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Il melograno e i suoi significati simbolici nell’arte classica
di Franco Polichetti
Il melograno e i suoi significati simbolici nell’arte classica Un breve saggio sul melograno da sempre considerato simbolo della rinascita dopo la morte Desiderando riprendere il filo conduttore lungo il quale per circa tre anni mi sono mosso sulle pagine di questo diario mi è sembrato di buon auspicio ripartire con un breve saggio sul melograno da sempre considerato simbolo della rinascita dopo la morte.

Il frutto del melograno, ovvero la melagrana, ha avuto un significato simbolico nell’area mediterranea fin dalla più arcaica età dell’uomo; difatti nell’antichità più remota, gli furono attribuiti diversi significati metaforici.

Tra le prime testimonianze di ciò nel mondo greco troviamo la divinità Persefone detta anche Kora (lat. Proserpina), raffigurata spesso con il frutto del melograno tra le mani.

A tal proposito la leggenda vuole che Persefone, mentre stava giocando nella piana di Enna in Sicilia, a raccogliere fiori, raccolse un narciso e in quel momento la terra si aprì sotto i suoi piedi e scomparve rapita da Ade,(lat. Plutone) dio degli inferi, che la portò con sè nell’oltretomba.

Sua madre Demetra (lat. Cerere), addolorata per il ratto compiuto da Ade, come ritorsione, fece in modo che i frutti non maturassero più sulla terra, in tal modo calò sul mondo l’inverno perpetuo.

Zeus preoccupato inviò allora il suo messaggero da Ade (Plutone) perché gli comunicasse il suo volere di liberare la bella Dea.

Ade ubbidì e lasciò andare Persefone, ma prima le offrì un seme di melograno che Persefone mangiò accettando così inconsapevolmente di passare sei mesi con la madre sulla terra e sei mesi negli inferi con Ade, come sua sposa.

In questa leggenda il frutto diventa legame tra regno dei vivi e regno dei morti, (l'alternanza primavera-estate/autunno-inverno) ed è proprio il suo chicco a costringere la bella Persefone-Proserpina a dover passare sei mesi all’anno con Ade nell’oltretomba, e sei mesi sulla terra.

Il melograno, quindi, in questa leggenda, non è il protagonista, ma è il tramite attraverso cui si è compiuto un cambiamento dell’ordine cosmico.

Il mito servì infatti a dare una spiegazione al fenomeno naturale dell’avvicendarsi delle stagioni.

Prima di questo episodio era sempre primavera. Con il rapimento di Core-Proserpina, sua madre, Demetra, Dea della Fertilità e della Natura, dalla rabbia che sente dentro, fa calare l’inverno perenne sulla terra cosicchè essa (la terra) cessa di rifiorire e il mondo entra in contatto con una nuova realtà, la morte apparente della natura.

Sarà Zeus a ristabilire l’ordine ma come in ogni grande cambiamento, l’ordine precedente non viene fedelmente ripristinato, cosicchè dopo il trauma le cose difficilmente tornano come prima.

Dall’apparente disordine nacque, in questo caso, un nuovo ordine: la successione delle stagioni.

Zeus ordina a Ermes di liberare Persefone parlando con Ade.

Lui, Ade, in questo caso ha il ruolo di riportare l’ordine perché, nonostante il suo gesto iniziale, adesso è pronto a lasciar andare Persefone ma attraverso il chicco della melagrana la legherà per sempre a lui, costringendola a tornare negli inferi per sei mesi, durante i quali sulla terra cala il freddo e l’inverno.

Ogni anno Persefone, così come la natura, sperimenta la morte sempre seguita dalla resurrezione.

Non c’è da sorprendersi quindi se il melograno è considerato il frutto della rinascita ma anche della morte.

Sia gli antichi egizi che i greci, come vedremo, avevano l’abitudine di mettere nelle tombe rappresentazioni di questo frutto come simbolo della morte.

