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Approfondimenti
Napule sotto e ‘ncoppa
di Vincenzo Cicala
Gentilissimo Presidente ing. Vinci,
mi è venuto in mente il periodo antecedente il terremoto dell'80. In quel periodo dall'Ordine veniva delegato un rappresentante che coordinava i colleghi del paese su pareri e conoscenze a riguardo degli abusivi, delle costruzioni nuove, di uno sviluppo del paese che ne rispettasse le caratteristiche, ne programmasse lo sviluppo razionale nel rispetto della sua storia di paese contadino, attraversato da un collegamento nord-sud (Secondigliano - Aversa) ed est-ovest (Giugliano - Casandrino).

Paese contadino e commerciale proprio per essere uno snodo di traffico ed un paese agricolo noto per i vivai ricchi e pregiati di piante e di fiori, vivace nel commercio della frutta, specie delle mele.

L'accordo tra i partiti designò un gruppo di tre ingegneri ed un architetto di cui io facevo parte. Progettammo costruzioni di edilizia economica sovvenzionata adatta a quel ceto operaio, commerciale, impiegato medio, che costituiva la società del paese.

Si prevedevano due zone e per ognuna un fabbricato di edilizia popolare proprio per i poveri di Melito.

Il progetto ebbe tutte le approvazioni necessarie per essere attuabile. Era novembre quando venne il terremoto.

In effetti i danni riportati non erano certo quelli di Avellino e la Circolare Zanardelli per Melito sarebbe andata bene.

La crescita abnorme del danaro impegnato e la nuova legge De Mita con le dimissioni di Zanardelli portò alla crisi dell'amministrazione, al suo cambiamento ed alla lacerazione pubblica del nostro progetto.

Melito si è congiunta a Scampia della quale è divenuta succursale delle vicende della droga ed è arrivato ai 40.000 abitanti censiti che in realtà superano i 50.000.
A noi non valse la raccolta di 5.000 firme.

Illustre Presidente, questo episodio mi porta in memoria Napoli e le mani sulla città di Francesco Rosi perché Napoli non è capitata meglio né come costruzioni né come delinquenza.

Eppure ricordo quel periodo in cui l'amministrazione incaricava i tecnici ed i tecnici dovevano relazionare all'ordine quanto operavano.

Credo che l'Ordine degli Ingegneri e quello degli Architetti dovrebbero per legge avere funzioni di assistenza tecnica e programmatica nella gestione delle opere.

Questo perché alcune cose siano approvate, altre no, bocciate perché dannose.
Cosa può fare o combinare se non affari loschi o almeno dannosi chi agisce senza una riva tecnica qualificata ed in accordo sia con la natura dei luoghi che con la storia degli stessi?

Risponde al decadimento della società ed è congruo con esso tutto quanto costruito per speculazione.

Illustre Presidente, il discorso non si chiude a questo punto.
In effetti esso riprende le lacerazioni alla città per la mancanza di incarichi di guida e di controllo che dovrebbero essere affidati all’Ordine.

Ciò che è stato e viene realizzato quotidianamente a Napoli rivela l’affermazione di interessi di parte a danno della bellezza e della godibilità fisica, insidiate da inquinamenti di ogni tipo.

Dove è mai Mergellina per esempio?

A far progetti di una sempre nuova Napoli sono le dirigenze dei partiti che si mettono d’accordo dividendosi gli interessi propri e dei gruppi di affari che sfondano l’onestà e, ad oggi, comprendono la malavita.

In teoria il cittadino ha la titolarità di diritti civili, politici e sociali, ma la casta padrona di dirigenti politici, di affaristi, di camorristi non gli concede un solo diritto.

Lo sfregio che subisce ed ha subito Napoli non ci sarebbe stato se le decisioni prese avessero dovuto subire il parere degli ordini degli ingegneri e degli architetti.

Una valutazione iniziale del progetto di un’opera a farsi avrebbe compreso l’inserimento nell’insieme e l’armonia con il preesistente.

Neanche sarebbe stato possibile cancellare una collina come il Vomero o un litorale come quello di Bagnoli di fronte all’isolotto di Vivara.

Ora che bisogna ricomporre una città dignitosa fatta di ragione, di buon senso, di riscoperta della sua laboriosa invenzione di mille onesti mestieri, la restaurazione della città non può consistere nell’annientamento di quanto costruito a danno della città e della sua dignità, ma nel trovarne un ambientamento.

Un equilibrio tra le parti senza la coesistenza di un ambiente nobile e di un ambiente povero e disastrato.

Vi è bisogno di capacità tecnica, di conoscenza della società, di adattamento di quanto costruito ad una vita normale.

Ecco, se abbiamo buone intenzioni non dichiarate, ma praticate, se abbiamo ottima preparazione tecnica, se riusciamo anche a tener presente quel sottosuolo che rappresenta una parte della storia di Napoli e che però è solito procurare disastri, affidiamo il farsi agli Ordini degli Ingegneri ed a quello degli Architetti.

Se agiamo con umiltà e con dedizione ad un’opera volta a cancellare delinquenza e soprusi di casta padrona avremo buoni risultati e sarà un’opera benedetta dal Signore che farà rientrare Napoli tra le città belle e civili.

Chiedo perdono delle molte parole.

16/4/2015
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