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Quando Pippo Dalla Vecchia
parla di mare e di venti
di Mimmo Carratelli
Pippo Dalla Vecchia
Canottiere e velista, da 13 anni sul cassero del Circolo Savoia, che ha potenziato, rilanciato ed elegantemente abbellito, con una indimenticabile celebrazione dei cent’anni del club, Pippo Dalla Vecchia, presidente, uomo di mare, gran commodoro e irresistibile cerimoniere, concede agli amici e agli uditori delle serate di gala il racconto di storie e aneddoti che ne fanno il depositario di una straordinaria antologia orale di Napoli e dello sport a Napoli.
La delusione della mancata assegnazione della Coppa America a Bagnoli è passata, il futuro del Savoia ha il cuore antico di Dalla Vecchia, e i racconti continuano. Dalla banchina prendono il largo i ragazzi della scuola di vela, negli hangar del Circolo le imbarcazioni dei canottieri sono sempre tirate a lucido, Pippo Dalla Vecchia arricchisce le pareti e le vetrine del club biancoazzurro di nuovi successi, di preziosi cimeli e di opere d’arte.
E’ un uomo nato a Marechiaro che conosce i misteri e i segreti del golfo di Napoli, le autostrade e i vicoli del vento a mare, i percorsi più favorevoli alle barche, le insenature suggestive, i promontori, gli scogli, i ripari. Amico di Eolo, ne sa i capricci e i soffi prodigiosi. Dispiega la gran carta della rosa dei venti, che aveva messo a punto in previsione della Coppa che è andata a Valencia, illustrando le meraviglie dello stadio napoletano del mare, da Posillipo a Sorrento, da Capri a Ischia, e parla, parla di Grecale, Levante, Scirocco, Mezzogiorno, Libeccio, Ponente, Maestrale e Tramontana, la gran varietà ventosa del golfo.

Da oltre sessant’anni – dice – tutti i giorni controllo l’umore del vento e del mare. Da ottobre ad aprile, nel golfo, soffiano gagliardi e forti gli otto venti della rosa. La Coppa America avrebbe trovato qui un superiore scenario meteorologico. Pazienza.

Oltre Castel dell’Ovo il mare è piatto. C’è una leggera nebbiolina all’orizzonte e Capri si cela in un manto di foschia. Il gran commodoro napoletano allarga le braccia.

Qualcosa non va?
S’è ammosciato lo scirocco a levante.

E’ grave?
Lo scirocco a levante non è più quello di una volta”.

Dobbiamo essere dispiaciuti?
Lo scirocco detto a levante superava di slancio la penisola sorrentina e si abbatteva con furia sulla nostra costa.

Ma era un mezzo disastro, caro il nostro commodoro.
Erano sciroccate memorabili. La sciroccata del 2 novembre 1966, per esempio, e quella del 4 gennaio 1986. Alzarono onde gigantesche che spazzarono via le scogliere. I danni furono enormi. I circoli nautici furono semidistrutti.

Ma, allora, è meglio che lo scirocco a levante si sia ammosciato.
Non c’è più la brezza estiva che, dalla primavera all’autunno, rendeva Napoli unica, godibile, fresca e soprattutto asciutta.

Questo non va.
L’indiscriminato sviluppo della cinta urbana ha alterato irrimediabilmente il clima dell’intera fascia costiera, soprattutto quello estivo

Questo proprio non va.
Conoscete il furano?

E’ arabo per noi.
Marechiaro, Posillipo, Villanova, Mergellina, Santa Lucia oggi sono appena sfiorate dal furano.

Il furano, ma che cos’è?
E’ la brezza termica che iniziando a soffiare dalla mattina e seguendo nel corso della giornata il cammino del sole finiva nelle ore del tramonto tra le fresche braccia del Maestrale.

Splendido, magnifico. E dov’è finito il furano?
Non è più lui, non è più quello di una volta. La barriera di costruzioni che ha alterato il panorama di Napoli lo respinge.

Abbiamo perduto il furano.
Sembra una tesi azzardata, ma è confortata da un dato di fatto incontestabile.

Ci sveli il dato, commodoro.
Da anni, il campo di regata della vela deve essere sistemato più lontano da Santa Lucia per evitare le calme che oggi mortificano la nostra costa.

Siamo più tranquilli, commodoro.
Ma non si veleggia più come una volta. Il cosiddetto bordo a terra era considerato obbligatorio per le barche da regata. Le barche a vela sfioravano le chiane e gli scogli di Posillipo per sfruttare, sin dove era possibile, le refole che correvano, odorose di acqua salata e di erba di mare, lungo Posillipo. Oggi, bordeggiare sotto costa vuol dire perdere la regata.

Ci dispiace per i regatanti.
Il vento, il caro vecchio furano di una volta è finito per sempre e Napoli è diventata una città come tutte le altre.

Allora non ci dispiace solo per i regatanti. Deve dispiacere a tutti noi che viviamo a Napoli.
Proprio così. Il clima estivo di Napoli è diventato come quello di Voghera, di Rovigo: stesso calore, stessa afa e stesse zanzare.

Il furano, ecco quello che ci manca, oggi. Pippo Dalla Vecchia, il gran commodoro del Circolo Savoia, chiude il racconto e se ne va.
19/2/2004
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