtà i Patalano erano due fratelli Pietro e Gaetano Patalano ambedue scultori, di cui più noto e illustre fu certamente Gaetano. La loro fortuna critica è abbastanza singolare.

Quasi sconosciuti ai contemporanei, ancor più ignorati nell’Ottocento, perché considerati autori minori appartenenti ad un circuito provinciale, solo a partire dagli ultimi decenni del secolo XIX hanno incominciato ad essere oggetto di un crescente interesse della critica allo scopo di rivalutarne l’importanza e di restituirli alla gloria del secolo in cui operarono.

Scarse però sono le loro notizie biografiche, tanto da farne persino sbagliare il corretto luogo di nascita. Un unico dato è stato trovato, piuttosto recentemente, nell’opera: “Moderna distintissima descrizione di Napoli e il suo seno cratero” del 1704, dello storico napoletano Domenico Antonio Parrino che nel descrivere la Chiesa del Rosario di Lacco Ameno d’Ischia, segnala, tra le opere presenti all’interno della Chiesa, due statue una Vergine Assunta ed un Crocifisso dicendole opere eseguite da Gaetano Patalano “stimabile scultore in legno del detto paese”.

Il Parrino è dunque il primo che riferisca la precisa località di nascita di questo autore che è Lacco Ameno di Ischia e non Sorrento, come erroneamente da tutti ritenuto.

La statua dell’Immacolata di Sarno, più di tutte le altre dello stesso autore, ha sempre suscitato grande interesse e ammirazione, atteso che il Patalano ne ha scolpite almeno otto tra cui le più note, insieme a quella di Sarno, si trovano nella Chiesa di S. Chiara di Lecce, e nella Cattedrale di Cadice in Spagna, mentre le altre sono quasi tutte presenti nel Meridione d’Italia.

In una nota inedita del 1707 relativa agli arredi sacri posseduti dalla Congrega dell’Immacolata si legge che la statua, “bellissima e miracolosissima”, fu acquistata dalla Confraternita sarnese il 18 novembre 1696 per istrumento del notaio Domenico Angelo Fabricatore, in attesa che fosse edificata la nuova Chiesa fu deposta nella Chiesetta di S. Bernardino, oggi non più esistente, che si trovava all’interno del chiostro di S. Francesco e poi trasferita nel Cappellone dell’Immacolata sempre della medesima Chiesa.

La statua quale si presentava nel 1707¸ era ricoperta interamente di oro e pietre preziose, ed aveva sul capo una parrucca bionda “lunga palmi due con uno stellario d’argento di stelle 12”, questi ornamenti sono da tempo scomparsi e oggi sono stati sostituiti da una capigliatura sintetica di boccoli castani su cui si regge la corona di oro ed argento di recente fattura.

Secondo il Borrelli l’Immacolata di Lecce, realizzata nel 1691, costituirebbe il prototipo di quella sarnese scolpita cinque anni dopo nel 96, che mostra una concezione più raffinata nella resa dei particolari rocailles segnando l’apice delle ricerche stilistiche dello scultore ormai decisamente orientato verso il rococò.

Da qui l’ammirazione e lo stupore dei visitatori, e non è senza ragione se il canonico Natale Raimondo Amato, due secoli dopo, riferisce il singolare aneddoto delle Clarisse napoletane le quali, “rimaste estasiate innanzi a quel lavoro di tanta bellezza”, si sarebbero opposte a che la statua, una volta benedetta nella loro chiesa, fosse trasferita a Sarno.
(N.B.- Le notizie sul Patalano e sulla statua sono state tratte, in parte, dalle ricerche dell’amica prof.ssa Lucia Cascella, e si trovano nella sua tesi di laurea).

Secondo quanto scrivono sia il Fischetti (1926) che il Di Domenico (1971) la statua portata a Sarno rimase nella chiesa di S. Bernardino (come già detto oggi non più esistente) fino al 1752, quando cioè fu ultimata la costruzione della Chiesa dell’Immacolata, fatta edificare dall’omonima Congrega con il precipuo intento di dedicare alla scultura del Patalano una sede esclusiva degna di un tale capolavoro.

Sempre il Fischetti riferisce che la statua fu portata per la prima volta in processione l’8 dicembre del 1854 e da allora si è conservata la consuetudine secondo la quale la statua, ogni anno l’otto dicembre, portata in processione, viene portata e lasciata nella Chiesa di S. Francesco per tutta la settimana seguente, per poi essere riportata nella sua sede, cioè nella Chiesa dell’Immacolata, per tutto il resto dell’anno.

Auspico che questa centenaria e popolare tradizione, attesa l’improvvida recente decisione di chiusura del pluricentenario e glorioso Convento di S. Francesco, verrà mantenuta anche quest’anno e per quelli avvenire.

8/12/2018
RICERCA ARTICOLI