La mitologia greca ci ha tramandato molti altri racconti sul simbolismo del melograno, tra essi estraggo il seguente: Dioniso era ancora un bambino quando Era (Giunone), gelosissima delle storie extraconiugali di suo marito Zeus, decise di far rapire il Dio del vino, dai Titani.

Il piccolo Dioniso venne così messo a bollire in un paiolo e il suo sangue, sparso, fecondò la terra da cui subito spuntò l’albero del melograno.

È questa un’altra delle simbologie principali del melograno: la fertilità. Il sangue di Dioniso feconda la terra, la quale donerà il frutto della vita e della morte.

La leggenda che vede come protagonista Dioniso dà un significato anche al passaggio dallo stato matriarcale a quello patriarcale.

Non è più la donna a rendere feconda la terra con il proprio sangue mestruale ma lo diventa il dio/uomo virile.

Spostiamoci in Sicilia e precisamente a Selinunte, territorio del comune di Castelvetrano in provincia di Trapani.

Qui si trovano i resti dell’antica città inserita in una vasta area sacra costituita da più collinette di sabbia su una delle quali, denominata Gaggera dal nome di una fonte dalla quale ancora oggi sgorga limpida e fresca acqua.

I Selinuntini edificarono una serie di santuari contigui il più noto, dei quali è quello dedicato a Demetra Malophoros, cioè portatrice di melograno (madre di Persefone), come attesta un'epigrafe lì ritrovata.

Il tempio, la divinità e la melagrana confermano il grande significato simbolico attribuito a questo frutto. L’imponenza del tempio rimarca il simbolismo che collega il melograno all’unione coniugale, alla fertilità e alla prosperità.

Anche in Campania nella necropoli di Paestum in località Licinella sulle mura di una sepoltura della prima metà del quattrocento a.C. è rappresentato un melograno, unico elemento leggibile dell’intera parete, mentre le altre pareti sono decorate con scene di caccia, pugilato e corsa di bighe.

Nella necropoli della Cuma sannitica, in una tomba a camera, sulla parete est di fronte all’entrata, è raffigurata una scena di banchetto funebre con un uomo sdraiato su un kline vestito con tunica ricamata e mantello; sul capo esibisce una ricca corona intrecciata con rami e fiori di melograno.

Anche nell’arte sacra medioevale e rinascimentale troviamo in più dipinti la raffigurazione della melagrana come simbolo di resurrezione.

Iniziò a comparire nei dipinti sacri, in mano alla Madonna alludendo alla castità. Un passo del Cantico dei Cantici recita appunto così; “I tuoi germogli sono un giardino di melagrane, con i frutti più squisiti”.

Nella Galleria degli Uffizi a Firenze è conservato il famoso dipinto di Sandro Botticelli, a tempera su tavola del 1487, a tutti noto come Madonna della melagrana.

La melagrana che la Madonna e il bambino tengono in mano, in questo contesto simboleggia la fecondità, l’abbondanza e la regalità (poiché il suo frutto con i chicchi a coroncina richiama il simbolo della corona regale), inoltre i grani rossi richiamando goccioline di sangue, prefigurano il sacrificio di Gesù; simboleggia infine anche l'unità della Chiesa, per i chicchi che stanno tutti uniti nel guscio.

Il senese Jacopo della Quercia (1374-1438) ha scolpito, in marmo bianco, una Madonna della melagrana.

La Madonna Dreyfus (Madonna della melagrana) è un piccolo dipinto a olio su tavola (15,7x12,8 cm) attribuito a Leonardo da Vinci o Lorenzo di Credi e conservato nella National Gallery of Art di Washington.

L'attribuzione a Leonardo è datata al 1469 circa, facendone il primo dipinto autografo conosciuto; quella a Lorenzo di Credi al 1475-1480 circa, intendendola come una copia di un originale leonardesco perduto.

Arresto qui questa mia esposizione.
Forse può interessare a chi non ha mai visitato il Parco Archeologico di Selinunte una descrizione più dettagliata di questo Parco, la qual cosa rinvio ad un mio successivo scritto.
26/2/2017
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